Chapter 51

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*Harry's POV*

La signora Mayer ci ha gentilmente concesso di scontare le nostre due ore di detenzione in una delle aule più piccole e anguste dell'istituto: costruita più o meno al centro della struttura, è totalmente priva di finestre. L'unico vano adiacente al mondo esterno è la porta attraverso la quale io e il rosso siamo entrati; peccato che, ora come ora, sia chiusa a chiave.

Continuo a tormentarmi, pensando che non avrei dovuto rispondere alla domanda postami dal mio compagno di banco nel bel mezzo della lezione di tedesco; ripenso agli occhi lucidi di Louis, al suo viso abbattuto, al suo corpo privo di rigidità, come se un branco di bufali lo avesse pestato, ripetutamente, senza pietà. "Un po' come è successo a Mufasa nel Re Leone" penso rabbrividendo, pregando Dio di non avere il potere nemmeno involontario di esercitare una simile, orripilante forza distruttiva sul ragazzo che amo.

"Fa freddo in quest'aula" commenta il rosso, riportandomi alla realtà. Giro gli occhi ancora carichi di angoscia nella sua direzione, fingendo un sorriso forzato. "Se Louis lo vedesse, capirebbe subito che non è uno dei miei soliti sorrisi sinceri" penso, il cuore stretto in una morsa di ferro e ghiaccio.

"In realtà fa freddo in tutto l'istituto. Fa freddo anche fuori, dall'istituto. Fa freddo ovunque, anche dentro di noi, immagino". Strabuzzo gli occhi, colpito dalle parole che gli ho appena sentito pronunciare. Lui sembra non averci fatto troppo caso, come se le frasi che ha da poco snocciolato fossero frasi abitudinarie, e non degne di entrare a far parte delle prime pagine di un qualunque libro raccogliente aforismi da ogni parte del mondo.

"Una volta scrissi una canzone che diceva "fa troppo freddo fuori perché gli angeli possano volare". Ricordo che quando la cantai alla ragazza per la quale l'avevo scritta, fui costretto ad inginocchiarmi dinnanzi alla sua tomba, per fa sì che mi potesse sentire". Sorride, amareggiato, lasciandosi andare ad uno sbuffo nasale alquanto malinconico.

"Per lei era stato davvero troppo sopportare quel gelo ogni notte, capisci? E alla fine era stato proprio ciò che di più cruento e invisibile esista al mondo, ad ucciderla". Deglutisce, mentre con le dita prende a tamburellare sul banco. Capisco fin dalle prime note che quella che sto sentendo non sia una semplice riproduzione casuale, ma una melodia ben precisa.

"Quella della canzone che ha scritto per la ragazza che è morta" penso, gli occhi fissi sulla sua mascella, la gola troppo secca perché io possa trovare la forza per parlare. "Una prostituta" suggerisce poi la vocina. E benché io non sappia in che circostanze i due si fossero conosciuti, immagino fosse stata una situazione piuttosto pittoresca, quasi cinematografica: lui tornava a casa dopo una lunga giornata di lavoro part-time sottopagato come tanti altri, lei se ne stava seminuda sul ciglio della strada.

"Mia madre pensava sempre che quella canzone fosse dedicata a lei. E in un certo qual modo la era. Felicitie era stata fonte di ispirazione, questo è vero, ed era lei il ritratto della ragazza che mi aleggiava dinnanzi alle palpebre mentre imprimevo voracemente le parole nero su bianco". Si inumidisce le labbra con la punta della lingua, per poi darsi una leggera, svogliata grattata al meno coperto da una sottile peluria rossastra.

"Però infondo mia madre aveva ragione, quella canzone era dedicata a tutte le prostitute. Tutte, vecchie e giovani, vive e morte. Un tributo a tutte loro"

Sgrano gli occhi. Quello che il rosso ha appena fatto, è stato confessarmi che sua madre fosse una prostituta. Io non sono tipo da abbassarmi al livello dei pregiudizi, ma cavolo, ciò che gli è appena sfuggito di labbra è qualcosa che in pochi avrebbero avuto il coraggio di dire. Soprattutto se l'interlocutore corrisponde ad uno perfetto sconosciuto.

Forse è il silenzio assordante che riverbera come onde radio dal mio corpo, o forse una semplice coincidenza voluta da un qualche pensiero fisso; sta di fatto che quando il rosso si volta a guardarmi, il suo sguardo spento si accende di calore. Fuoco vivo.

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