Chapter 63

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Alla fine era stata la rabbia, a prevalere. Perfino la sua coscienza, la quale talvolta dimostrava di essere in grado di sfornare ideologie globali e pensieri tanto profondo quanto effimeri, sembrava non potere nulla contro la sana, vecchia ira primordiale.

Louis sapeva che quelli che stava provando erano, con ogni probabilità, sentimenti destinati a scomparire nel giro di un breve, brevissimo lasso di tempo. O almeno, questo era ciò che si era augurato prima di andare a dormire, le guance ancora umide per le troppe lacrime versate e la mano feritasi in seguito al pugno sferrato allo specchio in bagno invocante un qualche tipo di aiuto da parte di un qualunque disinfettante, del quale però Louis non sembrò volerne nemmeno sentir parlare.

Si era addormentato ripromettendosi che il giorno seguente sarebbe iniziato con la visione di un mattino migliore: un mattino carico di gioia, e calma, e forse tanta, troppa perplessità; perplessità creata come diretta conseguenza di quel senso di incompletezza lasciatogli dalla rabbia la sera prima. Quel radicato e pulsante senso di aver sbagliato a lasciarsi dominare da emozioni così tetre, altamente distruttive.

Invece nulla di tutto questo era avvenuto: il primo senso avviatosi dopo il lungo torpore nel corpo di Louis fu l'udito, e non perché sua sorella fosse andata a sussurrargli piano qualcosa nell'orecchio, o perché il cane del vicino avesse preso pazzamente ad abbaiare.

Furono le urla di sua madre a ridestarlo dal movimentato sonno nel quale era lentamente scivolato. Sua madre, le cui parole risuonavano ovattate dalla parete frapposta fra loro, ovvero quella del bagno. E se da subito Louis non capì cosa avesse potuto causare un tale, sgradevole trambusto, le immagini dei cocci di vetro infranti al suolo non vi misero molto a figurargli in testa, facendolo sentire come se il cuore stesse per arrestarglisi nel petto.

"LOUIS! COSA DIAVOLO SIGNIFICA QUEL MACELLO IN BAGNO, ME LO VUOI SPIEGARE?"

Louis non avrebbe mai pensato di vedere un giorno sua madre così furibonda. Ancora in vestaglia da notte, i piedi infilati in due morbide, rosee ciabatte, e i capelli avvolti in uno sbieco, cadente turbante, nemmeno la maschera per il viso verdastra che avrebbe dovuto tingerle la pelle si era rivelata in grado di camuffare il rossore furibondo che aveva incendiato le sue gote.

Il ragazzo si era tirato a sedere, lentamente, storcendo il naso quando aveva fatto pressione sul materasso per mezzo della mano ferita, facendola così dolorare. L'altra volta, quando un episodio simile si era verificato nel bagno di un magro fiorista di New York, era stato Harry ad accorrere in suo aiuto, offrendosi di pagare il danno arrecato all'impresa. Ma questa volta era diverso: Harry non c'era, e Louis sapeva avrebbe dovuto escogitare un qualche piano per cavarsela da solo.

"Scusami" aveva sussurrato, flebilmente, mentre fiaccamente sollevava una mano verso l'alto, trascinandola poi fra i capelli scarmigliati. "Ieri sera io- ero fuori di me, mamma. Scusami. So che non è una scusa valida, eppure-". Scosse la testa, e quando si rese conto di avere gli occhi bagnati di lacrime, capì che infondo non stava recitando.

Non aveva sentito sua madre avvicinarsi a lui, vuoi per causa delle sue ciabatte foderate, vuoi perché la sua testa in quel momento era proiettata verso mondi lontani, o che, quantomeno, gli apparivano tali.

Fatto sta che le braccia di Jay gli avevano cinto le spalle, e Louis aveva lasciato che la sua testa poggiasse sul prosperoso seno della madre. Aveva lasciato che le curve e la pelle di lei lo cullassero, e che i suoi occhi si chiudessero, celando le lacrime che si celavano furtive al loro interno al resto del mondo.

"Oh, Louis" aveva mormorato la donna, accantonando il nervoso e la rabbia provati poco prima. "Vuoi dirmi cosa è successo? Cosa ti ha fatto stare così male?"

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