Capitolo XXVII - Inès

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Stanotte non ho dormito molto, sentivo continuamente urla di dolore e spari, ma non sento la stanchezza, non posso permettere che niente spenga i miei riflessi, Hartley dice che dopo qualche settimana qui smetti di sentire tutti quei lamenti e le poche ore che ti concedono per dormire le sfrutti a pieno.

La sveglia è all’alba e non ci danno nemmeno la colazione, a quanto pare ci daranno solo il pranzo e l’acqua è un lusso che non possiamo permetterci, arrivano pochi bicchieri al giorno e non sono nemmeno sicura che sia potabile. 

Ci scortano sul nostro posto di lavoro, al momento non ci sono pazienti quindi ci ordinano di sistemare l’attrezzatura ed una volta finito dobbiamo andare ad avvolgere i cadaveri nei lenzuoli bianchi, Matt mi ha detto che è uno spettacolo disgustoso. 
Mentre finiamo di sistemare tutto arriva un uomo pelato con una cicatrice da ustione sulla faccia accompagnato da un ragazzo basso e magrolino,  vedo che sono tutti sugli attenti ed impettiti. Il terrorista si mette davanti a noi e ci osserva.
- Bel viso, bel corpo lei possiamo scambiarla al mercato delle donne, un'occidentale la vorranno tutti nel proprio harem, lui invece è figlio di un ricco imprenditore possiamo chiedere il riscatto e comprare un bel po’ di armi da loro. - parla nella sua lingua ma io capisco lo stesso quello che dice anche se lui non lo può sapere. La domanda che mi sorge spontanea è: chi sono “loro”. Adesso non ho tempo comunque per occuparmi di questo, veniamo portati via con la forza e caricati su un furgone, ci mettono nel retro, in mezzo a soldati armati, uno di fronte all’altro, per fortuna nessuno mi ha perquisito quindi ho ancora le mie armi. Appena siamo fuori dal villaggio con un calcio disarmo i due soldati di fronte a me, e prima che i due sorveglianti al mio fianco  se ne accorgano ho già trafitto la loro gola con i coltelli che ho estratto dalle cavigliere. Tiro fuori le pistole più in fretta che posso e le punto sui due ragazzi disarmati, alzano le mani in segno di resa e li lego, schiena contro schiena, con le manette che avevano portato per noi, gli tappo con un fazzoletto la bocca così non possono parlare. Matt mi guarda come se fossi un alieno, beh in effetti per metà lo sono. 

Arriviamo a destinazione, il furgone si ferma e l’autista viene ad aprire il portellone posteriore, lo aspetto, con la pistola puntata e appena apre gli piazzo un colpo dritto tra gli occhi, attenta a non farmi vedere scendo dal furgone ed esamino l’ambiente circostante, faccio segno a Matt di seguirmi. Siamo in una specie di grotta, nemmeno qui prendono i miei sofisticati attrezzi di comunicazione, lo S.H.I.E.L.D. non mi troverà mai qui, sempre che mi stiano cercando. Ci aggiriamo all’interno di questa base cercando di non fare rumore, io riesco ad essere abbastanza silenziosa e veloce, ma ammetto che il civile che ho deciso di salvare mi rallenta molto. Vedo l’uscita della grotta ma c’è un guardia a sorvegliare tutto, guardo in alto e noto che ci sono dei modi per arrampicarsi e cogliere la guardia di sorpresa, devo toglierla di mezzo a mani nude, un colpo di pistola potrebbe allarmare gli altri.  Eseguo il piano e cado esattamente sul soldato, mettendo le mie gambe attorno alla sua testa, estraggo velocemente il laccio del mio bracciale e lo avvolgo attorno al collo dell’uomo, mi giro per vedere se c’è qualcuno e noto che ci sono un gruppo di soldati ed uno di questi tiene una pistola puntata sulla tempia di Matt. 
- Lascialo o sparo. - mi ordina il soldato, ho pochissimo tempo per pensare, se lascio l’uomo salverò la vita di Hartley ma condannerò anche me, se lo ammazzo ho una possibilità di scappare ma Matt morirà, la mia mente viaggia velocissima e alla fine decido che non posso far morire un civile in una battaglia che non è sua, lascio l’uomo e metto le mani dietro la testa, questo mi da un pugno in una costola e mi lega le mani dietro la schiena con delle manette. Gli uomini mi perquisiscono e mi tolgono tutte le armi poi ci chiudono entrambi nella stessa cella.
- Forse dovevi informarmi prima del tuo piano, così avrei scelto se seguirlo o no. - mi dice sottovoce Matt appena si chiudono le sbarre della prigione. 
- Non sapevo se potevo fidarmi o no di te, ed ho deciso di provare a salvarti un grazie basterebbe. Non metterti a frignare adesso, lasciami pensare.
- Grazie? Ma grazie per cosa? Adesso è sicuro che mi ammazzeranno 
- No non lo faranno gli servi vivo, vogliono il riscatto pagato da tuo padre, ti lasceranno andare, gliel’ho sentito dire al villaggio. 
- E di te che ne faranno? Tu capisci quello che dicono? - stiamo ancora sussurrando anche se siamo rimasti soli.
- Mi venderanno ad un mercato di prostitute o cose simili, ma troverò il modo di salvarmi non preoccuparti per me. Quando sarai libero cerca Tony Stark e dirgli tutto, lui mi aiuterà. 
- Ma tu chi sei veramente? 
- Solo Mary, non ti serve sapere altro. - Continuo con questo nome falso fornitomi dallo S.H.I.E.L.D. non mi fido ancora di Hartley.  

Passiamo la notte qui, ci danno del cibo e dell’acqua, costringono Matt a fare un video messaggio per suo padre dove chiede i soldi del riscatto e lo truccano per farlo sembrare in ottima salute, ma in realtà ha il viso scavato per la disidratazione. 
Il messaggio è abbastanza convincente, Matt sa mantenere la calma sarebbe stato un volontario perfetto se non gli fosse successo tutto questo. 
Anche se viene da una famiglia ricca ed importante non è per niente viziato e ammetto che la cosa mi sorprende, pensavo che tutti i ricchi fossero dei snob ma lui riesce ad adattarsi bene alle situazioni. In questo momento mi rendo conto di aver giudicato troppo in fretta mio padre, gli ho chiuso la porta in faccia ma forse non lo meritava, se mai dovessi tornare a casa lo cercherò e proverò a conoscerlo meglio. Truccano anche me e mi mettono un vestito elegante molto scollato, con la pancia scoperta e molto corto, mi fanno indossare dei tacchi, mi sento molto a disagio vestita così, tra i loro discorsi capisco che stanno per arrivare degli impresari per valutare “la merce”. Mi vengono i brividi solo a pensare a come vogliono valutare. Inzio ad avere un po’ di paura.

Sento delle voci in lontananza che parlano la lingua del posto, uno però ha un accento americano, l’ansia sale sempre di più, sono disarmata e degli uomini mi compreranno come se fossi una mucca, speravo in una fine migliore per me. 
Le voci sono lontane, non riesco a capire bene quello che stanno dicendo, sono confuse, sento molti passi, ne riesco a riconoscere otto diversi ma sicuramente saranno molti di più, Matt si avvicina a me e mi stringe la mano, la bocca, senza emettere alcun suono, mima la frase “grazie per il tuo aiuto, manderò qualcuno a cercarti quando tutto questo sarà finito”, accetto quel gesto e stingo la sua mano in segno di gratitudine, sono pronta ad affrontare il mio destino, prima o poi lo S.H.I.E.L.D. si accorgerà della mia assenza.

Entrano nella stanza i soldati dei nemici accompagnati da due uomini in giacca e cravatta, hanno un completo nero ed indossano degli occhiali da sole scuri, appena riconosco uno di loro il mio cuore inizia a battere più veloce, sembra che voglia uscirmi dal petto, mi sudano le mani e mi tremano le gambe, se non ho avuto un’allucinazione dovuta alla mancanza di acqua quello è Grant Ward.

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