Ad Ogni Costo

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Una volta che fummo a pochi metri dalla porta dell'ufficio del Grand'Ammiraglio Sengoku mi sentii prendere dall'ansia.
Non avevo nessuna voglia di subirmi un discorso che sarebbe durato ore, su quanto fosse maledetto mio marito, o su quanto stessero godendo nel sapere che presto lo avrebbero fatto fuori.
Dovevo assolutamente inventatemi qualcosa per scappare e andare in cerca di Garp.
Dovevo trovarlo per parlagli al più presto.
Se fossi riuscita a farlo ragionare, probabilmente avrei evitato la guerra, oltre che l'esecuzione di Ace.
In più, ero convinta che Sengoku mi avrebbe riconosciuta, nonostante la divisa e il taglio di capelli.
Avevo letto molto di lui, sapevo che non avrebbe mai dimenticato una faccia, una volta impressa nella mente.
Dovevo inventarmi qualcosa.
«Padre?» chiamai l'uomo, già pronto ad aprire la porta.
«Sì?».
Tesi i muscoli.
«Perdonatemi, ma vi ho mentito prima» dissi lasciandolo perplesso.
«Che vuoi dire?».
«Ecco...non mi sento molto bene» mentii «Vorrei uscire per prendere una boccata d'aria, se possibile».
«Uhm...» grugnì l'uomo, confuso e poco convinto.
«Mi dispiace. Credo che sia il residuo di un po' di mal di mare» continuai, sperando di essere più convincente possibile.
«Non sapevo ne soffrissi».
«Sì, be'...a volte mi capita. Specie se faccio lunghi viaggi. In più non riposo a dovere da giorni. Gradirei stendermi un po', prima dell'esecuzione».
Mi guardò senza dire una parola, osservandomi insistentemente.
«Mi dispiace» disse serio «Ma Sengoku ha richiesto la presenza di entrambi a questo incontro».
«Per quale motivo?» chiesi confusa.
«Lo capirai» tagliò corto lui, per poi aprire la porta.
Entrai nauseata all'idea di dover passare del tempo in quella stanza, ma non appena misi un piede dentro, trovai una sorpresa.
Un uomo altissimo e dalla corporatura robusta, stava davanti alla scrivania del Grand'Ammiraglio.
Aveva le braccia conserte e i capelli grigi tagliati a spazzola.
Lo avrei riconosciuto ovunque.
"Garp" pensai incredula.
Avanzai senza dire una parola, mantenendo un profilo basso.
Lo scimmione si voltò lentamente, salutando l'amico con un cenno del capo, per poi spostare lo sguardo su di me.
Prontamente, abbassai la visiera del cappello che indossavo per non permettere ai nostri occhi di incontrarsi.
«Onigumo» esclamò il Grand'Ammiraglio con voce scura «Ti stavamo aspettando».
«Scusate il ritardo, Grand'Ammiraglio» si scusò l'uomo, facendo un leggero inchino col capo.
«Nessun problema, amico mio» lo tranquillizzò «Vedo che hai portato un ospite» continuò riferendosi a me.
«Sì» disse il mio finto padre.
«Fatti avanti, ragazza» mi disse Sengoku.
Presi velocemente una boccata d'aria, prima di compiere i primi passi verso la scrivania di legno scuro.
Alzai leggermente lo sguardo, per incrociare due occhi piccoli e scuri, nascosti dietro due occhiali da vista dalla montatura rotonda.
Quell'uomo aveva il cappello più strano che avessi mai visto.
Sulla cima, c'era un gabbiano con le ali spiegate, la fattura era fatta così bene che per un momento credetti fosse vero.
Prima che l'uomo parlasse, alzai ancora di più il capo per osservare velocemente Garp ormai a fianco a me.
Gli ci vollero due secondi per riconoscermi.
La sua espressione scioccata parlava chiaro, ma non mosse un muscolo, sebbene notai che aveva cominciato a tremare.
«È stato un colpo di scena...saperti sulla nave di Onigumo» ammise l'uomo dai capelli neri e la barba lunga dello stesso colore.
«Non appena ho saputo che mio padre era stato ingaggiato per trasportare qui Portgas, ho preferito di unirmi a lui. È stata una decisione improvvisata» ammisi cercando di mantenere un tono e un atteggiamento serio.
«Posso immaginarlo» disse lui, mettendo i gomiti sul tavolo, incrociando poi le dita davanti alla bocca «Non deve essere stata facile, per una ragazza così giovane, fare tutto quel viaggio...solo per l'esecuzione di un pirata. Mi chiedo...cosa ti abbia spinto a farlo, così all'improvviso».
Il tono che usò non mi piacque per niente.
Sentivo fino a dentro le viscere, che c'era qualcosa...una sfumatura nascosta nelle sue parole.
Il mio cuore mi diceva che la mia montatura era saltata.
Nonostante ciò, cercai di non farmi prendere dal nervosismo.
Una mossa falsa, e sarebbe finito tutto.
«Tutti conoscono quel pirata» ammisi «È un pezzo grosso. Volevo essere presente per affiancare la Marina in questo momento storico».
«Non mi dire» commentò lui, con un tono che risuonò abbastanza sarcastico alle mie orecchie «Che ragazza premurosa, vero Vice Ammiraglio Garp?».
Alzai lo sguardo per osservare lo scimmione, che involontariamente contrasse la mascella.
«Sì, Grand'Ammiraglio» rispose Garp continuando a guardarmi «Davvero una ragazza premurosa».
«Siamo felici di averti qui...Rose» continuò Sengoku «È sempre bello vedere i giovani di oggi, applicarsi per far prosperare la giustizia».
«Lieta di sentirvelo dire. È un grande onore per me» dissi rilassando i muscoli.
Sembravano esserci cascati, per fortuna.
Ora dovevo solo trovare il modo di parlare da sola con...
«A tal proposito» continuò l'uomo con gli occhiali, facendo cenno ad un soldato di aprire la porta.
Non lo avevo notato, entrando.
Il soldato aprì la porta, facendo entrare un uomo che riconobbi all'istante.
Era lo stesso uomo che avevamo incontrato qualche minuto fa in corridoio.
Entrò con lo stesso sigaro che teneva stretto ta le labbra sottili, avanzando con il corpo rigido e i pugni chiusi.
«Che cosa fai?» chiese Garp improvvisamente al Grand'Ammiraglio, facendomi quasi sussultare dallo spavento.
Non ero più abituata a sentirlo alzare la voce.
«Ciò che vedrai» gli rispose il Grand'Ammiraglio con tono pacato «Prendetela!».
Senza che me ne resi conto, il mio finto padre mi mise un collare al collo.
A giudicare dal peso e dall'improvvisa sensazione di stanchezza che mi pervase, doveva essere per forza algamatolite.
Approfittando del fatto che mi sentissi debole, prontamente mi legò i polsi con una corda, per poi stringere bene, facendomi emettere un gemito di dolore.
«CHE STATE FACENDO?» chiesi confusa da ciò che stava succedendo <<ESIGO DI ESSERE LIBERATA, IMMEDIATAMENTE! SONO UN COMANDANTE DELLA MARINA...».
«Sappiamo molto bene chi sei, ragazza» disse Sengoku alzandosi dalla poltrona dai bordi d'orati, facendo leva sulle dita delle mani «E di certo, non sei un comandante della Marina» ghignò.
«Cosa?» mormorai incredula.
«Credevi che non sapessimo che ti fossi intrufolata sulla nave del detenuto, per salvarlo?» mi chiese per poi sbattermi davanti la mia taglia «Onigumo non può avere figli, dato che è sterile. Avresti dovuto informarti, prima di inventare una presunta parentela con lui» continuò «Emy D. Newgate» disse il mio nome quasi fosse uno sputo «È stato un suicidio, entrare qui per salvare il tuo compagno. Ed ora, ne pagherai le conseguenze».
Garp sbattè improvvisamente la mano con forza sulla cattedra, facendomi spaventare.
«Non erano questi gli accordi» ringhiò lo scimmione contro il suo amico.
«Mi dispiace, Garp. Ma non posso fare finta che non sia successo nulla» disse Sengoku con tutta tranquillità «Emy è una piratessa, non che figlia di uno dei nostri più acerrimi nemici. Non lascerò correre una cosa del genere».
«Ma non erano questi gli accordi» ringhiò più prepotente Garp.
Sengoku spostò lo sguardo su di lui, irrigidendolo.
«Non intralciarmi, se ci tieni al tuo posto qui dentro» lo minacciò l'amico con tono serio e deciso.
Garp grugnì a tono basso, levando lentamente la mano dalla scrivania, raddrizzando il busto.
Chiuse i pugni, fino a far diventare le nocche bianche, ricominciando a tremare.
«Che cosa significa?» chiesi a Garp, ma lui non si voltò «SCIMMIONE, CHE DIAVOLO SIGNIFICA QUELLO CHE HAI APPENA DETTO?».
«Ha venduto la libertà di Portgas, per cercare di salvare la tua» fu Sengoku a rispondermi «Siamo stati in contatto con Barbanera fin dall'inizio. Tutto ciò che è successo dalla cattura di Ace, era stato programmato da noi».
Sbarrai gli occhi, incredula.
Il mio corpo cominciò a tremare.
«Come hai potuto?» ringhiai a denti stretti contro Garp «Credevo...gli volessi bene».
«Tu sei più importante» mi rispose avvilito, senza voltarsi a guardarmi.
«COME PUOI DIRE QUESTO?» urlai in preda al nervoso «SIAMO TUTTI PARTE DELLA STESSA FAMIGLIA».
«No» mormorò lui, continuando a tenere un profilo basso e a darmi le spalle «Ace non fa parte della mia famiglia».
«Sei un bugiardo» dissi sentendo le lacrime cominciare a bagnarmi gli occhi.
Come poteva dire una cosa del genere?
Come poteva rinnegare Ace dopo aver passato quasi la sua intera esistenza a crescerlo come un nipote?
Aveva dimenticato tutte le lotte, le risate e i momenti che aveva passato con lui durante gli anni?
«Garp è tuo nonno» disse d'un fiato Sengoku aspettando una mia reazione.
Guardai l'uomo con gli occhiali, con sguardo duro prima di abbassarlo.
«Lo sapevi» dedusse per niente sorpreso, leggendo la mia espressione «Da quanto?».
Garp si voltò a guardami, incredulo.
«Da qualche anno» ammisi, fissando lo scimmione.
«Immagino sia stato tuo padre a dirtelo» continuò il corvino.
«Non sono affari che vi riguardano» dissi acida «Non mettete mio padre in questa storia».
«Troppo tardi, mocciosa» disse con tono autoritario il corvino «Barbabianca c'è già dentro fino al collo».
«Ben per questo, non devi farle nulla» intervenne Garp «Emy è mia nipote. Non permetterò che le venga fatto del male».
«Sei disposto a mettere a rischio la tua carriera e la tua vita...per una piratessa?».
«È tutto ciò che mi resta di mia figlia» ringhiò il vecchio, tremando «Se le succedesse qualcosa....io...».
Il vecchio non riuscì a finire la frase.
Troppo nervoso per far uscire un'altra sillaba.
«Portatela via!» disse infine Sengoku zittendolo, incrociando le braccia al petto.
Sentii Akainu avvicinarsi a me, ma Garp interruppe bruscamente la scena che si stava compiendo.
«ASPETTA!» esclamò lo scimmione, con profilo basso «Permettimi di accompagnarla alla cella».
«Così che tu possa liberarla alla prima occasione?» chiese il Grand'Ammiraglio, acido.
«No» rispose Garp, avvilito «Voglio solo...trascorrere del tempo con lei...concedimi almeno questo. Te ne prego».
Ci fu un momento di silenzio, mentre i due bestioni si guardarono negli occhi, immobili come statute per un tempo che sembrò infinito.
«Accordato» disse infine Sengoku facendo cenno all'uomo che mi stava trattenendo di lasciarmi nelle mani di Garp.
Me lo scrollai di dosso con uno strattone delle spalle mentre passò la corda a mio nonno, che la afferrò con mano decisa.
Il tremore era del tutto sparito.
Mi osservò per un secondo, notando il mio sguardo pieno di odio.
Avanzò verso l'uscita, superando Akainu che si era fatto da parte per farci passare.
«Garp?» lo chiamò Sengoku facendolo fermare sulla soglia «Attento a quello che fai. Non voglio essere costretto a dover giustiziare un amico».
Garp non gli rispose, ma si limitò a tirare leggermente la corda che mi stringeva i polsi, per poi chiudere la porta dietro di noi.

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