Chapter 1

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"Mamma" dico muovendomi nel sedile, a disagio. Fuori il cielo è buio, e l'uomo che ci sta accompagnando a casa, la nostra nuova casa, alla guida del suo taxi nero non sembra aver alcuna voglia di parlare. È così strano, per me che ero abituato a spostarmi da scuola alla sede del giornale su moderni taxi gialli, chiacchierando con l'autista per tutto il tragitto, senza mai interrompermi. Ma forse questi autisti non sono autorizzati a parlare, forse devono adattarsi alla sontuosa immagine dettata dal veicolo.

"Sì tesoro?". Si passa una mano sul volto stanco, gli occhi contornati da profonde occhiaie scure, per poi tornare a sorridermi debolmente. Percepisco il suo tono apatico, ma seppur con un certo senso di colpa, decido di ignorarlo.

"Perché siamo venuti fin qui?" domando io, il labbro stretto fra i denti, mentre il sorriso forzato di mia madre se ne va, lasciando il posto ad un'ombra scura sul suo volto. Abbassa impercettibilmente il capo. So che non è arrabbiata con me, è semplicemente l'intera situazione a renderle le cose difficili. Non abbiamo solo cambiato casa, ma letteralmente continente, e non è cosa facile.

"Scusa" intervengo prima che lei possa dire qualcosa, qualsiasi cosa. "Scusami. Non- non volevo. È una domanda sciocca, me ne rendo conto. Perdonami"

Improvvisamente il suo viso torna a farsi sereno, non luminoso, ma sereno. Come se si sentisse in colpa per qualcosa che ha pensato ma non detto, come se tutte le problematiche di questo mondo derivassero da lei. Ma non è così, mia madre è la persona più altruista e delicata che conosco. Forse è proprio per questo che il mondo la urta così tanto.

Una sua mano si posa sulla mia, piccola al confronto. Osservo le sue unghie limate alla perfezione, rovinate solo dallo smalto colato un po' troppo sui lati. Sorrido al ricordo di quello smalto rosso laccato, lo smalto che le ho messo io stesso meno di ventiquattr'ore fa.

"Non devi scusarti, tesoro. Sono io a doverlo fare. Ti ho trascinato in questa intera situazione, e so che non è facile per te, e mi dispiace davvero dal profondo del cuore. Ma ti assicuro Harry, ti assicuro che non è facile nemmeno per me. Questa terra è così diversa dalla nostra amata America, e nulla al mondo potrà mai eguagliarla, me ne rendo conto, ma ti prego- ti prego di provarci. A fartela piacere, anche solo un po'"

Percepisco una preghiera nelle sue parole, una supplica nel suo sguardo che mi precipito ad evitare. All'inizio è stato difficile accettare l'inevitabile, difficile abbandonare la mia vita, i miei luoghi, le persone a me care. Ma poi col passare dei mesi ho iniziato ad elaborare nella mia testa che forse questo cambiamento era necessario, e che non derivasse da un semplice capriccio. Ora so per certo che le cose erano ben più complicate di quanto pensassi, ma allora, allora ero solo un ragazzino ingenuo.

Ed innamorato; ma questa è un'altra storia.

Chiudo gli occhi, cercando disperatamente di evitare la sua immagine, i suoi occhi, i suoi lineamenti, tutto di lui. I capelli, il sorriso malizioso che spesso gli compariva spontaneo ad incorniciargli il volto, il suono della sua voce. Chiudo gli occhi e vorrei dimenticare tutto questo, perché anche se non direttamente, anche se non volendolo, anche lui mi ha ferito.

Scuoto la testa, eliminando ogni traccia della sua figura, prima di accorgermi che la mano di mia madre è ancora posta sulla mia, ma ha intensificato la stretta questa volta. Sorrido a questo semplice gesto, ben consapevole del fatto che è atto a rassicurare lei più di quanto non debba farlo con me. Mi adagio contro il sedile, mentre sento la tensione e il nervosismo abbandonarmi, dapprima lentamente, poi con sempre più velocità. Guardo la strada illuminata dalle luminarie scorrere veloce sotto di noi.

Le palpebre incominciano ad abbassarsi dolcemente, fintanto che l'asfalto non diventa nero, sempre più nero, fino a non esserci più.

~

No ControlDove le storie prendono vita. Scoprilo ora