Capitolo L

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Un anno dopo…

Tutto tace. Il silenzio avvolge completamente il pianeta così come il resto dell’universo. Da quando Thanos ha schioccato le dita e spazzato via metà della popolazione non si sente più niente. Il cinguettio costante degli uccelli si è trasformato in un lieve richiamo, le persone che affollavano le strade non sono altro che pochi superstiti, tutti si aggirano come fantasmi per le vie del centro, non c’è nemmeno l’ombra di un sorriso sui loro volti. Nessuno prova più niente. Si incontra gente, si vedono volti, ma tutto non fa che ricordare quello che abbiamo perso, chi abbiamo perso.
Le persone scomparse, “gli svaniti” come li hanno definiti i governi di tutto il mondo, non torneranno più. Si cerca il modo di andare avanti, si lotta per sopravvivere, ma il vuoto che hanno lasciato è incolmabile, noti la loro assenza in tutto.
Continuo a fissare la porta davanti a me, ho provato varie volte a bussare, ma sembra che la mia mano non voglia colpire il legno. Non so come giustificarmi per quello che è successo, non so come spiegare perchè ci abbia impiegato tanto a presentarmi, mi fece una domanda ed io le devo una risposta da troppo tempo ormai. Trovo il coraggio che si era nascosto infondo al mio cuore, e finalmente riesco a colpire la porta, un tocco indeciso, quasi impercettibile, quel tanto che basta per non essere sentito. Lei, però, mi aspettava ed ha aperto la porta all’istante, come se sapesse che ero lì, in attesa di non so nemmeno più cosa. I suoi occhi pieni di speranza incontrano per un istante i miei che ormai sono spenti da qualsiasi tipo di emozione. Il buio attraversa il suo sguardo.
<<Accomodati>> mi dice con titubanza. Io entro in casa sua a passo incerto, consapevole delle brutte notizie che le sto portando. Ci sediamo davanti ad una tazza di bollente tè nero, i biscotti nel piattino credo che nessuno abbia abbastanza appetito per mangiarli, ma ne prendo uno per non sembrare scortese. <<Lei è morta?>>
Rimango immobile, non riesco ad alzare lo sguardo dal mio tè. So che il dolore di vederla con l’animo infranto mi farebbe crollare, tutto diventerebbe più reale. Secondo Tony Stark, Thanos, ha fatto esattamente quello che aveva promesso: genocidio imparziale.
<<Il tuo silenzio è già una risposta>> guardo la lacrima che attraversa la guancia di Giorgia ed il mio cuore manca qualche battito. <<Perché non sei venuto prima?>>
<<Stark impiegò qualche settimana a tornare ed io volevo esserne certo>> rispondo a mia nipote.
<<Ora mi puoi dire la verità…Tu non sei un insegnante di storia a New York, vero?>> Scuoto la testa ed un sorriso forzato appare sul suo volto. <<Lo sapevo.>>
<<L’ho persa di vista quando lei ha seguito altre strade.>>
<<Grant Ward>> è strano sentir pronunciare quel nome da un membro della mia famiglia. <<Quel ragazzo le ha portato tanta felicità, ma anche tanto dolore. Non ho mai capito se mi piacesse.>>
<<Lei lo amava, al punto da rischiare tutto per lui. Non le ho nemmeno chiesto scusa…>>
<<Per?>> chiede Giorgia corrugando la fronte.
<<Per averlo ucciso. Aveva ragione lei, ho agito solo per vendetta. Durante una missione, di recente, sono stato bloccato in una specie di universo parallelo. Ho conosciuto un Ward diverso, era buono, aveva incontrato le persone giuste. Forse c’era ancora del buono in lui ed io non ho voluto dargli un’occasione. Ho permesso ad un figlio di perdere il padre.>>
<<Un figlio?>> Giorgia mi guarda con gli occhi spalancati. Io annuisco con un po’ di vergogna per aver infranto la promessa di mantenere il segreto. <<Dov’è adesso?>>
<<Inès lo aveva lasciato da Daniel Peterson prima di partire, quando Stark è andato a riprenderlo non c’era. Daniel era solo, in preda alla depressione più profonda per aver perso la famiglia.>>
<<Non riesco ancora a crederci, povero bambino. Marta sarà distrutta.>>
<<Povera donna, ha perso così tanto in un giorno solo: Asgard, metà del suo popolo, l’uomo che amava, sua madre, sua figlia, suo nipote. Onestamente la sua forza mi stupisce, è riuscita a creare una fondazione per i bambini rimasti orfani con il Blip.>>
<<È sempre stata una brava persona, almeno le resta ancora Pablo>> commenta Giorgia. <<Inès sarebbe contenta di sapere che Josè, Miguel e Cressida sono svaniti.>>
<<Emozionata per il fidanzamento?>> chiedo soffermandomi a guardare l’anello al suo dito.
<<Molto>> risponde lei con un leggero rossore sulle guance. <<Anche se mi sento in colpa, io posso andare avanti con la mia vita ed Inès invece…>>
<<Devi continuare a vivere, lei avrebbe voluto che andassi avanti.>>
Continuo la conversazione con Giorgia consolando i suoi singhiozzi ed asciugando le lacrime.
Mi congedo appena si riesce a calmare. Salgo sul Quinjet e penso a quanto sia stato fortunato per non aver perso nessuno della mia squadra, sarei impazzito dal dolore se fosse successo qualcosa ad uno di loro. Non ho più paura della morte, ormai l’ho già affrontata più volte e so quello che mi aspetta, ma ho paura di perdere qualcuno a cui tengo. Non voglio vederli andare via prima di me.
Arrivo nella base dello S.H.I.E.L.D. e May è già sulla pista d’atterraggio che mi aspetta.
<<Sono arrivati tutti?>> le chiedo piegando l’angolo della bocca in un sorriso. Lei annuisce ed insieme ci dirigiamo verso la sala comune. Ho organizzato una piccola commemorazione per Inès, anche se l’ultima volta che ci siamo visti il suo sguardo era pieno di odio per me, le ho voluto bene. Ricordo ancora la prima volta che la vidi nella sua casa in Missouri, ero con Fury per il nostro solito giro di controllo. Lo S.H.I.E.L.D., ed ancora prima la S.S.R., una volta ogni sei mesi organizzava un visita ad “alieni” che vivono sul nostro pianeta. Lo scopo era quello di assicurarsi che nessuno di questi avesse intenzioni ostili, io partecipavo per curiosità. Mi chiedevo come vivessero nel resto dell’universo. Inès era poco più che una bambina e nella sua vita c’era già Ward, avevano un passato insieme e stavano costruendo un futuro che ho strappato per mero egoismo, non credo di potermelo perdonare, non ho mai agito per vendetta, Ward è riuscito a tirare fuori il peggio di me.
<<Benvenuti>> mi rivolgo alla platea davanti a me. I miei occhi sono ridotti ad una fessura perchè la luce dei faretti è troppo alta. <<Non credo di essere la persona più indicata per parlare di Inès, l’ultima volta che ci siamo visti l’ho ferita e non sono riuscito a chiederle scusa. Ringrazio ognuno di voi per essere qui oggi per ricordarla insieme a me, malgrado le nostre incomprensioni lei era un agente dello S.H.I.E.L.D. e come tale…>>
<<Dubito lei voglia essere ricordata come agente dello S.H.I.E.L.D.>> una voce giunge da dietro una colonna, non appena l’uomo esce dall’ombra non riesco a credere ai miei occhi. Captain America è nella mia base. <<Inès è…era un Avengers, un’amica, ma non un agente. Lei lottava per ciò che riteneva giusto, non per ciò che le veniva imposto. Inizialmente non capivo perchè continuasse a difendere Grant, nonostante lui fosse dell’HYDRA, così un giorno ci siamo seduti davanti ad una tazza di tè, mi ha raccontato la loro storia, il loro amore. Mi ha detto che esiste una sottile linea tra giusto e sbagliato, la linea è dettata da chi racconta la storia. Per questo ci tengo a ricordare Inès non come un agente, ma come una donna forte, una mamma, una figlia, una sorella. Di certo non era come voleva lo S.H.I.E.L.D., ma era perfetta così com’era.>>
<<Andiamo, era mia figlia come poteva non esserlo>> Stark entra nella stanza, indossa la sua armatura e scopre il suo volto dal casco per un istante. Il collega gli fa un cenno del capo per salutarlo e dopo essersi guardati qualche istante negli occhi continua <<Abbiamo combattuto Thanos e lui ci ha distrutto, portando via le persone che amavamo, lei non c’è e non è una cosa da cui possiamo riprenderci. Fingo di star bene, che non sia successo, ma quando torno a casa e lei non c’è tutto diventa reale, ed io non so come accettarlo. Non ho una lapide su cui piangere, mi è stata negata. Speravo che venire qui mi aiutasse ad andare avanti, sbagliavo. Coulson non ha diritto di parlare di mia figlia, non dopo quello che le ha fatto.>> Stark esce dalla sala senza guardarsi indietro, le sue parole erano dure ma venivano dal profondo del cuore.
<<Si riprenderà, vedrai>> commenta Natasha alzandosi in piedi e raggiungendo il centro.
<<Vuoi dire due parole su Inès?>> chiedo retoricamente, lei annuisce. Non avevo notato la sua presenza prima, mi volto verso il pubblico e vedo anche Bruce Banner che alza una mano e mi saluta con un cenno.
Un sorrisetto involontario compare sulle mie labbra, mi sento come un bambino al luna park.
<<I più veterani di voi mi conoscono personalmente, altri avranno sentito parlare di me o avranno visto le foto al centro di addestramento. Anch’io ero un agente, ho conosciuto Inès per la prima volta quando l’ho reclutata per unirsi a noi. Dovevo studiarla attentamente, ma da subito ho capito quanto fosse speciale, per questo chiesi a Fury di diventare il suo AS. Barton si è unito appena ha visto il suo potenziale. Sono sicura di parlare anche a nome suo quando dico che ci siamo affezionarti in pochissimo tempo a quella dolce testarda. È entrata a far parte della nostra piccola famiglia>> Natasha si passa la mano sulle guance per asciugarle. Il capitano tiene i gomiti appoggiati sulle ginocchia e la faccia immersa nelle sue mani, sono tutti addolorati per la scomparsa della loro amica. <<Ha lasciato un vuoto incolmabile, con lei se n’è andato anche un pezzo del mio cuore.>>
Natasha abbassa lo sguardo ed un singhiozzo esce dalle sue labbra mentre si allontana, esce dalla stanza e subito dopo la seguono anche i colleghi Avengers.
Vorrei seguirli, offrirgli il mio aiuto e dirgli che insieme possiamo farcela. Ma non so cosa potremmo fare. Quello che ha fatto Thanos, tutto quello che stiamo vivendo è irreversibile.
Noi umani siamo strani, ogni giorno allontaniamo l’idea della morte solo per riuscire a vivere, diamo per scontato di poter vedere il giorno dopo, di avere tutto il tempo per sistemare le cose, ma non è così. Le nostre vite solo limitate, effimere, destinate a finire nell’oblio. Ci rendiamo conto di quanto siamo fragili solo quando perdiamo una persona, e adesso, chi più e chi meno, stiamo soffrendo la mancanza di qualcuno. Cerchiamo di combattere, di andare avanti, ma non riusciamo a superare la malinconia per quelle sedie vuote.

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