Chapter α

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Due anni prima

Louis amava lo sport, da tempi che riteneva essere così remoti da non poter essere realmente indicati. Era un po' come sui libri di storia, quando, benché le pagine bianche pittate di nero non lo riportino espressamente, è sottinteso che le date potessero essere delle semplici, mere approssimazioni.

Nessuno, riteneva Louis, poteva davvero credere di essere in grado di stabilire quando un'anfora fosse stata prodotta, stagione, mese e anno, rispetto ad un'altra. Louis sospettava che, nonostante il miliardo e mezzo di analisi approfondite che gli archeologi e gli illustri scienziati avrebbero potuto svolgere, dalle più semplici alle più disparate, nessuno avrebbe mai potuto realmente concretizzare l'anno di produzione di un qualcosa di così antico.

Louis non amava storia, ma d'altra parte riteneva anche fosse normale: nessun sedicenne suo coetaneo sembrava amarla realmente, eccezion fatta per Liam. Ma Liam era sempre stato quel tipo di persona che è facile ritenere "strana", se non la si conosce; motivo per il quale Louis aveva deciso di non dare troppa importanza a tale sdrucciolevole fatto, e di non disperarsi troppo quando sui fogli del compito in classe vedeva comparire delle abnormi, intimidatorie "F" rosse, scritte in un'elegante, raffinata e pittoresca calligrafia dei tempi andati.

Vi erano molte cose delle quali Louis ignorava l'esistenza, come ad esempio che, in quel preciso istante, il ciuccio che sua sorella adoperava per zittire quel maledettissimo bambolotto strillante regalatole da loro zio poche settimane addietro, si trovava inspiegabilmente nella tasca inferiore del suo zaino, quell'orribile affare di tela che sua madre si ostinava ad obbligarlo a portarsi appresso, nonostante oramai stesse frequentando il liceo e, in un certo qual modo, il ragazzo riteneva di poter badare a se stesso; almeno per quanto riguardava quegli atti di banale amministrazione.

Allo stesso modo in cui molte cose gli erano ignote, oscurategli alla vista, Louis era anche consapevole del fatto che l'insegnante di storia non nutriva una spassionata simpatia nei suoi confronti. Era qualcosa si prettamente atroce, il modo in cui il tono di lei cambiava non appena i loro sguardi finivano con l'incrociarsi; e, puntuale come un orologio, ogni qualvolta tale disgrazia si vedeva venire avverata, lei lo interrogava, ponendogli un paio di antipatiche, insidiose domande a sorpresa, alle quali lui sospettava nemmeno lei avrebbe saputo dare una corretta risposta.

A lungo andare, Louis decise che sarebbe stato meglio evitare di tenere lo sguardo sollevato ad altezza di insegnante. Così, aveva adottato varie strategie, per far sì che ciò non venisse. La migliore di tutte era tenere il libro aperto sulle gambe, cosicché potesse restarsene con il capo piegato tutto il tempo, nonostante ciò gli provocasse, come effetti collaterali, dolori al collo e di conseguenza a quell'area estesa lungo l'intera spina dorsale, di portate allucinanti.

Il banco stracarico di utensili, da quelli prettamente inutili a quelli che, invece, gli erano indispensabili per scrivere, perfino l'insegnante aveva dovuto ammettere con se stessa che per lui tenere il libro poggiato sulle ginocchia fosse l'unica soluzione disponibile.

Eppure quella mattina qualcosa andò chiaramente storto: in Inghilterra e nel mondo intero si stavano tenendo una sorta di mondiali calcistici per le classi sportive inferiori, fra le quali rientravano addirittura ragazzini di soli un paio d'anni più grandi di lui. Louis era come posseduto da un'eccitazione febbrile, al pensiero che uomini di tutto il mondo praticamente suoi coetanei avessero modo di esibirsi in una competizione al mondo pressoché sconosciuta, ma di portate così fenomenali.

La sera prima aveva chiesto a sua madre se, per caso, non fosse possibile chiamare le Poste cittadine, per chiedere così che l'indomani mattina alla sua porta venisse recapitato il quotidiano sportivo, oltre alle solite bollette e i cataloghi per cucito e casa dei quali Louis non si interessava affatto. E Jay, la cara Jay, non aveva saputo dire di no di fronte a quegli occhietti così grandi, e lucidi, e a quel labbruccio comicamente sporto all'infuori, ricordandole così che, infondo, suo figlio era ancora un bambino; o quantomeno, amava fingersi tale.

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