Due Cuori, Un Solo Fuoco

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Ero immobile, pietrificata ad osservare quella figura perfetta davanti a me, nonostante il suo corpo fosse coperto da un mantello nero.
Una folata di vento forte, spostò i miei capelli facendo volare via il cappello arancione nella direzione dell'uomo che prontamente fermò con una mano.
Lo osservò per qualche secondo, prima di compiere quel gesto che gli avevo visto fare da una vita.
Portò il cappello sulla sua testa, alla cui aderì perfettamente, al contrario di quelle volte, in cui l'avevo indossato io.
Non trovavo le parole per dire ciò che avrei voluto dirgli.
Il fiato sembrava mancarmi, per via dello shock di vederlo lì...in carne ed ossa...ancora vivo...ancora lui.
Ace mi sorrise, con una mano sul cappello, come era sempre solito fare quando voleva darsi delle arie, o semplicemente salutarmi, prima di andarsene.
Ma questa volta, non sembrava volesse fare nessuna delle due cose.
Sorrideva e basta, aspettando che fossi io a dire qualcosa.
Aprii bocca, sperando che la voce uscisse abbastanza forte da potermi far sentire anche da lui.
Sentivo il cuore battere a mille, avevo il fiato corto...
«Tu...» mormorai, prima di dover riprendere fiato «Tu...sei...davvero qui?»
«Sì» rispose lui, con una voce così calda che mi penetrò nell'anima «Sono tornato a casa...da te».
Inspirai profondamente, sentendo gli occhi riempirsi velocemente di lacrime.
Il mio corpo tremava, incapace di muoversi per l'emozione.
Per la prima volta, mi trovavo davanti a lui senza sapere che cosa fare.
Avevo mille domande da porgli, a cui speravo potesse darmi delle risposte, ma non trovavo la voce.
No!
Doveva essere uno scherzo.
Ace non poteva essere vivo.
Lo avevo visto morire davanti a me, due anni e mezzo fa.
«Mi dispiace...di non essere potuto tornare prima. Avrei voluto, ma...».
«Dimostramelo!» lo zittii, mettendomi sulla difensiva.
Mi guardò, confuso.
«Dimostrarmi che sei Ace. Il vero Ace e non solo il frutto della mia immaginazione».
Ghignò, abbassando lo sguardo.
«Credi che possa essere un fantasma?» chiese divertito.
«Non so a cosa credere» ammisi con un filo di voce tremante «Solo...dimostramelo. Ti prego».
Era troppo pulito, troppo perfetto.
Esattamente come lo ricordavo io, ma conoscevo bene la sensazione che provavo, quando la mente riusciva a proiettarmi davanti la sua figura.
Mi capitava spesso, quando mi fermavo a pensare intensamente a lui.
Quelle volte che succedeva, sentivo che non era reale, ma questa volta...non riuscivo a percepire nulla, se non gioia mista alla paura che ciò che stavo vivendo fosse solo un sogno.
Alzò una mano per slacciarsi il bottone del mantello, facendolo ricadere a terra e fu allora che la vidi.
Una grossa cicatrice sul suo addome.
Nello stesso punto, dove ricordavo che Akainu lo aveva colpito a morte, facendogli perdere così tanto sangue, da farmene avere il ribrezzo per il resto della vita.
Nei miei sogni, nella mia mente lui non ce l'aveva.
Non gliel'avevo mai vista prima.
Nella mia immaginazione, era sempre impeccabile e perfetto, sotto ogni punto di vista.
Questa volta però, c'era quello sfregio a dirmi "È lui! È quello vero".
Non c'erano dubbi; Ace era davanti a me.
«È un po' brutta da vedere, ma...».
Scattai in avanti, correndo verso di lui per poi saltargli addosso, cingendogli le braccia sul collo.
Ace mi strinse a lui, facendomi percepire il suo calore, affondando il viso sull'incavo del mio collo.
Era lui.
Sì, doveva per forza essere lui.
Quell'odore di cenere e mare...
Quel calore intenso che emanava, che avrebbe potuto scaldarmi anche l'anima...
Quel corpo possente e perfetto, che aveva allenato per una vita e che mi aveva amata per altrettanta...
La sua pelle leggermente ruvida, divenuta così per colpa del continuo uso del suo potere...
Ci stringemmo in un modo in cui non avevamo mai fatto prima.
Non ricordavo di averlo mai stretto così forte, nemmeno quella volta che tornammo insieme dopo i due anni di assenza, quando aveva deciso di andarsene dalla Moby Dick per dimenticarmi.
Ma forse, ero io che avevo dimenticato i suoi abbracci.
Ora che era lì con me, sentivo che avevo dimenticato tanto di lui in quel tempo che avevamo trascorso lontani, e mi odiai per questo.
«Mi sei mancata...» sussurrò piano, accarezzandomi i capelli, inspirando il mio profumo che era rimasto sempre lo stesso vanigliato che lui tanto amava.
Piansi, dando sfogo a tutta la mia felicità, incurante che qualcuno potesse sentirmi.
Non potevo contenere tanta gioia.
Sarei esplosa.
Mi aggrappai a lui disperatamente, facendolo ridere per quanto sembrassi una scimmia in quel momento, ma non potevo farci nulla.
Avevo il terrore che se ne andasse.
«Se continui così, morirò davvero» commentò lui, divertito, facendomi capire che gli mancava l'aria.
«Oh, no, no. Scusa» mormorai senza fiato, sciogliendo l'abbraccio, senza però staccare le mani dalle sue spalle.
Avevo il terrore che sarebbe potuto scomparire se lo avessi fatto.
Mi sorrise, accarezzandomi il viso.
Alzai lo sguardo, per incrociare il suo, che si fondeva con l'oscurità della notte.
«Sei bella...come ti ricordavo» ammise, con un sussurro così debole che feci quasi fatica a percepirlo.
Senza controllo, piansi dalla gioia, ma non per il complimento che mi aveva fatto...
Chiusi gli occhi, odiandomi del fatto che non riuscissi a darmi un contegno, tremando sotto il suo tocco caldo e delicato.
Sentii le sue labbra posarsi sulle mie, premendo sempre di più.
Una sensazione di pace mi avvolse.
Quel bacio, che era iniziato come un semplice contatto puro, presto si trasformò in un bacio disperato, un bacio che entrambi aspettavamo da troppo...troppo tempo.
Eravamo l'uno alla ricerca disperata delle labbra dell'altro.
Mi prese le braccia e me le portò suo collo, cingendomi poi la vita, costringendomi ad alzarmi in punta di piedi.
Era sempre stato così alto?
Continuammo a baciarmi senza sostanza, finché non fummo costretti a staccarci per mancanza di aria.
Con il fiato corto, posò la sua fronte sulla mia, mentre io gli accarezzai la guancia con una mano aperta posta sotto il suo mento.
Era piccola per contenere il suo viso, poteva catturarne solo metà, ma era irrilevante in quel momento.
Mi baciò delicatamente il naso, come era sempre stato solito fare.
Era il nostro gesto d'amore, doputto.
«Ti sono cresciuti i capelli» disse lui, accarezzando la mia chioma ondulata, che cadeva come una cascata fino a metà schiena.
«Mi hai detto che mi preferivi con i capelli lunghi, ricordi?» chiesi, rammentando quel piccolo momento di intimità, che avevamo avuto sulla nave della Marina mentre lo trasportava a Marine Ford.
«Ricordo bene» ammise lui, tornando a baciarmi nuovamente, insaziabile dei nostri baci.
«Mamma!» esclamò Rouge ad alta voce, riportandoci alla realtà.
Mi staccai solo con le labbra da Ace per voltarmi a guardare la nostra bambina, che Sabo teneva seduta su un suo braccio.
Nostro fratello lo guardò incredulo, mentre Rouge osservò me e suo padre in silenzio e con sguardo interrogativo.
Ace la guardò per la prima volta, sgranando gli occhi, e aprendo leggermente la bocca per lo stupore.
Inspirò velocemente l'aria, per poi rilasciarla con più lentezza.
Nonostante i suoi occhi fossero neri, la luce della luna mi aiutò a distinguere le sue iridi nere come la notte dalle sue pupille, che si dilatarono alla vista della bambina.
«È lei?» mi chiese con un sussurro, senza staccare gli occhi da sua figlia.
«Sì» ammisi tornando a guardarlo con gli occhi colmi di lacrime per la gioia.
«È...una bambina» ammise incredulo.
«Esattamente come volevi tu».
«Come si chiama?» mormorò, mettendosi una mano davanti alla bocca, per contenere lo stupore.
«Rouge» dissi il suo nome con tutta la dolcezza del mondo.
Ace mi guardò sbigottito.
«Le hai dato...il nome di mia madre?».
«Ho pensato che sarebbe stato un bel gesto, per onorare la donna che ha dato alla luce, l'uomo della mia vita».
Preso dalla gioia del momento, mi baciò la fronte con gli occhi lucidi, facendo aderire più che poteva le sue labbra sulla mia pelle.
«Solo il cielo sa quanto ti amo» sussurrò staccandosi lentamente da me per tornare a guardare la piccola, che ancora era in braccio a Sabo, intenta a guardare suo padre con aria sempre più confusa.
Sabo la mise giù, facendola stare in piedi sull'erba.
Rouge, titubante, si aggrappò ai suoi pantaloni, con capendo che cosa dovesse fare in quel momento.
Ace si tolse il cappello, e lo posò sull'erba sotto di lui, per permettere alla bambina di guardarlo meglio mentre si inginocchiava a terra.
«Ciao. Io sono...» mormorò lui.
«Il mio papà?» chiese piano Rouge, interrompendolo.
«Sì, piccola mia...» mormorò Ace cercando di trattenere le lacrime «Sono il tuo papà».
Rouge mi guardò per ottenere quella conferma, che le diedi con un cenno del capo.
La vidi sospirare e i suoi occhi riempirsi di lacrime, per poi mettersi a correre verso suo padre a gran velocità.
«PAPÀ! PAPÀ!» urlò con tutto il fiato che aveva in corpo, prima che Ace l'accolse in un abbraccio pieno d'amore.
«Finalmente» sussurrò lui stringendola con delicatezza, accarezzandole i capelli corvini e ribelli come i suoi «Finalmente, posso stringerti, bambina mia».
Rouge pianse come non aveva mai fatto prima, mentre si aggrappava a suo padre come una scimmietta.
«Lo sapevo che eri vivo» ammise lei.
«Sì, amore. Sono vivo. Perdonami se sono stato via così a lungo».
Ace le mise il cappello il testa, per poi alzarsi in piedi, continuando a stringerla, e ad inspirare il suo odore.
«Sei così bella» le disse mentre le accarezzava il viso facendola piangere ancora di più «Non piangere, tesoro mio. Non piangere».
«Sei qui...» disse Rouge tra le lacrime «Sei tornato».
«Papà non se ne andrà mai più, te lo prometto» disse Ace anche lui tra le lacrime.
Non riuscii a trattenermi dal piangere a mia volta, mentre Ace si voltò verso di me, allungandomi una mano, per farmi partecipare a quell'abbraccio che tanto avevo sognato.
Mi avvolse insieme a Rouge facendoci diventare tutti e tre una cosa sola.
«Grazie, per questo immenso regalo» mi sussurrò all'orecchio, per poi baciarmi la fronte.
Baciò anche Rouge sulla fronte, sulla testa, sul naso...
«Le mie donne» disse facendoci sorridere entrambe per quel commento.
Ci divorò di baci per così tanto tempo, che ad un certo punto percepii un leggero formicolio alle gambe, segno che stavo in punta di piedi da un po'.
Sentimmo dei passi farsi più vicini...
«Non posso crederci» ammise Sabo incredulo «Sei vivo».
Ace cercò un leggero contegno, per parlare con suo fratello, nonostante avesse ancora gli occhi lucidi.
«Ti trovo bene, Sabo» ammise Ace con un sorriso tirando su col naso subito dopo.
«Potrei dire lo stesso di te. Hai un bel colorito per essere morto» commentò ironicamente nostro fratello, facendoci ridere tutti e due.
«Il segreto è prendere il sole dopo le quattro del pomeriggio» disse Ace facendoci ridere ancora.
Mi erano mancate le loro battute sceme.
Ace spostò Rouge sul suo braccio sinistro, allungando una mano verso Sabo, che una volta venuta a contatto con la sua, la strinse forte, facendomi notare una leggera tensione, dovuta alla loro forza.
«Grazie...» gli disse Ace tornando serio «...per aver mantenuto la promessa ed esserti preso cura di loro».
«È stato un piacere» ammise Sabo ghignando, reprimendo per sempre i suoi sentimenti per me.
Sentii una morsa al cuore.
La brava ragazza dentro di me, avrebbe tanto voluto dargli ciò che voleva, ma la donna matura che ero diventata me lo aveva sempre impedito.
Ace era l'uomo che avevo scelto, e avevo giurato che lo avrei amato per sempre.
«MA INSOMMA, SI PUÒ SAPERE CHE COS'È TUTTO QUESTO BACCANO?» sbraitò Dadan uscendo con la scopa in mano, seguita da Magura e Dogura «EMY, QUANTE VOLTE TI HO DETTO CHE LA BAMBINA DEVE DORMIRE PER CRESCERE BE...ne» Dadan perse la voce, quando notò Ace davanti a lei con in braccio nostra figlia, che la salutava con un gesto della mano.
«Come stai, Dadan?» le chiese Ace con la sua classica spensieratezza.
«Ma...quello è...» mormorò Magura incredulo.
«Non ci sono dubbi, è proprio...» continuò Dogura.
«Ace» finì le due frasi Dadan per poi svenire a terra, sotto gli occhi preoccuparti dei nostri amici.
«L'ha presa bene» commentò Ace sarcastico.
Io, Sabo e Rouge ridemmo a quella scenetta.
Non era da tutti i giorni, vedere Dadan svenire dalla gioia.
Rouge rise divertita, per poi sbadigliare, accoccolandosi poi sulle spalle larghe di suo padre, cadendo dolcemente in un sonno profondo.
«Credo sia arrivato il momento della nanna vera e propria» commentò Sabo conoscendo bene ogni significato dei gesti di mia figlia.
«Ti dispiace...se la metto a letto io?» mi chiese Ace.
«È tua figlia. Direi che sarebbe anche ora che cominciassi a farlo» gli disse facendogli l'occhiolino, conducendolo poi nella mia vecchia stanza.
Una volta dentro, Ace posò delicatamente Rouge sul materasso morbido, coprendola con il lenzuolo leggero, mentre io posai il cappello di suo padre, che avevo raccolto poco prima, accanto al suo cuscino.
«Ti somiglia» gli dissi, accoccolandomi accanto a lui.
«Io vedo tanto te» ammise continuando a guardarla, accarezzandole i capelli corvini.
«Diciamo che assomiglia a tutti e due» tagliai corto sorridendo, sapendo che avremmo anche potuto continuare tutta la notte con quel discorso.
«Mi dispiace di non esserci stato» ammise dopo qualche secondo di silenzio «La gravidanza, il parto...avrei dovuto essere accanto a te»
«Non incolparti» gli dissi accarezzandogli la schiena «Non è stato per tuo volere»
Sospirò, chinandosi per baciarle la fronte, con un gesto delicato e pieno d'amore.
«Ha il tuo odore» ammise, sorridendomi per poi darmi un bacio sulle labbra, facendomi percepire tutta la sua gratitudine.
«Credevo di averti perso» dissi posando la mia fronte sulla sua.
«Per un momento è successo» ammise, sfregando il suo naso contro il mio «Ma se sono vivo è grazie a te».
Mi allontanai leggermente per guardarlo negli occhi.
«A me?» ripetei confusa.
«Il tuo potere...mi ha salvato»
Lo guardai ancora più confusa.
«Ma il mio potere toglie la vita».
«Sì, ma può anche donarla» disse elettrizzato.
«Ma che dici?».
«Durante questi due anni, ho avuto modo di apprendere nello specifico, ciò che il frutto Take Take può fare. Ricordi... » lo vidi deglutire nervosamente «...quando piangesti sul mio corpo...pensando che fossi morto?».
«Come fai a saperlo?».
«Me lo ha detto Marco».
«Marco sapeva che eri vivo?».
«Sì, ma lo ha scoperto dopo la nascita della bambina, e...non è importante adesso» disse tagliando corto «Ricordi ciò che hai provato in quel momento?».
Serrai la mascella, irrigidendola.
Annuii velocemente, cercando di togliermi dalla mente quella scena orribile, che avevo cercato di dimenticare per anni.
«Eri così sconvolta, così desiderosa di riportarmi da te, che inconsciamente, il tuo frutto si è attivato. Il tuo tocco, ha trasmesso il tuo potere a me...ridonandomi la forza necessaria per continuare a far battere il mio cuore>>.
Scossi la testa, non capendo ciò che stava dicendo.
«È per questo che guarisci così in fretta da ogni sorta di ferita o malattia. Il tuo frutto, funziona anche al contrario. Solo che non è una cosa che riesci a controllare, rispetto a ciò che hai imparato a fare negli anni» mi prese il viso tra le mani, guardandomi negli occhi «Tu sei la vita stessa».
Sospirai, incredula.
Per tutto quel tempo, la risposta era sempre stata dentro di me, e non ne avevo mai saputo nulla.
«Per questo...papà aveva nascosto il frutto. Per questo, voleva che fossi io a mangiarlo» ammisi, cominciando a capire.
«Non è stato un caso, che tu abbia mangiato quel frutto. Doveva avere la certezza che qualcosa ti avrebbe sempre protetta» continuò lui dando un senso a tutto «Anche Shanks lo ha detto».
«Shanks?» mormorai confusa.
In quel momento, ricordai che si trovava sull'isola...ed Ace era tornato...
Non poteva essere solo una coincidenza.
Dovevano per forza essere arrivati insieme.
«Quindi...per tutto questo tempo sei rimasto con lui?».
Annuì, in silenzio.
«È stato lui, ad accorgersi che ero ancora vivo, una volta arrivato a Marine Ford. Mi ha preso con sé e mi ha fatto curare dai migliori medici. A quando pare, ha parecchia gente che gli deve dei favori» disse ironico.
Scossi la testa, non badando alla sua ironia.
Ero venuta a conoscenza del suo arrivo a Marine Ford.
Marco mi aveva raccontato ogni cosa, ma non riuscivo a capire perché nessuno dei due non mi avesse detto nulla di Ace.
«Io, non capisco. Perché non dirmi nulla? Perché inscenare la tua morte?».
Sospirò, facendo attenzione a non fare troppo rumore.
«Marco era certo che se avessi saputo che ero ancora vivo, avresti fatto qualsiasi cosa per venirmi a cercare. Non potevo permettere che riprendersi il mare. In più, dovevamo essere sicuri che nessuno scoprisse la verità. Per questo, sono rimasto nascosto per tutto questo tempo. Il mondo, doveva sapere che la mia vita era finita a Marine Ford. Specialmente la Marina».
In effetti, tutto aveva senso, ore che me lo stava raccontando.
Conoscendomi, sarei sicuramente partita con la prima nave, per andare da Ace e questo avrebbe portato sicuramente dei problemi.
«E se Garp dovesse vederti qui?» chiesi agitandomi al solo pensiero.
«Garp sa tutto» mi tranquillizzò lui, con tono dolce «È stato lui a permettetemi di tornare, senza avere la Marina alle calcagna».
Corrugai le sopracciglia, confusa.
«Lo ha fatto davvero?»
Annuì. «Una volta saputo che ero ancora vivo, si è messo in moto per far cancellare ogni traccia della mia esistenza...e la tua».
«La mia?»
Mi sorrise, donandomi serenità.
«Non hai più una taglia sulla testa. Siamo tornati quelli di un tempo».
Rilassai il viso, incredula...
«Nien...niente più taglie?».
Scosse la testa, in segno di negazione.
«Niente più taglie...niente più Marina» ammise con un sorriso «Siamo liberi»
Sospirai felice, mettendogli una mano dietro al collo, portando nuovamente le nostre fronti a toccarsi.
«Non ti lascerò mai più andare» sussurrai con tono serio e deciso.
«Non intendo andarmene mai più. Ho già sprecato fin troppo tempo, lontano da voi. Non ci sarà più nulla, che mi impedirà di vivere con la mia famiglia, adesso».
Catturò nuovamente le mie labbra, mentre i nostri respiri si fusero insieme, scaldando ad entrambi le guance.
«Anche se, ammetto...di aver avuto paura di essere arrivato tardi» disse una volta che si staccò da me.
«Tardi?»
«Ero a conoscenza che Sabo ti era stato accanto per tutto questo tempo e...ecco...una parte di me si era convinta che ti fossi innamorata di lui, dimenticandomi. E avresti avuto tutto il diritto di farlo» continuò, senza darmi il tempo di replicare «Sono stato via per così tanto tempo. Per quanto volessi disperatamente che non fosse reale, avrei accettato in ogni caso una tua relazione con lui. In fin dei conti, lo avevo sperato quando sentivo che sarei morto, ma poi ho capito che ero vivo e...».
«Shh» lo zittì dandogli uno piccolo schiaffo sulla guancia.
«Ahi...» si lamentò lui a base voce.
«Non pensarlo nemmeno. Sabo è stato un angelo con tutte e due, ma non ha mai cercato di prendere il tuo posto. Esattamente come mi aveva detto tempo fa. Non avrebbe potuto...perché, colui che mi ha rubato il cuore...sei tu».
Sorrise, compiaciuto delle mie parole, prendendomi la mano che lo aveva picchiato, per poi baciarla dolcemente e posarla infine sulla sua guancia.
«E tu hai rubato il mio, Cosina» ammise, facendomi sorridere di gioia nell'udire di nuovo quel nomignolo.
Era da così tanto tempo che non lo sentivo.
Solo lui, aveva sempre usato quel termine per chiamarmi...e non ero mai stata più felice di sentire quel nomignolo scemo, come in quel momento.
«Koala» dissi facendolo ridere.
«Non avevi detto che era un nomignolo provvisorio?» mi chiese divertito.
Feci spallucce. «Mi ci sono affezionata» gli dissi sorridendogli.
«Anche io» ammise, sorridendo a sua volta.
In quel momento, Rouge emise una piccola risata, che ci fece credere che si fosse svegliata.
In realtà, notammo che stava sognando, probabilmente qualcosa di divertente, visto il suo sorriso.
Non la vedevo dormire così beatamente da molto tempo.
L'arrivo di Ace aveva colmato finalmente il nostro cuore, a cui era stata strappata la metà troppo velocemente e senza preavviso.
«Guarda cosa abbiamo creato» disse ancora incredulo «Non riesco a capacitarmi, che lei sia nostra».
«Nemmeno io. Per quanto stia con lei, mi sembra ancora assurdo...che siamo stati proprio noi a darle la vita»
«Il nostro frutto del mare» aggiunse lui, osservandola «Il più raro e il più bello di tutti».
Toccai il suo petto, all'altezza del cuore, e lui fece lo stesso con me, sorridendomi come tanto amavo.
«Due cuori...» dissi guardandolo negli occhi.
Allungammo poi una mano verso la nostra bambina, per sfiorarla con tutto l'amore che potevamo avere dentro di noi.
«...e un solo fuoco» aggiunse lui, per poi continuare a vivere insieme a me e alla nostra piccola, l'esistenza che avevamo sempre sognato, in quel piccolo pezzo di mondo, dove tutto era cominciato.

e un solo fuoco» aggiunse lui, per poi continuare a vivere insieme a me e alla nostra piccola, l'esistenza che avevamo sempre sognato, in quel piccolo pezzo di mondo, dove tutto era cominciato

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                                Fine

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