Capitolo XXIV - Inès

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Tony Stark torna in hotel, io decido di fare una fermata a casa della mia vecchia amica Giorgia, sono anni che non ci sentiamo e non so nemmeno se si trova in zona oppure se ha cambiato città, voglio fare una passeggiata quindi vado a piedi.

Per arrivare a casa della mia amica passo attraverso il parco, tantissimi ricordi mi passano davanti agli occhi, è come se le immagini proietassero qualcosa che sta accadendo in questo momento, la mente umana è davvero strabiliante. Vedo me e Grant che corriamo in questo parco tutte le mattine prima di andare a scuola, sembrano passati secoli ed invece sono solo quattro anni fa. Mentre penso tutto questo mi accorgo che ho cambiato strada, sto andando verso il bosco, mi sembra  di essere tornata la vecchia ragazzina spaesata ed indifesa, non avevo mai provato nostalgia per questi posti mentre ero lontana ma ora che sono qui sento più che mai la mancanza di quei momenti.

Cammino per chilometri, e finalmente raggiungo il rifugio che Grant aveva costruito per noi, le lacrime iniziano a scendere senza che io possa controllarle, sto piangendo davvero tanto ultimamente, nom è da me.
C’è ancora l’arco del matrimonio, i fiori ormai non ci sono più e le edere hanno coperto tutte le decorazioni fatte da mio marito. Passeggio tra i ricordi e le emozioni che mi da questo posto, decido di entrare nella casetta. 
L’odore del legno mi invade i polmoni, si vede che questo posto è abbandonato da anni, è tutto esattamente come lo avevamo lasciato, noto però una cosa insolita sotto al letto sembra una scatola, decido di tirarla fuori, su di essa c’è scritto “Spero potremo rivederci presto, forse non mi perdonerai ma devo provare a cercarti. Tuo Grant”. Apro la scatola e dentro ci sono tantissime lettere piene di francobolli ma mai spedite, c’è il mio nome come destinatario ma manca l’indirizzo, chiaramente lui non poteva saperlo. 
Sotto a tutte le lettere ci sono delle foto di me e Grant il giorno del matrimonio, ero davvero orrenda con i capelli spettinati ed una tuta che poteva tranquillamente essere usata come pigiama, lui era bellissimo invece, ci sono anche delle foto di quando avevo cambiato il vestito, è stato un giorno magico, giro una delle foto, quella più grande e dietro c’è scritto “è stato un giorno magico anche se era l’ultimo insieme, spero che un giorno nostro figlio vedrà queste foto e ci ricorderà felici”, ma nessun bambino vedrà mai queste foto e questo mi spezza il cuore. Rimetto tutto nella scatola e decido di prenderla con me, al suo posto lascio una lettera così se mai Grant dovesse tornare qui saprebbe che ho ricevuto il suo dono.
- Sapevo di trovarti qui. - un voce piomba nel silenzio, sussulto per lo spavento. 
- Miguel, cosa vuoi? Vai via non sono dell’umore per parlare con te ora. - cerco di andare via
- Non così in fretta Inès. - si chiude la porta alle spalle, la vecchia me avrebbe avuto paura, ma adesso so bene cosa sono e non mi faccio intimidire da un bullo presuntuoso.
- Non costringermi a farti del male Miguel, sai che posso farlo - lui si tocca la cicatrice.
- Non voglio farti del male Inès, sono cresciuto ormai, volevo solo parlarti. Sto facendo un percorso di riabilitazione, devo accettare i miei errori e chiedere scusa per il male che ho fatto alle persone,  e tu sei una di quelle che ho ferito maggiormente. Mi dispiace, davvero. 
- Non ti credo Miguel, posso anche accettare le tue scuse ma questo non cambia niente tra noi, mi dispiace ma adesso devo andare. - Lui non fa obiezioni ed esce prima di me. Finalmente sono pronta per andare dalla mia amica, e mi incammino a passo svelto.

Quando arrivo a destinazione suono il campanello, nessuno risponde al citofono ma vedo che la porta si apre ed esce Giorgia, forse aspettava qualcuno, quando mi vede corre lungo il vialetto di casa sua a piedi nudi e mi salta al collo, non sono una tipa molto affettuosa ma oggi sembra se ne siano dimenticati tutti e continuano ad abbracciarmi e baciarmi come se fosse la prima volta che mi vedono, mi sembra eccessivo.
Giorgia non sapeva niente di quello che è successo, le ho dovuto raccontare tantissime cose e le ho anche rivelato di aver trovato mio padre.
- Davvero Tony Stark è tuo padre?  - la mia amica ha lanciato un acuto che per un attimo ho temuto che si rompesse il timpano. 
- Si davvero - le rispondo io, non ho certo il suo entusiasmo per la cosa. 
- E Grant? - questa è la domanda che fa sempre più male, ogni volta è un colpo al petto. 
- Non lo vedo dal giorno del matrimonio, non sa nemmeno della bambina. Ma piuttosto parlami di te, come va la tua vita amorosa? - le faccio la domanda per sviare il discorso. 
- Io e Jonathan stiamo ancora insieme e tra noi va tutto bene, probabilmente tra qualche anno quando finiremo il college ci sposeremo, sai non vogliamo fare le cose in fretta siamo ancora giovani, cerchiamo di non fare errori. - sapevo che lei non aveva mai approvato le scelte di me e Grant, ma di solito era più brava a nasconderlo. 
- Fino a quando rimani? - mi chiede lei senza lasciarmi il tempo di rispondere, si è accorta che la sua affermazione di prima mi ha leggermente turbata. 
- Sarò qui fino a domani sera, poi tornerò a casa. - in realtà non so nemmeno io dove andrò, Daniel vorrebbe che tornassi a New York da lui, Tony che andassi a Malibu ma io devo tornare allo S.H.I.E.L.D. e mantenere fede al patto che ho fatto quando mi sono arruolata. 
Torno in hotel appena in tempo per la cena con mio padre, mi cambio d’abito e metto un vestito da sera lungo, siamo in un hotel di lusso non posso certamente presentarmi al ristorante in ciabatte, anche Tony indossa un vestito elegante, forse è meglio se inizio ad abituarmi a tutte queste cose lussuose. Ci accomodiamo al tavolo e mio padre ordina una bottiglia di vino dal sommelier, ci portano i menù e arriva la cameriera a prendere le ordinazioni, appena alzo lo sguardo dal foglio entrambe ci riconosciamo è Cressida Clark, non posso credere che sia finita a lavorare qui, sicuramente mi sputerà nel piatto.
- Non posso crederci, guarda un po’ chi è tornata dalla galera, Inès Ecìja - dice lei con il suo solito tono da stronza acida, sono passati anni ma ancora le strapperei tutti i capelli.
- Non ti hanno presa ad Harvard? Forse non accettano gli stronzi? - le rispondo in modo sarcastico, se non fosse imbarazzante mi batterei il cinque da sola. 
- Vedo che nemmeno Stanford ti è andata bene, ti sei messa a fare la escort per gli uomini ricchi adesso? Dove hai lasciato Grant? - sembra che stia parlando con una bambina per la voce che fa, mi alzo in piedi così posso guardarla dritta negli occhi e godermi la sua faccia.
- Sai Cressida, non ho bisogno delle tue battute per vedere che Grant non è qui con me, so che tu lo fai solo per farmi soffrire ma ho smesso di dar peso a quello che dici molto tempo fa, non mi interessa la tua opinione e non mi è mai interessata, quelli che ho passato con Ward sono stati anni felici, ho lottato per lui e ho vinto, ci siamo sposati a te invece c’è rimasto? Te lo dico io, niente, solo il rimpianto di non esserci riuscita, di non essere stata in grado di distruggerci. Puoi continuare a volere la mia vita ma credimi se ti dico che l’avrei ceduta volentieri per una più tranquilla come la tua. Ed adesso, per favore, lascia che io e mio padre consumiamo la nostra cena senza il tuo disturbo. 
I suoi occhi sono sgranati  e le sue guance sono diventate più rosse del vestito che indosso, mi dispiace averle detto tutte queste cose, forse ho passato il segno ma mi sono stancata di tutte le sue cattiverie.
- In che senso sei sposata? - mi chiede mio padre quando mi siedo al tavolo, bevo un sorso di vino e annuisco con la testa, stringo forte la collana che mi aveva regalato Grant anni fa, chissà se lui indossa ancora il braccialetto che era abbinato.  
- Sì, è successo molti anni fa, con il padre della mia bambina, ma non so dove sia adesso. 
- Se vuoi possiamo cercarlo insieme. - mi dice mio padre rincuorandomi.
 - Grazie Tony ma per il momento voglio concentrarmi sulla mia carriera allo S.H.I.E.L.D.

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