Chapter 6

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*Louis'POV*

"Non scegliere quel tavolo, Louis. Scusati con Barbara ed inventa una scusa per lasciare il locale il prima possibile, ma ti prego, non farlo. Non porterà nulla di buono. Non è questo ciò di cui tu hai bisogno, lo sai, vero?"

Una vocina nella mia testa mi sta costantemente pregando di non farlo, di lasciare tutto e scappare via, ma non è questo quello che ho in mente; tengo i nervi saldi e la allontano in uno spazio buio e dalle pareti ovattate: dapprima la sua voce si riduce a un flebile sussurro, poi scompare.

"Ecco il vostro tavolo" recita Barbara con la fronte corrugata e il labbro stretto fra i denti. Che anche lei pensi che questa non sia una buona idea? Mi ritrovo inspiegabilmente a pregare affinché le cose stiano diversamente: forse ha notato una macchina di sugo lasciata da un precedente cliente, o forse si è accorta di qualche granello di polvere superfluo, ma in cuor mio so che non è così. Chiaramente sto solo provando a prendermi in giro.

"Grazie" le dico con un sorriso tirato sulle labbra, indicando ad Harry di sedersi sulla sua sedia con una mano, e lui, sorridente come un bambino in un negozio di caramelle, lo fa. Mi siedo sulla seduta opposta, afferrando i due menù al centro del tavolo e porgendone uno al ragazzo dagli occhi verde Harry seduto di fronte a me.

"Torno fra qualche minuto, quando avrete scelto cosa ordinare" dice Barbara fissandomi con occhi bagnati, ed io annuisco, percependo uno stato di disagio provenire dal corpo della donna.

"Non dire niente, Barbara. Quando torni non dire e non fare niente. Prendi le ordinazioni, vai in cucina e non alludere a null'altro" mi ritrovo a pensare, sperando in qualche modo di riuscire in qualche modo a trasmettere il mio messaggio per via telepatica alla donna alla quale è unicamente destinato.

"Non pensavo di avere fame, ma questi piatti sembrano così invitanti, per cui..."

La voce di Harry mi riporta alla realtà, e quando alzo gli occhi su di lui lo trovo completamente immerso nella lettura del suo menù, le sopracciglia aggrottate, il volto teso in uno stato di profondo interesse. Sorrido, pensando inconsciamente a quanto vorrei affondare le dita in tutte quelle piccole rughette.

Prima di rispondere do una rapida occhiata alla lista di pietanze elencate, e con stupore trovo che sono le stesse di qualche mese fa. Tutti piatti rustici, caserecci, nulla di raffinato od elegante come invece mi aspetterei sia abituato a mangiare Harry.

"Io non li trovo così inv-"

"Louis, senti questo!" dice Harry illuminandosi in volto, sventolando una mano nello spazio aereo di fianco a lui, per richiamare la mia attenzione. "Tagliatelle con funghi porcini e scaglie di Grana Padano e- non è finita! Nevicata di Pecorino"

Scoppio a ridere di gusto, tenendomi le mani premute sullo stomaco. Non ho mai sentito nessuno leggere con così tanto entusiasmo la descrizione di un piatto, qualunque esso sia. Nemmeno mia madre si è mai messa a urlare "CAVIALE!" nel mezzo di un ristorante. O forse quello sì, ma non importa.

"Che ho detto di male?" chiede Harry, sorridendo insicuro mentre le guance prendono a colorarsi di una sfumatura rosso pastello.

Scuoto la testa, sorridendogli in risposta. "Nulla del genere, non c'è bisogno che ti agiti. È solo che, mio Dio, hai letto il nome di quel piatto quasi fosse oro" puntualizzo, inclinando la testa da un lato.

"Ma infatti è oro!" esclama lui, allibito. "Penso di non mangiare un piatto così buono da anni, senza contare il pollo arrosto che tua madre mi ha preparato ieri sera". Si ferma, e giurerei di leggere un "mumble" comparire come un messaggio popup sopra la sua testa.

"Sai, il fatto è che a New York non mangiavo molto cibo fatto in casa, vivevo più che altro di cibo takeaway. Non che fosse cattivo, per carità, ma i sapori sono completamente diversi. Solo quando mangiavo con il mio-". Per la seconda volta nel giro di qualche minuto si interrompe, ed io mi ritrovo a guardarlo confuso.

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