Apro gli occhi e li richiudo subito. Devo sbattere le palpebre un po’ di volte prima di prendere il totale controllo del mio corpo. Sento la testa che mi scoppia e ci metto alcuni istanti prima di ricordare quello che è accaduto, prima di rendermi conto che sono nella mia armatura. Mi guardo intorno accorgendomi che sto fluttuando nello spazio. Vedo Thor pochi metri più avanti e mi sforzo nel tentativo di avvicinarmi a lui. Il suo corpo non è ancora congelato, forse ha qualche possibilità di sopravvivere anche se siamo in mezzo alle macerie e al nulla.
<<Friday, quanto possiamo resistere ancora?>>
<<Le manca mezz’ora e poi non avrà più aria, signoria Stark.>> Il computer fa apparire un timer davanti ai miei occhi, segnando quanti minuti mancano alla mia dipartita.
<<Posso raggiungere un pianeta in volo?>>
<<Negativo, i propulsori sono esplosi con la navicella.>>
<<Siamo spacciati, dunque.>>
<<Ho inviato una richiesta di soccorso.>>
<<Grazie>> rispondo scivolando di nuovo in un sonno profondo.***
Mi sveglio di soprassalto in un comodo letto. L'armatura non è più intorno al mio corpo. Mi guardo intorno e vedo una stanza completamente sottosopra. Provo ad alzarmi dal letto e riesco nel mio intento al terzo tentativo, quando le mie gambe sembrano essersi finalmente abituate alla nuova forza di gravità. Mi avvicino alla scrivania e vedo appoggiato su essa c’è un vecchio modello di iPod, lo prendo in mano e studio la playlist. Sono tutte canzoni degli anni ‘70. Accatastata sulla sedia c’è una pila di vestiti ed in cima c’è una giacca marroncina con lo stemma di una fiamma ricamato sul petto. Annuso la giacca, ma l’odore sgradevole mi fa allontanare subito dall’oggetto.
<<Non ci sono molte docce da queste parti>> dice una voce alle mie spalle. Mi giro di scatto e vedo un ragazzo che mi guarda attentamente. Istintivamente tocco il polso per cercare la mia armatura. <<Cerchi questo?>> chiede lui facendo girare il mio braccialetto su un dito. <<Ho pensato di togliertelo mentre dormivi, non volevo mi uccidessi… prima del tempo. Thor dice che sei letale quando devi difenderti.>>
<<Dov’è Thor?>> chiedo con un’inconsueta aggressività.
<<È partito per Nidavellir con Rocket e Groot.>>
<<Per dove?>>
<<Nidavellir, ha farfugliato qualcosa su martelli e armi.>>
<<Lui non mi avrebbe abbandonata>> commento.
<<Non sei sola, ci siamo noi.>>
<<Non so nemmeno chi sei.>>
<<Scusa, ho dimenticato le buone maniere. Io sono Star Lord, il capitano di questa astronave e della squadra che ci vive>> dice con fierezza. <<Siamo i Guardiani della Galassia.>>
<<Star Lord? Hai anche un nome serio?>> chiedo io sorridendo compiaciuta.
<<Molto divertente>> risponde lui senza l’ombra di un sorriso. <<Il mio nome è Peter Quill.>>
Peter esce dalla stanza e decido di seguirlo, non ho la più pallida idea di come sia finita su questa navicella, ma se Thor mi ha lasciata qui posso fidarmi di questa gente. Accelero il passo per raggiungere il ragazzo, affiancandolo noto la fronte corrugata e le labbra tese.
<<Cosa ti spaventa?>> chiedo per rompere il silenzio.
<<Thanos>> risponde un altro uomo che ci attende nella sala centrale della navicella. <<Stiamo andando ad Ovunque per affrontarlo e lui se la fa sotto>> continua. Lo osservo mentre si piega in due per le risate che quasi lo soffocano. Peter assottiglia lo sguardo voltandosi verso di lui.
La pelle dell’alieno è grigia ed è attraversata da alcuni simboli rossi. I suoi occhi sono di un azzurro intenso, come quelli che coloravo con i pastelli da bambina.
<<Drax! Non me la faccio sotto>> si giustifica Peter.
<<Tu provi paura>> dice una dolce voce femminile. Mi giro e vedo una ragazza minuta, con due enormi occhi neri. Appena toglie la mano dal braccio di Peter le antenne sulla sua testa smettono di emettere luce. Si avvicina a me e ripete lo stesso gesto fatto poco prima. Aspetta qualche istante poi sgranando gli occhi dice <<Tu, invece, non provi niente.>>
<<Com’è possibile?>> chiede Drax alla sua amica. <<Tutti provano qualcosa.>>
<<Mantis, sei sicura di non aver sbagliato?>> Peter sembra alquanto perplesso.
<<Nessun errore>>
Sento qualcuno che mi afferra da dietro mettendo un braccio intorno al mio collo. <<Non mi fido di chi non prova sentimenti>> dice una seconda voce femminile. Guardo davanti a me e nel riflesso del vetro vedo una donna con la pelle verde ed i capelli rossi. Mantis mantiene la mano sul mio braccio ed inizia a piangere ininterrottamente. <<Che ti prende?>> chiede la donna con freddezza.
<<Lei>> singhiozza Mantis <<Non ho mai provato niente di così atroce.>>
<<Smettila di fare questo>> dice la donna alle mie spalle indicando l’amica.
<<Non sto facendo niente.>>
<<È quello che prova. Sofferenza, lutto, nostalgia, sensi di colpa.>>
Mantengo lo sguardo fisso su un punto indefinito davanti a me per non cedere alle lacrime. Non posso mostrare debolezza davanti a degli sconosciuti. La donna alle mie spalle lascia la presa ed anche Mantis fa lo stesso. Peter mi si piazza davanti dicendo <<Cosa ti è successo?>>
<<Niente>> rispondo puntando i miei occhi su lui.
<<Ne parlerà quando sarà pronta>> dice la donna con la pelle verde. <<Piacere, sono Gamora.>> Mi tende la mano ed io, dopo un attimo di esitazione, la stringo con energia. Lei mi sorride come se volesse farmi capire che comprende il mio stato d’animo. <<Anche tu sei un’asgardiana?>>
<<Per metà.>>
<<Pensavo fossi umana>> interviene Peter.
<<Lo sono.>>
<<Io sono metà terrestre e metà celestiale. Vengo dal Missouri, ci sei mai stata?>>
<<Ci sono nata>> rispondo sorridendo.
<<Gamora, hai sentito? Veniamo dallo stesso posto!>> Peter si gira entusiasta verso la ragazza, ma lei non sta ascoltando. È persa a guardare l’orizzonte. <<Gamora?>>
<<Dobbiamo muoverci>> risponde lei.
Tutti si fanno seri e tornano alle proprie postazioni. Peter continua a frugare nelle sue tasche. <<Cerchi questo?>> dico facendo volteggiare il braccialetto sul mio dito.
<<Ma come diavolo hai fatto?>>
Piego un angolo della bocca all’insù e torno nella sua stanza, lasciando la risposta in sospeso.
Indosso l’armatura. <<Friday, come siamo finiti qui?>> Tutto tace. <<Friday?>> Nessuna risposta.
Esco dall’armatura e come immaginavo la trovo spenta, senza dar segni di vita, forse il computer ha subito danni nello spazio aperto. Cerco tra gli attrezzi di Peter e trovo alcuni cacciavite, inizio a smontare il casco. Dopo aver tolto le viti, averle disposte in ordine sul pavimento e tolto la copertura in titanio trovo due fili spezzati. Unisco i cavi intrecciando i fili di rame. <<Salve Signorina Stark.>> Friday, finalmente, è tornata online. Abbraccio il casco come se finalmente avessi ritrovato un’amica perduta da tanto tempo. Improvvisamente gli occhi dell’armatura diventano rossi <<Nuovo messaggio dal Signor Stark.>>
<<Riproduci>> dico con titubanza. Indosso il casco ed il volto ologrammatico di mio padre compare davanti ai miei occhi. La sua espressione addolorata mi fa sussultare, non ho mai visto mio padre così affranto, nemmeno durante la battaglia di New York.
<<Tesoro, non so neanche se…>> cerca di trattenere il pianto ma una lacrima sfugge al suo controllo e gli attraversa il viso . <<Spero che tu abbia trovato il modo di sopravvivere a quello…>>
<<Signor Stark, sono sicuro che sua figlia stia bene.>> Un ragazzo più giovane di me compare nel messaggio. Riconosco subito il suo costume, prima di partire per Sakaar mio padre ci stava lavorando nel suo laboratorio.
<<Ragazzo, per favore potrei avere la mia privacy?>>
<<Scusi>> dice lui abbassando la testa ed uscendo dall’inquadratura.
<<Tesoro, ti prego, fammi avere tue notizie. Bruce mi ha raccontato quello che è successo ad Asgard e alla vostra navicella. Mi sento terribilmente in colpa per averti spinto ad accettare questa missione, avrei dovuto proteggerti ed essere al tuo fianco. Degli strani alieni hanno invaso la terra alla ricerca delle gemme dell’infinito, quando arriverai a casa non mi troverai, sono su una delle loro navicelle alla ricerca di Thanos. Ti amo, tuo padre.>>
<<Ehi, Signor Stark, ci sono anche io ad aiutarla.>>
<<Forse dobbiamo rivedere il tuo concetto di privacy, origliare i messaggi degli altri non…>> la comunicazione si interrompe. Mi accorgo che la mia respirazione è diventata più affannosa e le mie mani tremano al pensiero di mio padre da solo nello spazio, lui non è abituato a questo mondo, ma, quello che mi spaventa di più, è sapere mio figlio da solo con Daniel sulla terra, saranno spaventati a morte non vedendomi tornare. Spero che mia madre arrivi il prima possibile e si prenda cura di Chris, io devo trovare mio padre ed aiutarlo ad uscire vivo da questa missione.
<<Siamo arrivati>> dice Peter entrando nella stanza.
<<Sono pronta>> rispondo nascondendo l’armatura nel bracciale.
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Stark Undercover
FanfictionUn'incontro casuale ha cambiato per sempre le loro vite. La somiglianza era troppa per essere ignorata, solo il tempo e le ricerche di Tony Stark hanno confermato chi fosse davvero Inès.