Chapter 66

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Per farla breve, Louis si trova in ospedale da circa mezz’ora; ma, se qualcuno provasse a suggerirgli che il tempo trascorso corrisponde ad una così breve serie di minuti, lo vedreste scrollare la testa, negando fermamente che quella appena sentita possa essere la realtà.

Il suo tempo non sembra avere alcuna intenzione di scorrere. Di tanto in tanto i suoi grandi occhi azzurri corrono al microscopico orologio infisso alla parete; e nonostante i minuti continuino a scorrere, inesorabile, dinanzi ai suoi occhi le lancette sembrano restare sempre immobili, chiaramente costituite di pietra.

“Avrei potuto far finta di niente, e portare un certifico falso alla signora Fetcher, domani” pensa Louis, sudando freddo, mordicchiandosi nervosamente le unghie di per sé già scomparse. Ne è rimasta una punta bianca, forse, in linea con la pelle chiara.

“Sto impazzendo?” si domanda poi, e per un istante si chiede se, per caso, non abbia pronunciato quella personale e propria domanda ad alta voce. Ma, dopo essersi dato una rapida occhiata intorno, è chiaro come il sole che nessuno deve averlo sentito parlare. O, quantomeno, tutti i presenti in sala lo stanno beatamente ignorando.

Non sente nemmeno le parole che le voci si ostinano a ripetergli, in una lenta, tetra cantilena. Sente un brusio, come quelli causati da sciami d’api impazziti e zanzare dalle dimensione abnormi, risultanti poi alquanto fastidiose. Non le sente, e nello stato di velata trance nel quale si ritrova, a tratti sembra perfino non accorgersene.

Era entrato in ospedale spavaldo, un sorriso sghembo stampato in volto. Bambini dagli occhi pieni di lacrime lo osservavano ammirati, chiedendosi come facesse un ragazzo così giovane ad avere in sé cotanta forza. Sorrideva, Louis, e non smetteva mai di farlo; non prima di aver girato l’angolo, nascondendosi all’ombra di parete e fessure, laddove era sicuro che nessuno avrebbe potuto vederlo.

Le gambe avevano incominciato a tremargli non appena aveva raggiunto la receptionist, una cara ragazza dai lunghi capelli corvini e una spessa montatura calata sul naso. La donna, dapprima serena, aveva subito cambiato espressione non appena aveva scorto le labbra di Louis progredire verso tonalità sempre più vicine al viola, la sua pelle sempre più spaventosamente bianca.

Louis aveva chiuso gli occhi, e quando era tornato a riaprirli, era su una barella, che si trovava. Si era alzato di scatto, provocando uno stridulo grido terrorizzato da parte di un’anziana signora, e una reazione alquanto allarmante da parte del piccolo e robusto infermiere di colore che se ne era rimasto accanto a lui per tutto il tempo, durante quei cinque, interminabili minuti.

Ricorda di essersi poi agitato, il cuore che batteva a mille, e di aver sbraitato contro ogni persona o cosa che andasse a pararglisi davanti; un’infermiera era accorsa in corridoio, preoccupata da tanto trambusto, e non appena le era stato chiaro quale fosse il nocciolo della questione, Louis non l’aveva vista esitare nell’investirlo di una serie di spregevoli, urlate imprecazioni. “Stia lì e non si muova fino a quando non arriverà il suo turno” lo aveva intimato l’aspirante dottoressa prima di andarsene.

Nessuno è però più passato a prenderlo in consegna, o quantomeno ad accertarsi che le sue condizioni fossero stabili, e che stesse dunque al meglio della propria forma fisica. “Per Dio, Louis, non stai morendo” si appresta a sottolineargli una vocina, facendolo sussultare, attirando così su di sé gli occhi dei circostanti malati.

“Non sto morendo” pensa Louis, e scorge una luce paradisiaca illuminargli il viso, e quel poco che è rimasto della sua martoriata mente. “Non sto morendo!” esclama Louis, gioioso, battendo un paio di volte le mani e sollevandosi in piedi, ignorando l’occhiataccia rivoltagli dall’anziano signore ammaccato e seduto di fianco a lui.

“Scappa finché sei in tempo” continua a sussurrargli, tentatrice, la sua coscienza. E chi è Louis per potersi concedere il lusso di non stare ad ascoltarla? Dapprima, ingrana la marcia, correndo. Quando però capisce che, così facendo, rischia soltanto di attirare ulteriori occhiatacce sbieche su di sé, decide sia forse più opportuno camminare, così da poter mantenere un’andatura accettabile, sebbene les-

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