Chapter 37

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{Per la lettura di questo capitolo consiglio il simultaneo ascolto di Let Her Go - Passenger}

*Louis' POV*

Mentre correvo per le scale, il fiato trattenuto e la mano che a malapena si appoggiava al corrimano infisso alla mia destra, gli occhi spalancati e la futile paura che anche solo respirare avrebbe potuto potenzialmente rallentare ciò in cui mi stavo così a capofitto lanciando, ho pensato che non ricordavo che le rampe possedessero un così elevato numero di scalini. È proprio vero che, quando si è di fretta, per un motivo o per l'altro, le problematiche atte a pararsi di fronte a noi sembrano moltiplicarsi a dismisura.

Non avevo calcolato che, una volta giunto al piano terra, avrei trovato il locale affollato di gente. Mi sono dunque ritrovato costretto a fare un alquanto maldestro slalom fra gruppi di persone sedute ai tavoli, gruppi di clienti in piedi, sulla vita per arrivare alla cassa dove, con ogni probabilità, avrebbero ordinato il vino; o, al massimo, avrebbero pagato il conto, cosa che in questo bar risultava spesso essere una regola non troppo rispettata; ricordo inoltre i camerieri, dei quali ricordavo vagamente i nomi. Anche loro mi avrebbero riconosciuto, se solo avessi rallentato il passo. Ma nella foga di lanciarmi più o meno pesanti insulti e di guardarmi con occhi strabuzzati, come se avessero appena visto lo spettro di un loro caro antenato aggirarsi per le stanze di casa, a nessuno di essi era stato dato modo di distinguere i lineamenti sfocati del mio viso.

In strada una signora si mise ad urlare quando mi vide correre all'impazzata, i capelli gettati con forza all'indietro dal vento. Signora alla quale feci accidentalmente cadere la borsetta di mano, così da farla urlare alle mie spalle che qualcuno aveva tentato di derubarla, attirando su di me gli occhi confusi dei passanti, i quali, dopo una veloce constatazione di quanto la donna dagli orecchini di perla fosse in torto, decisero non fosse il caso di allarmarsi più di tanto.

Per un attimo ebbi un vuoto di memoria, e temetti che non avrei più ritrovato il punto esatto nel quale la mia macchina era stata parcheggiata. "Se non la trovo subito sono ancora più fottuto di quanto non lo sia già" ho pensato, una mano immersa nei capelli, stringendoli così forte che la cute iniziò a dolorarmi. Poi, la vidi: a meno di cinquanta metri da me, sembrava invocare disperatamente il mio nome.

Non so cosa pensò di me l'uomo che vide distendersi le mie labbra in un sorriso immenso alla vista della tanto ricercata vettura. Probabilmente pensò che fossi un fanatico; uno di quei ragazzini che non hanno null'altro se non i motori come unico chiodo fisso in testa.

La macchina era aperta. Qualcuno aveva probabilmente forzato la serratura per poi entrarvi all'interno, così da consumare un piacevole atto d'amore sui sedili posteriori; o forse, nella speranza di trovare qualche oggetto di valore per il quale valesse la pena rubare.

"Io dico che ti sei dimenticato la portiera aperta" mi ha rimbeccato la vocina, e al suono della sua voce pacata i nervi hanno letteralmente minacciato di uscirmi di pelle. Mi sono ritrovato a stringere i denti mentre con le mani cercavo alla rinfusa nelle mie tasche, nel disperato tentativo di trovare le chiavi d'accensione che proprio nel momento peggiore della mia vita sembravano essere scomparse.

"Dove cazzo-"

"Louis!". Il suono del mio nome urlato da quelli che sembravano essere parecchi metri più indietro è giunto alle mie orecchie, ridestandomi dal torpore rabbioso nel quale mi ero fiaccamente abbandonato. Ho allungato il collo così da poter scorgere meglio la visuale fornitami dallo specchietto retrovisore, e tutto quello che mi è stato dato di vedere era Liam, una mano premuta su un fianco, i capelli coperti da una sottile patina di sudore incollati al volto.

Quando Liam è approdato di fianco alla mia auto, senza smettere di correre, ha bussato delicatamente con le nocche della mano sul finestrino, chiedendomi silenziosamente di abbassarlo. Cosa che, fiaccamente, ho fatto, ubbidendo.

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