Chapter 50

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*Harry's POV*

Quando stamattina ho aperto gli occhi, dopo che la fastidiosissima sveglia ebbe smesso di suonare, scesi dal letto investito di una forte, brillante energia positiva. Ero sicuro che tutto sarebbe andato per il meglio, e che la giornata che mi si parava di fronte sarebbe stata probabilmente una delle migliori fra quelle finora incontrate nella mia breve vita.

Ricordo di essermi vestito con maggiore cura del solito, decidendo di indossare un paio di pantaloni di raso, e una morbida, giallognola camicia fabbricata interamente in seta. Abiti forse un po' troppo eccentrici per recarmi a scuola, di questo ne ero perfettamente consapevole. Eppure, sentii dire una volta da parte di un qualche conduttore di un qualche misterioso canale che da recenti studi scientifici, è stato accuratamente dimostrato che un buon abbigliamento migliora del trenta fino al cinquanta percento nel migliore dei casi l'umore di una persona.

Louis era passato a prendermi poco dopo. Non aveva suonato il clacson all'impazzata, come mi sarei invece aspettato da parte sua in grado di fare; aveva abbandonato la macchina al centro esatto della strada e, con tutto lo charme del mondo, aveva bussato un paio di volte alla porta di casa mia.

Il suo sorriso svogliato e per certi versi spavaldo era letteralmente scomparso quando gli ero apparso davanti, vestito di tutto punto, pronto a recarmi in sede universitaria. Aveva deglutito a vuoto un paio di volte, ed io mi ero lasciato scappare una risatina divertita. Trovavo sempre piuttosto appagante scorgere ciò che provocavo in Louis limitandomi ad eseguire una rapida e semplice lettura del suo volto.

Le lezioni erano andate bene, come previsto; per le prime due ore stemmo distanti di parecchi metri l'uno dall'altro; alla terza, vicini, e alla quarta nuovamente come durante le prime due. Potevo percepire il corpo di Louis teso come una corda di violino, costantemente all'erta, pronto a monitorare chiunque avesse la sventura di passarmi vicino per poi incenerirlo con la sola forza dello sguardo.

"Non dovresti avere paura, Louis" ricordo di aver pensato all'ennesima occhiataccia fulminante con la quale un povero passante era stato inconsapevolmente colpito. "Anche se qualcuno dovesse provare a separarmi da te, sai benissimo che non me ne andrei"

~

Siamo infine giunti alla quinta ora, ovvero l'ultima della giornata. L'ora destinata allo studio del tedesco, materia dinnanzi alla quale sia mia madre che mio padre rimasero parecchio perplessi.

"Perché diamine dovresti voler studiare il tedesco?" ricordo di essermi sentito chiedere da Des quando, via Skype, gli illustrai il piano studio della facoltà che di lì a poco avrei iniziato a frequentare.

"Avevo iniziato alle scuole pubbliche, ricordi? Mi piacerebbe implementarlo" avevo risposto, pronto a soddisfare quella domanda che sapevo mi sarebbe stata posta, mentendo come mai pensai di aver fatto. I miei studi del tedesco risalenti a qualcosa come otto anni prima non erano una menzogna; lo era piuttosto la mia inscenata voglia di ripugnarne le redini, come se la mia lingua madre già di per sé non mi bastasse.

Scorgo Louis passarmi di fianco, dando un leggero colpo di tosse così da ridestare la mia attenzione. Gli sorrido, sincero, mentre lui si limita a corrugare la fronte, sentendosi probabilmente stremato a causa della pressione psicologica derivante dalla nostra risolutezza a fingere di essere due perfetti estranei.

Mi affretto ad entrare insieme a lui, seguendolo da breve distanza, lasciandomi scappare un sospiro di sollievo quando lo scopro lasciarsi sfuggire un sorrisino ebete, chiaramente causato dalla scansione che i suoi occhi vigili hanno poco prima dato al mio corpo.

"Hai fatto bene ad indossare questi vestiti, Harry" si complimenta la vocina, ed io la ringrazio perché, beh, non è da tutti i giorni ricevere alcun tipo di complimenti da parte sua.

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