Chapter 38

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*Louis' POV*

Nessuno mi aveva mai istruito a dovere su come un aereo fosse fatto. Nella mia testa tuttavia lo immaginavo prettamente simile a quelli raffigurati nei grandi film prodotti a Hollywood: aerei grandi, spaziosi, dove le hostess erano sempre vestite di tutto punto e con i tacchi a spillo, il trucco mai sbavato; e gli uomini assomigliavano tutti vagamente a Daniel Craig nei film di James Bond. Il cibo era sempre servito da camerieri di colore dai denti bianchissimi e gli abiti nerissimi, le mani guantate di bianco. Cibo degno di un ristorante a Cinque Stelle Michelin, come minimo.

Così, quando dopo essere salito sulla stretta e sgangherata scala mobile fornitaci gentilmente dagli addetti dell'aeroporto mi sono ritrovato in uno spazio dalla volta bassa, angusto, l'aria così pesante da risultare rarefatta, ho sentito la mia claustrofobia farsi strada all'interno del mio corpo, trasudando da ogni poro presente sulla mia pelle.

Più di un inserviente mi ha chiesto se avessi bisogno di qualcosa, ma io ho prontamente rifiutato, consapevole di avere Lux alle mie spalle. Non volevo che la bambina si spaventasse in seguito alla mia reazione.

Come un vero gentiluomo ho afferrato il piccolo trolley azzurro trattenuto fra le mani da Lou, per poi riporlo nella cappelliera sopra le nostre teste. Destino volle che i nostri posti risultavano essere vicini. Deglutii, temendo da una parte di poter accidentalmente provocare un attacco di panico alla piccola Lux; dall'altro, esultante dopo aver appreso che avrei viaggiato a fianco di volti amici, o perlomeno noti.

Avevo deciso di prendere posto sul sedile esposto dal lato del corridoio. Egoisticamente ho pensato che in tal modo sarebbe stato più semplice per me salvarmi, nel caso i motori o le ali dell'aereo avessero subito un guasto o cose simili.

"Mamma, posso sedermi vicino a Louis?". La vocina di Lux era risuonata così innocente dalla mia destra che per un attimo il sangue mi si era gelato nelle vene, gli occhi già sgranati ora spalancati a dismisura.

Lou aveva guardato prima la figlia per poi voltare lo sguardo nella mia direzione, ridacchiando sommessamente a questo punto. Avevo evitato di dichiarare quanta paura stessi provando in quel momento, ma immagino che il mio viso la esprimesse chiaramente a giudicare dalla reazione divertita avuta dalla donna mia compagna di viaggio.

"Louis, ti andrebbe di fare scambio di posto con me? Lux non si staccherà mai dal suo posto vicino al finestrino" mi ha spiegato Lou guardandomi con occhi che esprimevano sentite scuse; scuse che non potevano in alcun modo rimediare al dolore provato dopo che le poche speranze che sarebbe stata la madre a fare cambio con la figlia, lasciandomi il più distante possibile da quella maledetta finestrella che dava direttamente nel vuoto, si furono infrante.

"Io- non". Per errore avevo incontrato gli occhi di Lux, grandi e luminosi. Il labbro inferiore sporto all'infuori, mi stava chiaramente chiedendo di accontentarla. "Okay, vada per questo cambio di posto. Come facciamo però a non farci vedere dagli inservienti di bordo?" ho chiesto, indicando gli uomini in questione. Non sapevo molto di aerei, è vero, ma ne sapevo abbastanza per essere a conoscenza del fatto che gli scambi di posto non erano consentiti. Almeno questo è ciò che ancora una volta veniva mostrato nei film.

Un sorrisetto astuto si era dipinto sul volto di Lou. "Tu non parlare, lascia fare a me. Ora alzati e siediti al mio posto". Le istruzioni erano state impartite con ordine, pragmatiche. Senza trovare il coraggio di ribattere in risposta, e senza sapere bene quali furono le dinamiche esatte dell'operazione, mi ritrovai seduto in mezzo a madre e figlia, la manina piccola di Lux poggiata sulla mia, come se volesse infondermi coraggio.

Quando James Bond numero uno si avvicinò a noi, dicendoci che era dispiaciuto, ma che sarebbe stato saggio per noi tornare alle nostre posizioni originali, Lou aveva assunto un'espressione terrorizzata, quasi inorridita.

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