Chapter 15

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*Louis' POV*

Dopo aver ripreso fiato, e dopo aver trovato la forza (o forse la voglia?) di alzarci e rivestirci, non è passato molto tempo prima che la donnina robusta che ci aveva accompagnato in quella stanza circa un'ora prima tornasse, gli occhi spenti, come se non sospettasse di nulla.

Ci siamo cambiati, e poi Harry mi ha caricato in macchina, chiedendomi le indicazioni per arrivare fino a casa mia. Ed io, diligentemente, gli ho indicato la strada, curva dopo curva, semaforo dopo semaforo. Eppure lui non sembrava avere veramente voglia di riportarmi al nido: più di una volta ha sbagliato strada, errori del tutto voluti e accuratamente attuati. Dopo una delle tante volte in cui "purtroppo ho confuso la destra con la sinistra, Louis" lo ho visto lasciarsi scappare un sorrisetto colpevole. Allora avevo deciso di stare al gioco, e sentendomi come l'istruttore di guida quando sei alle prese con il volante le prime volte, lo avevo rimproverato, senza mai rendere il tono della voce più duro di quanto non fosse necessario. Più che correggere i suoi sbagli, sembrava lo stessi accarezzando con gli occhi, cosa che ad Harry non era passata certo inosservata.

"Così è qui che abiti?" mi ha chiesto indicando con un cenno del capo la casa di fianco a noi, praticamente da considerarsi a ridosso della strada, se non per quella sottile striscia di asfalto fungente da barriera architettonica.

"Beh, mi pare ovvio. Di certo non mi sarei mai fatto portare di fronte alla casa di uno sconosciuto, ti pare?" gli ho chiesto inarcando un sopracciglio, prendendomi gioco di lui.

Amo vedere Harry arrossire al suono delle mie parole, ed anche quella volta lo ha fatto, prendendo a giocare nervosamente con le mani, gli occhi bassi e le guance coperte di un rinnovato colore.

"Sì, uhm, suppongo tu abbia ragione" ha detto a bassa voce, per poi schiarirsi la voce, in imbarazzo. Non pensavo potesse essere tanto timido, non dopo quello che era appena successo nello spogliatoio al palazzetto del ghiaccio. Ho sorriso di fronte a tanta innocenza, perché sorridere a volte è l'unica cosa che ci è data di fare.

Ho fatto per scendere dall'auto, ma poi Harry mi ha trattenuto per un polso, costringendomi a restare dove fino ad allora ero rimasto seduto. "Sì?" gli ho chiesto, curioso, e il cuore ha iniziato ad accelerare quando ho pensato che forse mi aveva fermato perché voleva baciarmi.

"Domani- sì, beh, domani dovrei fare l'albero di Natale in casa e mi chiedevo se, uhm- mi chiedevo se ti andrebbe di farlo insieme a me". I suoi occhi sorridevano, le sue labbra tremavano appena. Poi, ha scosso la testa, gli occhi tenuti chiusi per qualche istante. "Scusa. È una cosa così-"

"Ne sarei onorato" ho risposto, bloccandolo. Perché, per quanto mi avesse appena dimostrato come le mie recenti deduzioni fossero errate, quello che mi aveva appena chiesto era stato chiesto col cuore. Ed in quel momento una domanda così stupida (come si era trattenuto dal dire Harry) valeva più di ogni bacio al mondo; era oro, un oro dei pazzi, ma sempre tale restava.

"Allora passo a prenderti domani mattina" aveva risposto lui, riscuotendosi subito, il viso illuminato da una nuova energia.

"A domani" ho sussurrato per poi sporgermi in avanti, i suoi occhi sempre più grandi mano a mano che i miei si facevano più vicini, depositandogli un bacio all'angolo della bocca.

E quando me ne ero andato, avviandomi verso il portone di casa, avevo sentito i suoi occhi trafiggermi la schiena, abbaglianti tanto quanto due fari nella notte.

~

La porta di casa è aperta, mia madre deve essere in casa. "Forse Anne è insieme a lei" penso, sperando però nel contrario. Forse (e dico forse) mi sono deciso a chiarire ciò che è successo fra noi circa una settimana fa. Se qualcun altro fosse presente, la mia forza di volontà probabilmente sfumerebbe, ed è l'ultima cosa che voglio vedere accadere.

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