Chapter ε

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Così i mesi erano diventati tre; e benché Louis fosse a conoscenza del fatto che una tale quantità di tempo, se calcolata in giorni, corrispondesse a circa un quarto del totale ammontare annuo, non riusciva ad evitare di spalancare inebetito la bocca ogni qualvolta che quella cifra scritta in rosso e in costante, mutevole aumento, si apprestava a comparirgli dinnanzi agli occhi, perfino quando se ne stavano chiusi, le palpebre calate.

Dopo quel soffice, lieve bacio, Louis aveva temuto che tutto sarebbe cambiato. Forse era ancora relativamente piccolo, per potersi concedere ad uno straziante monologo sul tema dell'amore; ma, d'altra parte, era abbastanza grande per sapere che, in seguito a un bacio, nulla resta più come prima. Sono i baci, a delineare quella soglia verso la quale ci si ritrova costretti ad essere sospinti, ed è solo una volta che si è passati oltre, che ci viene dato modo di sapere se toccheremo il duro e sicuro suolo; oppure, al contrario, se finiremo con il precipitare nel vuoto di un burrone.

Louis aveva temuto il peggio; nella sua mente si erano affacciate le peggiori, più crude ipotesi. E, con il cuore costantemente sovraeccitato, e la testa perduta e dimenticata in qualche altra galassia, gli era risultato difficile perfino dormire. Ore di sonno mancate che, infine, si rivelarono essere state semplicemente sprecate, dal momento che, fra lui ed Evan, nulla cambiò.

Zayn sapeva di ciò che era successo, e di questo Louis ne era più che sicuro. Gli era bastato esaminare con certosina attenzione i cambiamenti sul suo volto ogni qualvolta gli passava a fianco, anche solo per sbaglio, nei corridoi della scuola. Sguardi che sapevano di morte e di un attento, minuziosamente calcolato autocontrollo. Evan, da parte sua, aveva preso a salutarlo, di tanto in tanto, quando, sempre erroneamente, capitava che i due cozzassero l'uno contro l'altro nel mezzo di quel perfetto labirinto costituito da una serie apparentemente infinita di corridoi.

Era stato un traguardò, ricordò Louis, ricevere quel primo, silenziosamente timido saluto. La scuola sembrava essersi fermata, quel giorno, e tutti gli occhi dei presenti si erano puntati su di loro. Forse il cervello di Louis aveva ingigantito a suo modo la questione, ma il punto focale restava sempre, solamente uno: Evan non si vergognava di salutare Louis di fronte al resto dell'intero corpo studentesco; poteva sembrare cosa di poco conto, questo è vero: ma per Louis quel gesto rappresentava l'inizio di un'immane, più impegnativa scalata che, sperava, lo avrebbero condotto a qualcosa di appagante. Di amorevole.

Louis sapeva: sapeva che Evan ormai era parte integrante della sua vita quotidiana (lo era da un pezzo, ormai) e non un semplice strappo alla monotona regola al quale si concedeva il lusso di abbandonarvisi ogni tanto.

Era stato dunque quella semplice constatazione, fondamentalmente nulla più di uno di quei cosiddetti "dati di fatto", a spingerlo a confessare a sua mamma quali fossero il volto e il nome nascosti dietro la sua nuova, così appagante per il suo animo secondo la stessa donna, amicizia.

Dapprima sua madre era rimasta perplessa, gli occhi sgranati e colmi di terrore, una serie di rimproveri e raccomandazioni incastrati in gola, senza che riuscissero a trovare il modo di fuoriuscirne, facendola sentire come se fosse sul punto esatto di strozzarsi. Poi, dopo una lunga e seria discussione, Jay sembrò tranquillizzarsi.

Louis ricordò di averla sentita chiamare Pat, per chiederle come fosse, questo Evan di cui Louis tanto sembrava essersi infatuato (Louis fu sul punto di scavarsi l'interno delle guance, quando sentì sua madre pronunciare tali esatte parole); e Pat, forse sotto l'effetto di una massiccia dose di amor materno, dopo pochi minuti di silenzio le rispose che non avrebbe dovuto preoccuparsi. E che, anche se Evan aveva contratto qualche piccolo, sciocco problema con la giustizia, di tanto in tanto, era un bravo ragazzo. Il suo stesso Zayn, ammise infine la donna senza che Louis potesse però saperlo, ne era quietamente attratto.

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