*Harry's POV*
Dopo essermi addormentato, ricordo di essere stato svegliato dalle grida terrorizzate di mia madre. Anche io presi paura quando la ritrovai di fianco alla sponda del mio letto, le mani strette attorno alle mie spalle con tale forza da conficcarmi le unghie nella carne nonostante gli spessi strati di tessuto che ancora mi ricoprivano.
Pensava fossi morto, ecco quale fu la spiegazione che riuscì a dare agli infermieri accorsi dopo aver udito un tale trambusto. Una volta che ebbe ritrovato la sua grinta mi mandò a farmi benedire, le guance ancora bagnate di lacrime e parole agrodolci che lasciavano le sue labbra, facendomi venire una gran voglia di ridere. Cosa che mi imposi rigidamente di non fare, consapevole dei rinnovati attacchi che tale azione avrebbe comportato.
Mia madre, grazie all'aiuto di un'esperta infermiera, mi cambiò d'abito, sostituendo i miei vestiti con un lungo camicione d'ospedale fortunatamente cucito anche sul didietro. "Preferisci che sia un infermiere, ad aiutarti?" aveva chiesto la donna lanciando un'occhiata confusa a mia madre quando a quest'ultima era scappato un risolino, causato forse dal colore paonazzo che mi si era andato a posare in volto. Gentilmente, avevo annuito, sperando con tutto il cuore che l'infermiera non mi prendesse per un maniaco etero di soli diciotto anni.
La prima visita alla quale ero stato sottoposto, in via del tutto speciale, era stato un semplice elettrocardiogramma. Il dolore ormai era passato, e il mio cuore sembrava essersi calmato, ma gli esami diedero risultati ben differenti. La valvola mitralica sembrava essere affaticata, proprio come l'aorta. Il medico aveva scosso la testa mentre sfogliava rapidamente le carte da poco rigettate dalla stampante ad aghi.
"Non sei in pericolo di vita, se questo può consolarti" aveva detto il medico, il viso tetro, e al suono delle sue parole avevo sentito grida di giubilo provenire dal mio io più remoto. Avevo fatto per scendere dal lettino sul quale ero semi-coricato, quando l'uomo aveva alzato la mano per poi pressarmela sul petto (con la delicatezza dovuta dal caso, si intende), costringendomi a tornare nella posizione iniziale.
"Detto ciò" aveva continuato, guardandomi con cipiglio severo. "È il caso che tu venga sottoposto ad ulteriori controlli. La tua situazione è alquanto delicata, e vorrei scongiurare l'ipotesi che gli attacchi cardiaci da poco avuti abbiano potuto in alcun modo intaccare altri organi, o apparati"
Il viso di mia mamma si era contratto in una maschera di terrore; istintivamente aveva portato una mano davanti alla bocca spalancata, mentre i suoi occhi si erano dilatati, spaventati a more. Il suo corpo era, in quel momento, una delle migliori rappresentazioni di muto shock che mi era stato mai dato modo di osservare.
"Il livello di anidride carbonica nel tuo sangue è al minimo, Harry, e di questo devo dire che sono davvero sorpreso. Di solito per i pazienti con le tue disfunzioni è impossibile raggiungere livelli così bassi". Il commento del dottore celava velati complimenti per il modo in cui, a quanto pareva dalle analisi dal sangue, ero riuscito a curarmi in questi anni.
Era stata quella frase, e il riferimento ai miei progressi che sapevo essere derivati dall'aria rurale e pulita dello Cheshire, a riportarmi alla mente New York; e Nick, di conseguenza. La macchina a cui ero attaccato attraverso certi elettrodi alquanto futuristici aveva emesso un "bip" allarmato, e al solo udire quel suono meccanico mia madre era sobbalzata, i nervi letteralmente a fior di pelle.
La respirazione si era fatta di poco più affannata. D'impulso avevo portato una mano al petto, incominciando a tastarlo in modo convulso. Il dottore si era rapidamente avvicinato al mio letto e, dopo aver chiamato a gran voce l'infermiera, si era attrezzato di una mascherina dispensatrice di ossigeno che si era ben presto incollata al mio volto.
Nel giro di pochi minuti il mio battito cardiaco e la mia attività polmonare erano arrivati ad essere pressoché attorno ai livelli standard, ed era stato allora che il dottore (del quale sapevo non avrei mai ricordato il nome) aveva esposto la sua più sentita sentenza, con voce funerea, come se stesse per annunciare a qualcuno la morte imminente del suo parente più prossimo.
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No Control
Hayran Kurgu«Erano solo due ragazzi di diciotto anni coinvolti in qualcosa di più grande di loro; due ragazzi che, nel bene e nel male si davano amore; facevano l'amore. Ed erano i loro corpi sudati, le loro mani congiunte, i loro respiri affannati che spesso p...