{Per la lettura di questo capitolo consiglio il contemporaneo ascolto del brano Listen - David Guetta}
Fin da quando era poco più di un lattante, un tenero pargoletto calato in un pigiamino di flanella, in grado di camminare grazie all'uso delle sole proprie gambe tanto quanto (o forse solo in parte) di dormire da solo, al buio, nella propria stanza, Harry Edward Styles aveva sempre amato ascoltare il silenzio assordante che lo circondava farsi sempre più rumoroso mano a mano che, senza avere nemmeno il tempo di accorgersene, calava nel sonno.
Quando si addentrò nei primi anni di scuola elementare, e la maestra chiese a lui e al resto dei suoi compagni di raccontare, scrivendo sul foglio bianco che, quella mattina, avevano trovato ciascuno sul proprio banco al loro ingresso in aula, cosa avessero sognato la notte precedente (o quella prima ancora), il riccio si sentì punto sul vivo.
Non scrisse niente, Harry; niente di spontaneo o sincero, niente di vissuto. Al pomeriggio, quando tornò a casa da sua madre, e raccontò lei della bizzarra, inconsueta traccia affidatagli dall'insegnante, sentì lacrime calde scorrergli lungo il viso, e il suo corpo tremare; non seppe mai quali furono le ragioni situate alle spalle di una reazione così estrema, non con certezza, quantomeno. Con il tempo, tutt'al più, poté farsene una sciocca, insignificante idea.
Sua madre gli spiegò che i sogni erano creaturine della notte; creature piccole e gentili che forse lui non ricordava di aver visto, ma che sicuramente doveva avere incontrato. "Sono coloro che aiutano i tuoi sogni ad essere più gentili" gli aveva detto Anne, sorridendogli bonaria e scompigliandogli con una mano i folti capelli ricci; ad Harry non era piaciuto.
Nella sua camera, qualche ora più tardi, ricordò a se stesso che le madri non sbagliano. Mai, nemmeno quando l'errore è così palese da risultare impossibile da nascondere, nessuna mamma avrebbe mai potuto avere torto. Perché, in un modo o nell'altro, la ragione sarebbe virata dalla loro parte; le mamme sono protettrici dalle energie inesauribili, destinate a condurre i propri figli, tenendoli per mano o più semplicemente sospingendoli da dietro, verso strade e vie ancora inesplorate, dai grandi tanto quanto dai più piccini.
"Però questa volta la mamma ha sbagliato" pensò Harry, chiudendo gli occhi, sfiorandosi il mento con la punta delle dita. "Io non ho mai sognato; non ho mai incontrato nessuno, di notte". Nessun eccezion fatta per i medici; coloro i quali erano stati così sfortunati da trovarsi a prestare servizio nelle ore più piccole, quando le fitte doloranti di Harry accennavano ad incrementarsi.
Quando, ad uno dei mille e cento checkup medici ai quali si vedeva venire continuamente sottoposto, domandò al burbero medico presente in sala perché mai lui non sognasse, ebbe modo di scorgere le sopracciglia dell'altro incrinarsi, convergendo pericolosamente verso il basso; così in basso, pensò Harry, che di lì a qualche istante sarebbero sicuramente cadute all'interno del flacone colmo di un liquido giallastro che l'uomo teneva gelosamente stretto in mano.
Sua madre accennò a zittirlo, sorridendo come ogni madre sorriderebbe di fronte ad una cosiddetta "innocente diavoleria" detta da parte del figlio ad un qualunque tipo di persona illustre, ma fu, con enorme stupore di entrambi, il medico, a zittirla. E, chinandosi in avanti, osservando Harry dritto negli occhi, gli chiese cosa intendesse dire dicendo di "non essere in grado di sognare".
Harry aveva solo sei anni, all'epoca, e prese la domanda molto sul serio. Allargò le spalle (per quanto gli fosse possibile, data la gracilità che lo contraddistingueva), ed espose al medico le proprie perplessità; i propri timori. Raccontò dell'insegnante di italiano, della F "con incoraggiamento" che era stata affibbiata al suo scarso tema, e di come sua madre gli avesse detto che, sicuramente, aveva già incontrato le simpatiche creaturine della notta, da qualche parte; solo, non ricordava quando, né dove.
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No Control
Fanfiction«Erano solo due ragazzi di diciotto anni coinvolti in qualcosa di più grande di loro; due ragazzi che, nel bene e nel male si davano amore; facevano l'amore. Ed erano i loro corpi sudati, le loro mani congiunte, i loro respiri affannati che spesso p...