*Louis' POV*
Oramai avevo capito che era inutile protestare contro la mia vita a tratti infame, e che era tempo di reagire. "Non puoi abbatterti ancora, Louis" era diventata una frase a poco a poco fottutamente simile ad una specie di mantra.
Quando mia madre mi disse dei suoi timori riguardo ad Harry, e di come egli stesso le era apparso strano dopo avermi riaccompagnato in casa, facendosi carico di ogni premura, sentii un macigno enorme piombarmi sulla bocca dello stomaco. Non era un dolore fisico di quelli che spingono le persone a scoppiare in un pianto incondizionato; era piuttosto una sorta di stato confusionale miscelato ad una buona di ansia. Il quale, tanto per essere precisi, mi portava a piangere ugualmente.
I due giorni successivi al Natale ricordo di averli passati chiuso in camera mia. A malapena trovavo la forza mentale per impormi di fuoriuscire da quel bunker segreto che erano diventate le mie coperte. E non per fare attività di portata eccezionale, si intende. Il mio corpo respirava l'aria viziata della stanza per circa quaranta minuti al giorno, quanto bastava per andare di corpo e lavarmi nel bagno. Ecco, il bagno: l'unica stanza che si vide degnata della mia presenza in quei pochi giorni.
Perfino i pasti si consumavano nella comodità più assoluta del mio materasso. Piluccavo foglie di insalata e nel contempo mi chiedevo dove fosse Harry; cosa stesse facendo, perché era apparso così diverso agli occhi di Jay quella notte; e, soprattutto, mi chiedevo perché non si facesse vivo.
Non potevo chiamarlo, né tanto meno capitombolare sotto casa sua, o mia madre mi avrebbe senza ombra di dubbio strangolato. È sempre stata una donna piuttosto comprensiva, ma ai suoi occhi una punizione deve essere degna di portare tale nome, e per tanto deve essere rigidamente rispettata.
Quando Jay entrò in camera mia la sera del secondo giorno accompagnata da un vassoio carico di pasta fatta in casa e quella che sembrava essere carne nonostante non ne fossi del tutto sicuro, la accolsi con un disinvolto "mamma, hai più sentito Anne ed Harry?". Era impallidita, letteralmente. Il colorito dettatole dal fard era stata l'unica traccia di colore superstite sul suo volto.
"La madre di Anne sta male, così sono andati a trovarla, a casa sua. Abita a circa dieci ore di macchina da qui, e il paesino in cui sono dovuti approdare è isolato dal resto del mondo". Aveva parlato di slancio, evitando accuratamente di guardarmi negli occhi. Forse avrei dovuto interpretare quei segnali, è vero, ma l'unica cosa alla quale riuscivo a pensare era a come la mia ansia sembrava essersi lentamente risollevata, fino a scomparire quasi del tutto.
"Oh" avevo esclamato, sorpreso, l'arcata sopraccigliare sollevata. "Spero che non sia nulla di grave. Harry non mi ha mai detto che sua nonna-"
"Infatti è stata una cosa dell'ultimo minuto" aggiunge frettolosa mia madre, interrompendomi. "Nessuno poteva aspettarselo. La notizia deve essergli arrivata mentre ti stava riportando a casa; mentre dormivi"
Benché io sappia che la verità sia ben lungi dall'essere quella che sto pensando in questo momento, i miei neuroni martoriati non possono fare altro che interpretare l'ultima frase di mia madre come un'accusa. "Mentre dormivi. Tu dormivi beato e sereno e lui soffriva". Rabbrividisco, stringendomi le ginocchia al petto.
Quando mia mamma era uscita dalla stanza, avevo pensato che, in effetti, tutto tornava: il telefono che continuava, imperterrito, a squillare mentre ero in macchina con Harry, al ritorno da Londra; il fatto che mia mamma lo avesse visto così abbattuto, e perfino il fatto che non si fosse ancora fatto sentire nonostante buone quarantott'ore fossero passate.
Il mio mondo sembrava aver ripreso colore, e per circa un giorno resistessi. Liam mi aveva chiamato per chiedermi se fossi disposto ad accompagnarlo a fare un ultimo giro ispettivo dell'università, ed io accettai di buon grado. Fu allora che iniziammo a discutere del Capodanno imminente, arrivano infine alla tacita conclusione che nessuno dei due aveva davvero un piano ben stabilito in mente.
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No Control
Fanfiction«Erano solo due ragazzi di diciotto anni coinvolti in qualcosa di più grande di loro; due ragazzi che, nel bene e nel male si davano amore; facevano l'amore. Ed erano i loro corpi sudati, le loro mani congiunte, i loro respiri affannati che spesso p...