Chapter 31

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Qualcosa nel corpo di Harry non stava funzionando, e il ragazzo sapeva cosa non funzionasse. Era facile intuirlo: perfino se non fosse stato a conoscenza del suo problema fisico il dolore lancinante che gli stava dilagando nel petto lo avrebbe aiutato a capire che qualcosa nel suo cuore non andava.

"Si è fermato" aveva pensato Harry, una mano premuta sul petto, piegato sul volante, gli occhi sgranati dal male; e dalla paura che la sua vita fosse infine giunta al capolinea, e che non ci sarebbe stato nessun biglietto di ritorno per il giovane Harry Styles.

Aveva pensato di chiamare aiuto. Alzarsi e scendere dalla macchina era chiaramente fuori discussione; "Potrei suonare il clacson" aveva pensato a corto di fiato. Jay era andata a dormire, le luci in casa di Louis si erano spente da un pezzo. "Il rumore la sveglierebbe, Harry; sicuro" si era detto, cercando di convincere la propria mano a pigiare sul clacson, cosa che non era riuscito a fare.

"Sveglierei tutto il vicinato" aveva pensato abbandonandosi sul sedile, scomposto, il respiro spezzato. Come se una buona dose di senso civico fosse mille volte più importante della sua stessa vita.

"Non ho nemmeno detto addio a Louis". Il pensiero era stato spontaneo, fulmineo, e ben presto tanti altri lo avevano succeduto. "Forse è meglio così" si era poi detto, gli occhi chiusi, cercando di regolarizzare il respiro. "Così nessuno avrà problemi, e-"

Era stato interrotto dalla vocina, che, isterica, aveva preso a fargli una sonora ed alquanto agitata ramanzina. "Tu sei scemo. Riesci a pensare alle parole di tua madre sul fatto di non rovinare la sua amicizia con Jay anche in un momento come questo. Mio Dio, Harry, ma un po' di amore per te stesso? Sai che ti farebbe bene essere altruista nei tuoi confronti, di tanto in tanto?"

Qualcosa era stato smosso nell'animo di Harry all'udire il suono di quelle parole. Qualcosa che lo aveva spronato a trovare la grinta per combattere; a non lasciarsi cullare dal dolore, perché qualunque parola amorevole egli gli avrebbe sussurrato per cercare di calmarlo, sarebbe stata falsa, e controproducente. "Il dolore, Harry, ti vuole morto, non vivo" lo aveva rimbrottato la vocina, ed Harry aveva stretto le mani attorno alle sue cosce, cercando di darsi forza; di farsi forza.

Gli occhi di Harry si erano focalizzati sul mondo al di fuori del parabrezza. Fari scorrevano dinnanzi a lui e tutto attorno. Fari che si facevano sempre più vicini, per poi allontanarsi. Poi, una macchina era sembrata avvicinarsi alla sua e non accennare ad andare via. Si era parcheggiata, malamente, dall'altro lato della strada. Era un taxi, e dal lato posteriore dell'auto era scesa sua mamma, agitata, completamente noncurante delle macchine che sarebbero potute arrivare da un momento all'altro e investirla proprio mentre lei attraversava la strada.

"Harry!" aveva urlato, sbattendo i pugni contro il finestrino, mentre l'autista ripartiva, senza curarsi minimamente di ciò che stava accadendo a pochi metri da lui. "Harry!"

Le sue urla erano disperate, straziate dall'ansia e dal dolore. Il riccio avrebbe voluto chiudere gli occhi e tapparsi le orecchie; non voleva sentire la voce di sua mamma incrinata dal pianto, e dalla preoccupazione. Harry voleva solo che il dolore passasse in assoluto, religioso silenzio.

"È aperta" aveva sussurrato, rendendosi conto solo in un secondo tempo che sua madre non avrebbe potuto sentirlo. Ma il movimento delle sua labbra era bastato a catturare l'attenzione della donna, la quale aveva immediatamente premuto anche il naso contro il vetro, oltre che le mani.

Harry aveva deglutito, inspirando un grosso quantitativo d'aria. Almeno, a lui era sembrato un grosso quantitativo; i suoi polmoni, al contrario, la pensavano assai diversamente.

"È aperta" aveva ripetuto, questa volta senza emettere alcun suono, parlando il più lentamente possibile, cosicché sua madre potesse leggere il labiale; cosa che per l'appunto successe.

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