Capitolo XVIII - Inès

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Mi risveglio dal mio sogno, mi sento strana questa mattina, non sento più i dolori lancinanti del parto, mi meraviglio che siano passati così velocemente. Sento ancora un peso sul cuore, il dolore è troppo e non credo possa passare in una sola notte. Non ricordavo di essere tornata a casa di Daniel, devono avermi portato qui ieri.
Mi alzo dal letto, ho recuperato davvero le forze, vado in cucina, ho fame e voglio fare colazione, ho ancora attaccato al braccio gli aghi delle flebo che mi hanno fatto in ospedale.
Arrivo in cucina, appena mi vede a Daniel cade il bicchiere di latte che si era appena riempito, mi guarda come se avesse visto un fantasma, insomma so di non essere bellissima ma la sua reazione mi sembra eccessiva, dopo mi toccherà pulire tutto il casino che ha combinato.
- Inès, cosa? Ehm tu sei? Ehm ma? - sta cercando di dire qualcosa ma sembra confuso.
- Piano Daniel non fondere il tuo criceto, devi farmi una domanda alla volta. E non guardarmi come se Johnny Depp fosse nella tua cucina.
- Scusami, hai ragione. Ti senti bene? Scusami ma non mi aspettavo di vederti oggi qui.
- Io vivo qui Dan, chi ti aspettavi di vedere? Sono a pezzi, amico, ieri ho perso mia figlia come pensi che mi senta. Però sto morendo di fame, hai fatto la spesa? - certo che il mio coinquilino è proprio strano, ma poi, come ha fatto a farsi crescere tutta quella barba in una notte?
- Nès tesoro ascoltami, è passato quasi un anno da quando tua figlia non c'è più, per tutto questo tempo sei stata in uno stato di shock e non hai parlato, non hai mangiato e non ti sei mossa. Sei stata attaccata a delle flebo che ti nutrivano. Io ti sono stato accanto per tutto questo tempo, questo è il motivo del mio shock e del mio aspetto tremendo.
Mi guardo intorno, la casa ha un aspetto diverso, mi guardo la pancia ed effettivamente non ho più le forme prese in gravidanza, sono molto magra, credo di essere sottopeso, non ho più muscoli ed effettivamente non sento tutto il dolore che sentivo quando ho perso la bambina. Mi sento debole, mi appoggio a Daniel prima di cadere sul pavimento.
- Cos'è successo in tutto quest'anno? - Gli chiedo, voglio che mi aggiorni sui cambiamenti.
- Ho smesso di lavorare e mi sono dedicato alla tua cura, ho avuto davvero paura che non tornassi più da me.
- Cos'è successo a lui l'hanno trovato? - sa benissimo che voglio sapere di Grant ma non vuole affrontare il discorso.
- No Inès, non si hanno ancora notizie di lui. La trovo una cosa positiva, ha fatto perdere le sue tracce. - mi dice lui cercando di consolarmi.
- Oppure è morto nei boschi. - dico io rimanendo realista.
Lui non mi risponde, sa benissimo che potrei avere ragione e non vuole darmi false speranze.
Il dottore arriva immediatamente a visitarmi e dice che sto bene, devo solo ricominciare a svolgere le normali attività.
- Domani torniamo a lavorare - dico a Daniel mentre il dottore lascia il nostro appartamento.
- Ti senti pronta? - mi dice lui, è preoccupato e lo comprendo.
- Sì, siamo mancati per troppo tempo. Avete poi fatto l'intervista a Stark?
- No, è saltato tutto. Lui ha detto che sarebbe tornato solo se lo avresti intervistato tu.
- Chiamalo, ci vediamo domani in sala riunione alle 10.00. - Voglio tornare a lavoro, alla normalità, devo riprendere in mano la mia vita e Daniel ha sacrificato fin troppo per accudirmi, devo sdebitarmi con lui e voglio aiutarlo in tutti i modi.

Quando entriamo in redazione tutti gli occhi sono puntati su me e Daniel, vedo nello sguardo dei miei colleghi che non sanno come comportarsi. Sono tornata dopo un anno di assenza in cui non ero me stessa, nemmeno io saprei cosa dirmi se fossi al loro posto. Ignoro tutti questi sguardi e vado nell'ufficio che condivido con Daniel, ha fatto spostare la mia scrivania vicino alla sua così può tenermi sotto controllo e stare più tranquillo. Lascio tutte le mie cose, prendo un blocchetto e mi dirigo in sala riunioni, sono piena di energia e mi sento in forma, forse è merito dei farmaci che mi hanno dato.
- Buongiorno a tutti - il signor Stark fa la sua entrata teatrale con l'armatura, è così egocentrico, dopotutto lo sarei anch'io se avessi il suo patrimonio.
- Buongiorno Stark - lo saluto mentre gli porgo la mano, lui la stringe.
- Questi sono per lei. - La signorina Potts mi porge dei fiori, la ringrazio gentilmente e cominciamo l'intervista.
Tony Stark continua a fissarmi e non capisco perchè, mi guarda come se mi fosse rimasta un po' di colazione sulla faccia e cerca di capire cos'ho mangiato.
- Signor Stark, ha smesso di produrre armi, crede che le Stark Industries avranno la stessa forza nel mercato?
- Per favore miss Inès chiamami Tony, il signor Stark era mio padre. Questa è una bella domanda comunque a cui non so ancora dare risposta. Ma io ho un quesito che mi porto dietro da tanto tempo e non riesco a trovare una soluzione. Se lei dovesse utilizzare un materiale per mantenere in vita un reattore che sfrutta le energie rinnovabili per alimentare un corpo cosa utilizzerebbe?
- Del palladio probabilmente - rispondo io, lui non si aspettava una risposta da me.
- E mettiamo che il palladio si esaurisca troppo velocemente ed intossichi le molecole del corpo che lo ospita come penserebbe di sostituirlo?
- Attualmente in natura non credo esista un materiale che sostituisca il palladio ma sono sicura che con il suo genio e con anni di esperienza potrà trovare una soluzione al suo problema.
- Sono sorpreso signorina, per caso ci siamo già visti in passato?
- Io ho visto lei ma non credo che lei abbia mai visto me, forse tempo fa ha visto un mio progetto ma non lo ricorderà nemmeno. involontariamente le avevo copiato l'idea di J.A.R.V.I.S.
- St. Peters vero?
- Esatto signore.
- Non dimentico una mente brillante ragazza, ti avevo offerto un lavoro perchè non lo hai accettato?
- Secondo la sua lettera dovevo laurearmi ma qualcosa me lo ha impedito.
L'intervista si conclude in modo soddisfacente, i redattori hanno abbastanza materiale per redigere un articolo superbo. Non so perchè ma quando sono vicina al signor Stark mi sento protetta e a casa, deve essere per il fatto che è un supereroe o forse perchè l'ultima volta che l'ho visto la mia vita era perfetta.

Oggi pomeriggio comincio un gruppo di sostegno per madri che hanno perso i figli, sono la più giovane qui, ma stare in una stanza con altre donne che hanno sofferto la mia stessa perdita mi aiuta a stare meglio. Ad un tratto vedo entrare nella sala Natalie Rushman, non la vedo da quando siamo atterrate a New York, vado a salutarla e lei ricambia calorosamente.
Le racconto tutta la storia e lei si commuove, mi abbraccia e mi dice che andrà tutto bene.

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