Chapter 64

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{Per la lettura di questo capitolo consiglio il contemporaneo ascolto del brano Robbers - The 1975}

*Louis' POV*

La classe si è totalmente calata in uno stato di assoluto, agghiacciante silenzio. Allungo le orecchie, cercando di captare anche il benché minimo rumore, ma nulla sembra muoversi all'interno dello spazio compreso fra queste quattro mura. Niente, nemmeno gli spifferi d'aria che, solitamente, accompagnano irrequieti le nostre lezioni, filtrando attraverso la sottile fessura posta fra il bordo inferiore della finestra e la male intonacata parete di cartongesso.

Sorrido, sfregando le mani unite e poggiate sulla superficie liscia della cattedra. Sento come un potere indescrivibile scorrere all'interno di questi due arti che, fino ad ora, avevo considerato utili solo a masturbarsi: due oggetti vuoti, privi di vita e significato, che ora stanno invece venendo attraversate da una fonte di inesauribile potere.

La signora Fetcher mi osserva, la bocca spalancata in un invitante sorriso, gli occhi colmi di un terrore terrorizzante. Uno di quei terrori freddi e profondi che farebbero venire voglia perfino a personaggi come Freddy Kruger di nascondersi all'interno di un armadio a doppia anta, per non uscirne mai più.

Ricambio lo sguardo, raddolcendolo. Cercando, forse futilmente, non saprei dirlo, di nascondere la rabbia che mi sta vorticosamente perlustrando dall'interno, corrodendo le pareti di stomaco e fegato, facendo crescere in me un abnorme, irresistibile senso di nausea.

Controllo che gli occhi dei miei compagni siano ancora puntati su di me e- sì, posso iniziare. Mi schiarisco la voce, sollevando fiaccamente una mano chiusa a pugno, portandola davanti alla bocca. Molto professionale, direbbero alcuni; teatrale, direbbero invece altri.

"In realtà non voglio parlarvi di omosessualità nel senso personale del termine. Voglio dire, non aspettatevi che io vi racconti come ho vissuto l'omosessualità sulla mia stessa pelle. Non è una storia che io ed altri vorremmo narrare, o dover ascoltare"

Non sento la tensione torcermi le budella, né tantomeno il dolore attanagliarmi il petto. Mi sento sospeso in una bolla, volante leggiadra a mezz'aria. Chi, senza conoscermi, ha intuito a cosa io mi stia riferendo, abbassa il capo; e non saprei dire se in segno di codardia, o di ammirato rispetto.

Evito di proposito di osservare l'area dell'aula posta alla mia destra. È lì che so trovarsi Harry e Zayn. "Vicini" sussurra una voce, maliziosa; e in perfetta risposta, sento il rancore montarmi dentro, ribollendo.

"Non sono un militante dell'LGBT; non ci terrei nemmeno, ad esserlo, devo essere sincero" continui poi, grattandomi fiaccamente il mento, gli occhi rivolti verso lo scarno soffitto bianco. "Trovo piuttosto stupido, sapete, vedere quelle persone scendere nelle piazze delle città creando scompiglio, solo per brandire un paio di stupidi, bianchi cartelloni sui quali sono state incise quattro scritte con biro e pennarelli colorati"

Non sto mentendo, e nemmeno esagerando. Non ho mai compreso fino in fondo quali siano i reali, sostanziali obiettivi del movimento a favore dei diritti di coloro che non si ritrovano ad appartenere alla larga o stretta cerchia, dipende dai punti di vista, degli eterosessuali. Forse questo è perché non sono mai entrato nell'ottica di avere un matrimonio. Non dopo quello che ho visto mia madre essere costretta ad attraversare.

"Ma le cose cambiano, Louis" mormora una vocina, stizzita. E, con fugace rapidità, l'immagine di Harry si stampa sulla parete intonsa di fronte ai miei occhi. Ed è allora che scorgo come quella parete sia in realtà un'esplosione di colori; una tavolozza rubata alle mani di un pittore.

"Ho letto il libro della Swift, qualche tempo fa. Un libro piuttosto interessante benché io lei non l'abbia mai davvero sopportata, lo ammetto" continuo poi, incrociando le braccia al petto e poggiando languido la schiena contro il rigido schienale della sedia dei professori.

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