Aprii lentamente gli occhi e una luce abbagliante quasi mi abbagliò.
Mi ci volle un po' per capire che si trattava di un raggio di sole che si era fermato proprio sulla mia faccia.
Un leggero senso di nausea mi avvolse: cosa al quanto sgradevole.
Sentivo la testa pesante, dolorante, il corpo intorpidito...
Per quanto avevo dormito?
Forse un giorno intero.
Mi alzai lentamente da quello che sembrava un lettino duro e irregolare, tenendomi la testa pulsante tra le mani.
«Sei sveglio», mormorò una voce nell'ombra.
Voltai lo sguardo assonnato verso quel rumore fastidioso e notai una figura snella, dai capelli lunghi ondulati grigi che stava dietro a delle sbarre scure.
Solo in quel momento mi resi conto di essere rinchiuso in una cella umida e fredda.
«Che cosa significa tutto questo?», Chiesi a Reitero confuso e ancora frastornato dal sonno «Dove sono?».
«Sei nelle segrete del villaggio. È stato piuttosto difficile trasportati fino a qui. Ho dovuto chiedere aiuto. Sei più pesante di quanto sembri», disse lei con tono ironico.
«Nelle segrete? Perché?», Chiesi sentendo una fitta alla testa così forte che mi costrinse a piegarmi in avanti per un momento «Credevo di aver aiutato,la gente del villaggio».
«Non è per ciò che hai fatto che sei qui, ma per ciò che potresti fare».
Quella donna mi stava facendo impazzire.
Che cosa avrebbe dovuto significare quella frase?
«Enigmi, enigmi...», Sospirai scocciato «Non sei in grado di dirmi qualcosa di sensato? Per esempio, spiegarmi come conosci il mio nome».
La donna sorrise, incrociando le braccia al petto, assumendo una posizione più eretta e autoritaria.
«Non ha importanza», rispose lei seria «Non sono qui per parlarti di me. Ma solo per farti la guardia».
«Guardia?», Ripetei confuso.
«Sto aspettando una persona», ammise la donna posando la schiena sulla parete dietro di lei «Sarà qui a momenti».
«Dove sono Emy e Deuce?», Chiesi subito notando che ero solo.
«Nelle altre celle, ovviamente. Siete tre soggetti da non sottovalutare, nonostante la vostra apparenza sia quella di semplici ragazzini».
Mi alzai dal letto per raggiungerla.
Forse, se l'avessi spaventata a dovere con i miei poteri, sarei riuscito a uscire di lì per recuperare gli altri.
Feci appena un paio di passi, prima di sentire qualcosa trattenermi per un polso.
Mi voltai per posare lo sguardo su una manetta da cui spuntava una lunga catena che era conficcata in una delle pareti della cella.
«Ma che diavolo...?».
«Sorpreso?», Mi chiese Reiko divertita «Pensavi che non avrei preso delle precauzioni, dopo quello che ho visto in città?».
«Perché fai questo?», Urlai nervoso, sentendo la mia pazienza esaurirsi ogni secondo, sempre più.
Reiko divenne improvvisamente seria.
Mi guardò con disprezzo, rabbia...
«Perché voglio che tu sparisca da qui!», Ringhiò acida.
Quelle parole mi bloccarono.
Si spostò con il corpo teso verso le sbarre, fermandosi proprio davanti a loro.
Mi squadrò per un momento, facendomi sentire a disagio.
Perché avevo come l'impressione che mi odiasse?
«Sei cresciuto parecchio, dall'ultima volta che ti ho visto», ammise fissandomi con sguardo indecifrabile «Sei quasi un uomo, ora».
«Mi conosci?», Chiesi confuso, sentendo il cuore cominciare a battere più forte.
«Oh, ti conosco molto bene... Ace». Pronunciò il mio nome come quasi fosse uno sputo «Sono stata io a farti nascere, quel giorno di diciassette anni fa».
«Tu?».
Dopo secondi di silenzino interminabili, Reiko finalmente parlò: «Sono tua nonna, Ace».
Il mio corpo si paralizzò.
Cominciai a tremare come uno scemo di fronte a quella donna che avevo appena scoperto fosse una mia parente stretta, ma che ai miei occhi era solo una sconosciuta che aveva drogato me e i miei compagni.
Incrociammo gli sguardi per un lunghissimo istante, poi la vidi sorridere.
«Sembri più che sorpreso», ammise lei divertita «Reazione del tutto naturale».
«Mia... mia... nonna?», Ripetei tremante e con un filo di voce.
Mille pensieri mi offuscarono la mente.
Non ero in grado di metabolizzare la cosa, né di pronunciare una frase di senso compiuto.
Perché mia nonna mi avrebbe rinchiuso dentro una cella, come se fossi un ladruncolo qualsiasi?
«Immagino già cosa tu voglia chiedermi», disse Reiko spezzando il silenzio «Ma non credo che la risposta ti piacerà».
La fissai serio.
Sebbene non fossi nelle migliori condizioni, non avevo intenzione di farmi vedere debole.
Non era nel mio carattere.
«Avanti, allora. Cosa aspetti?», Ringhiai acido, sentendo la mia rabbia salire sempre più.
«Tu e tuo padre siete stati la rovina, per mia figlia. Vi amava così tanto... e alla fine l'avete uccisa».
Sentii dentro di me la rabbia mischiarsi alla tristezza.
Perché mi stava dicendo quelle cose?
Che cosa voleva ottenere?
«Incolpi me per la sua morte? Ebbene, sappi che arrivi tardi. Ho passato tutta l'infanzia a odiarmi per questo. Sebbene la colpa non è di certo mia».
«Tu credi?», Chiese lei con un sorriso beffardo «Io penso esattamente il contrario».
Restammo ancora immobili a guardaci.
I nostri corpi erano tesi come corde di violino. Potevo percepire anche da quella distanza, la tensione nervosa di Reiko che cercava disperatamente di trattenere dentro di sé, solo per mantenere l'apparenza di una donna ferma e dura.
«Che vuoi dire?».
«Per capire il mio punto di vista, dovresti sapere ciò che è successo prima della tua nascita. Immagino che nessuno ti abbia informato sui dettagli».
«Sono cresciuto con dei banditi e una donnaccia isterica. Credi che avrebbero potuto raccontarmi la mia storia, quando sanno a malapena trovare il gabinetto?».
«Non è a loro a cui mi riferisco», rispose immediatamente «Ma comunque, visto che sei venuto qui per conoscere di più su tua madre, ti accontento».
Se lo sguardo potesse incenerire, a quell'ora sarei stato sicuramente polvere al vento.
«Quando chiesi a Rouge di non frequentare Roger, una volta che venni a conoscenza che tuo padre le ronzava intorno, lei non mi ascoltò. Conoscevo bene quell'uomo, e sapevo che non avrebbe portato nulla di buono alla nostra famiglia. Mia figlia meritava di meglio, ma nonostante le mie suppliche, fece ciò che ritenne più giusto. "Ciò che il suo cuore le dettava", furono queste le sue esatte parole. Purtroppo, a distanza di qualche mese, mia figlia rimase incinta di quel mostro, e decisero di rifugiarsi in una casa in cima alla collina più alta dell'isola. L'idea di Rouge era quella di vivere una vita tranquilla insieme all'uomo che amava, ma Roger non sembrava pensarla allo stesso modo».
Una parte di me avrebbe voluto zittirla.
Sentivo in cuor mio che conoscere i dettagli mi avrebbe portato altra sofferenza, ma non potevo farne a meno.
Volevo sapere...
«Dopo poche settimane dalla scoperta che presto avrebbe avuto un figlio, Roger abbandonò improvvisamente Rouge e la lasciò sola su quest'isola. Era chiaro che nemmeno lui ti volesse», disse facendo una breve pausa, aspettando una mia reazione che però non arrivò. Ero già arrivato alla conclusione di essere un figlio indesiderato per quell'uomo.
«Dopo qualche tempo, i giornali ci informarono che Roger si era consegnato alla Marina di sua spontanea volontà, e che in qualche modo era venuta a conoscenza che ben presto sarebbe diventato padre. La Marina aveva un unico scopo. Distruggere una possibile discendenza del Re dei Pirati, e l'unico modo per farlo, era uccidere la donna che portava in grembo suo figlio».
Non riuscii a trattenere le lacrime, sebbene cercai in tutti i modi di nasconderle a Reiko. Erano cose che bene o male sapevo già, ma sentirle dire con quel tono di disprezzo e rabbia... rendeva tutto più reale e doloroso di quanto non fosse mai stato.
«Pregai Rouge di abortire. Temevo per la sua vita, ma lei rifiutò. Mi rispose che tu eri il frutto del suo grande amore, e avresti dovuto nascere a ogni costo. Anche se questo voleva dire rinunciare alla sua vita. Così, stanca di sentirmi, si rifugiò sola in quella casa che per un breve periodo di tempo era stato il suo nido d'amore con Roger, sperando così di nascondere la gravidanza. L'amore materno che instaurò con te, e il voler proteggerti a tutti i costi, le permise di rallentare il processo naturale della gestazione e portarti in grembo per venti mesi. Mesi che passò a piangere per la scomparsa di tuo padre, e in agonia per lo sforzo che stava chiedendo al suo fisico. Mentre tu crescevi dentro di lei, mia figlia moriva. Fu un parto difficile, ma alla fine, tua madre riuscì a darti alla luce, dandoti pure il nome che aveva scelto quello sporco pirata», ringhiò nervosa dando un pugno alle sbarre.
Abbassò lo sguardo, cominciando a far uscire tutta la sua frustrazione.
«Ebbe il tempo di tenerti in braccio solo per pochi minuti e di stringerti a sé, prima di esalare il suo ultimo respiro», aggiunse cominciando a piangere «Mia figlia è morta per voi. Rouge ha dato la vita per un uomo che non meritava neanche la tolleranza da parte sua, e per quel figlio maledetto. Era il mio fiore... la mia gioia. E voi me l'avete portata via!», finì la frase tra i singhiozzi.
«Perché mi dici questo?», Chiesi incupendomi ancora di più, sentendo le lacrime rigarmi il viso.
«Perché è giusto che tu sappia», rispose lei ritrovando compostezza «Poco prima della tua nascita, successe una cosa. Un marine entrò in casa di Rouge. In un primo momento pensammo che volesse ucciderla, ma capimmo subito che le sue intenzioni erano altre. Disse di chiamarsi Garp, ma non volle spiegarmi il motivo della sua visita. Conferì in privato con Rouge, prima del parto. Così, dopo qualche ora dalla tua nascita, Garp ti portò via con sé, e io non opposi resistenza. Non avevo nessuna intenzione di crescerti, nonostante fossi mio nipote. Se avessi potuto decidere se salvare te o lei, la decisione sarebbe stata ovvia. Somigliavi troppo a tuo padre. Perciò permisi al marine di farti sparire nel modo che preferiva, ma nonostante mi avesse liberata da un fardello, la rabbia cresceva sempre di più dentro di me. L'idea di non aver potuto uccidere Roger con le mie mani, perché la Marina ormai lo aveva tolto di mezzo da un bel pezzo, mi faceva impazzire ogni giorno di più. Perciò ho vissuto la mia vita cercando di salvare più vite possibili, in modo da alleggerire la mia coscienza per non essere stata in grado di aver salvato mia figlia. Finché un giorno, eccoti comparire magicamente davanti ai miei occhi. Giovane, forte e pieno di vita. È stato un colpo al cuore vedere il tuo viso. È stato come tornare indietro nel tempo a quando Roger abitava qui».
Alzai lo sguardo per vederla in viso.
Un viso stanco, nonostante si fosse mantenuto bene nel tempo.
I suoi occhi erano scuri, tristi e pieni di rabbia.
«Quindi, vuoi uccidermi», dedussi con tono pacato.
«Se avessi voluto farlo, avrei usato del veleno al posto del sonnifero».
«Allora, perché non l'hai fatto? Mi avevi alla tua mercé. Potevi farmi fuori in qualunque momento, e non me ne sarei accorto. Perché mantenermi in vita?».
Mi fissò ancora per qualche istante in silenzio. I lineamenti del suo viso si rilassarono improvvisamente e sembrò che tutta la rabbia se ne fosse improvvisamente andata.
«Perché, per quanto somigli a tuo padre, è mia figlia quella che vedo quando incrocio il tuo sguardo», disse addolcendo improvvisamente il tono «Quelle lentiggini, i tuoi modi gentili, la
preoccupazione e l'angoscia che hai provato per la tua donna mentre la stringevi priva di sensi tra le braccia... Me la ricordi così tanto», aggiunse mentre i suoi occhi ricominciarono a far scendere le lacrime «Io... ti odio per quello che hai fatto, anche se inconsapevolmente. Ma non riesco a farti del male».
La sua sfacciataggine se n'era andata.
Il suo tono di disprezzo nei miei confronti, aveva lasciato spazio ora a quella che sembrava la sua fragilità, la donna disperata e distrutta dal dolore che in realtà era.
«Perciò voglio che tu te ne vada», aggiunse tornando ad avere il controllo di sé stessa «Averti intorno, mi farebbe ricordare soltanto che la mia povera Rouge non c'è più. Ti odio Ace, tanto quanto ancora odio tuo padre... ma mia figlia ti amava con tutto il cuore. Uccidendoti renderei vano il suo sacrificio, e non potrei mai farle un torto del genere».
«Allora, perché mettere in piedi tutta questa messa in scena, se l'unica cosa che vuoi è che io me ne vada?».
«Messa in scena? Oh no, Ace. Se sei qui dentro è solo perché ho dovuto rispettare un accordo».
«Un accordo? Con chi?».
In quel momento sentii dei passi pesanti farsi sempre più vicini riecheggiando nel corridoio vuoto.
Notai un'ombra avvicinarsi, prima di rivelare a chi appartenesse.
Il mio cuore perse un battito, mentre guardai quella persona che mai avrei creduto di incontrare lì.
«Ne è passato di tempo, Ace», disse l'uomo in divisa davanti a me.
Strinsi i pugni e la mascella e guardai l'intruso con disprezzo. «Garp».
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𝕆𝕟𝕖 ℙ𝕚𝕖𝕔𝕖 - Due Cuori, Un Solo Fuoco-
FanfictionCosa sarebbe accaduto, se nella piccola Isola di Dawn, poco dopo l'arrivo di Luffy, fosse arrivata anche una bambina? Come sarebbe stata la vita di Ace, Luffy e Sabo? Avrebbero fatto entrare nella loro ciurma anche la piccola Emy? E cosa sarebbe su...