Maschera

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Emy Pov.

Ace mi guadava come se avesse appena visto un fantasma.
Di certo, avevo ottenuto l'effetto sorpresa desiderato e non potei che esserne contenta, anche se vederlo ridotto in quelle condizioni mi fece provare una stretta al cuore.
Mi abbassai, in modo da farmi scudo col suo corpo, così che nessuno ci vedesse.
Gli presi il viso tra le mani, guardando ogni minimo graffio e bruciatura...
«Cosa ti hanno fatto?» mormorai, sentendo i miei occhi diventare umidi.
«Che ci fai qui?» m mi chiese con un sussurro, ancora incredulo e preoccupato «Il bambino sta bene?».
«Sono venuta a liberarti e sì, il bambino sta bene. Non preoccuparti» lo tranquillizzai, continuando ad accarezzarlo.
«Pazza!» disse scioccato «Devi andartene, prima che ti scoprano».
«Non ci penso nemmeno» lo zittii «Con tutta la fatica che ho fatto ad infiltrarmi su questa nave, ora dovrei andarmene?».
Mi guardò con aria confusa.
«Come hai fatto a liberarti di Teach? Credevo aveste preso il largo già da giorni».
«Dopo che è tornato sulla nave, si è allontano, ma ha solo fatto il giro largo di Impel Down, attraccando dietro a delle rocce, e poi è sceso con una scialuppa, con l'intenzione di entrare nella prigione».
«Per quale motivo?» mi chiese corrugando le sopracciglia.
«Sinceramente non lo so e non m'importa» ammisi «Cioè che è importante, è che allontanandosi dalla nave, mi ha permesso di fuggire».
«Come?».
Alzai un sopracciglio con fierezza, sorridendo divertita.
«Ho raggirato uno dei suoi uomini. Sai...essere l'unica donna in una nave pirata piena di maschi ha i suoi vantaggi» dissi ironicamente, sperando di farlo sorridere, invece non fu così.
Mi guardò con sguardo cupo e triste, senza dire una parola.
Mi sentii a disagio.
Probabilmente, la mia battuta era fuori luogo.
«Mi dispiace» mormorò con gli occhi lucidi «Mi dispiace davvero».
«Per cosa?» chiesi confusa.
«Per non esserci stato...avrei dovuto...proteggerti» disse per poi cominciare a piangere in silenzio.
«Ace...sono stata attenta. Non è riuscito neanche a...».
«Non parlo di questo, ma di quello che è successo sulla nave degli scagnozzi di Crocodile anni fa» mi zittì lui, lasciandomi di sasso.
Come aveva fatto a saperlo?
Eppure, ero stata attenta a non parlarne mai con nessuno.
Solo la prima divisione era a conoscenza della verità, ma ero certa che nessuno di loro avesse mai proferito parola a riguardo.
«Come fai a saperlo?» chiesi con un filo di voce.
«Nella cella che precedeva la mia, c'era Crocodile...» ammise lui, abbassando di più lo sguardo «Avresti dovuto dirmelo...invece di farmelo scoprire così».
«L'idea era di non fartene mai venire a conoscenza» dissi seria «Ma ti prego, dimentica ciò che ha detto. Sono passati anni».
«Hai sofferto in silenzio per tutti questi anni, quando io avrei potuto...» disse per poi bloccarsi.
La sua voce si era spezzata, nel tentativo di trattenere le lacrime.
Mi avvinghiai a lui, permettendogli di posare la fronte sull'incavo del mio collo.
«Mi dispiace. Perdonami, amore mio» sussurrai abbracciandolo «Hai ragione. Avrei dovuto dirtelo, ma ora non abbiamo tempo per parlare di questo» dissi accarezzandogli i capelli «Abbiamo un piano da seguire».
Sospirò, tirando su la testa per guardarmi.
«Un piano?» mi chiese con gli occhi gonfi di lacrime.
Annuii in silenzio.
«Certo, è stato pensato abbastanza frettolosamente, ma ho avuto molto tempo per limare i dettagli».
«Immagino che ci sia anche lo zampino di Luffy» commentò con leggero tono sarcastico, ritrovando la voglia di sorridere.
«Purtroppo, da quando ci siamo divisi a Impel Down, non l'ho più visto».
«Quindi, non sai cosa gli sia successo?».
Scossi la testa.
«Eravamo d'accordo che saremmo dovuti venire su questa nave insieme, invece non si è presentato. Ha preferito cercare da solo di liberarti, dando a me il compito di aspettarlo sulla nave con le chiavi...però...» dissi senza perdermi d'animo «...grazie al lumaconfono che mi ha dato Marco, sono riuscita a contattarlo. Sono vicini a Marine Ford, presto arriveranno. Finché loro sono impegnati nella guerra, io andrò da Garp per convincerlo a libera...».
«No!» mi zittì lui.
«No?».
«Non voglio che tu lo faccia!» mormorò.
«Ma Ace...».
«Vuoi ascoltarmi per una volta?» mi disse cercando di trattenersi dalla rabbia «Sei incinta, dannazione! Vuoi rischiare la vita di nostro figlio, per salvare uno come me?».
Lo guardai confusa, per poi irrigidire lo sguardo.
«Tu sei il padre di questo bambino...e mio marito!» precisai seria «Che cosa ti aspetti che faccia? Che rimanga a guardare, mentre ti infilzano come uno spiedino?».
«È il mio destino...» disse abbassando il capo.
«Come puoi dire questo?» chiesi incredula «Come puoi arrenderti?».
«Non ho fatto altro che metterti nei guai, da quando mi conosci. Guardaci! Se siamo qui è solo perché ho voluto inseguire il mio stupido sogno di fare il pirata».
«Tutte le decisioni che abbiamo preso, le abbiamo prese insieme» dissi per poi prenderli nuovamente il viso tra le mani «Non credere che sia solo colpa tua» gli sorrisi «Ho fatto anche io la mia parte».
Avevamo entrambi gli occhi lucidi, e i cuori che sanguinavano...
«Ti porterò via da qui, perché ti amo. Perché sei l'unico con cui ho scelto di costruirmi una vita, e l'unico al mondo che mi abbia mai fatta sentire viva. Guardami! Mi hai reso una donna, una pirata e adesso anche una madre» sussurrai, cercando di trattenere le lacrime «Quindi, vedi di collaborare. Hai capito, koala?».
Rilassò il viso in un sorriso sincero, dandomi un senso di pace.
«Sì» bisbigliò piano «Ti amo. E amo nostro figlio».
Appoggiai la mia fronte alla sua, facendo leva sulle ginocchia.
«Anche noi ti amiamo. Come ti amano Luffy e tutti gli altri. Quindi smettila di pensare che la tua vita non sia importante. Perché lo è!».
«Cosa ho fatto per meritarti?» mi chiese, sospirando.
Lo guardai, accarezzandogli una guancia.
«Sei nato».
Avevamo già avuto quella conversazione prima, e mai mi sarei stancata di ripeterglielo.
Allungò il collo per baciarmi, e senza farlo sforzare troppo mi avvicinai a lui, posando nuovamente le mie labbra sulle sue in un bacio delicato e puro, come il bambino che portavo in grembo.
La sensazione di benessere e amore che stavo provando in quel momento mi fece sentire come in paradiso.
Improvvisamente, sentii un colpo delicato alla pancia, ma abbastanza forte da farmi sussultare.
Istintivamente misi una mano sul ventre, respirando più veloce per lo stupore e il leggero dolore che avevo provato solo per un secondo.
«Stai bene?» mi chiese Ace, preoccupato.
«Sì» mormorai, sentendomi improvvisamente felice «Credo...credo che il bambino si sia mosso».
«Sei sicura?».
Sospirai sentendomi piena di gioia.
«Sì» ammisi «Sì, ne sono certa. Il bambino si è mosso».
Era la prima volta.
Ci guardammo negli occhi, sorridendo complici di quel piccolo miracolo che si stava compiendo dentro di me, e che presto avremmo potuto abbracciare e amare per tutta la vita.
«Mi spieghi una cosa?» mi chiese improvvisamente.
«Cosa?».
«Perché ti sei tagliata i capelli?» chiese confuso.
«Oh, i capelli» dissi accarezzandoli fino alle punte che mi arrivavo appena sopra le scapole, me ne ero completamente dimenticata «Ho pensato che sarei riuscita a camuffarmi meglio, se avessi cambiato look. Ero troppo riconoscibile con i capelli lunghi».
Mi guardò, spostando la testa da un lato.
«Non ti piacciono?» gli chiesi curiosa.
«Certo, però...» disse per poi fare una smorfia.
«Però?» chiesi preoccupata.
«Ti preferisco con i capelli lunghi. Mi piace vedere come ti cadono sulla schiena, o come vengono mossi dal vento».
Sorrisi. «Ricresceranno».
«Sarà meglio» disse lui per poi darmi un bacio sul naso.
Il suo gesto d'amore.
Stavo per parlare di nuovo, ma sentii dei passi avvicinarsi.
Mi ricomposi immediatamente per non destare sospetti.
«Che succede?» chiese preoccupato.
«Reggimi il gioco» sussurrai a mio marito, mentre un marine si avvicinò noi.
«Va tutto bene, qui?» mi chiese con il fucile in mano «Ho sentito parlare».
«Tutto bene» ammisi, ritornando nel personaggio «E per quanto riguarda te...» dissi acida e arrogante verso Ace che mi guardò confuso, prima di ricevere uno schiaffo in viso «Sappi che non sono quel tipo di donna, quindi vedi di non fare il furbo».
Mi sentii male nel compiere quel gesto, ma dovevo scusare la nostra vicinanza .
Mosse la mandibola, segno che il colpo che gli avevo dato era stato anche più forte di quanto avessi voluto.
Mi morsi il labbro, cercando di trattenermi nel abbracciarlo per chiedergli perdono.
«Non sottovalutarmi» ringhiai.
In verità, quella frase aveva un secondo significato, che Ace colse al volo.
Alzò lo sguardo per guardarmi, ghignando.
«Non si preoccupi. Non lo farò mai più»ammise lui divertito.
Il marine convinto si allontanò da noi, facendomi rilassare i nervi.
«Dannazione, mi hai fatto malissimo» si lamentò Ace «Avresti potuto andarci un po' più leggera».
«Mi dispiace» dissi accarezzandogli la parte che avevo colpito «Ma dovevo mantenere le apparenze».
«Facendomi passare per un pervertito?» chiese lui.
«È stata la prima cosa che mi è venuta in mente» ammisi.
Alzò gli occhi al cielo, per poi incrociare di nuovo il mio sguardo e ridere sotto i baffi insieme a me.
«Resisti ancora un po'» gli dissi «Ti salveremo».

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