Capitolo LXVIII - Grant

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Stanotte ho sognato Inès ed il piccolo Chris, sembravano sereni anche senza di me. Mi alzo dallo scomodo sasso che uso come letto ed aggiungo un segno sul muro per ricordarmi un altro giorno passato in cella. Trenta graffi sul muro significano trenta giorni dietro le sbarre per un crimine che non ho commesso. Durante la mia prigionia non ho ricevuto visite, le poche informazioni che ho dal mondo esterno le origlio nei discorsi che fanno le guardie.

I dati che ho risalgono a qualche giorno fa, in base a quello che ho sentito i Liberatori sono riusciti a scappare dal palazzo del governo in cui ci troviamo ed hanno conquistato il palazzo di giustizia. Thor, Marta ed il traditore Ghom stanno escogitando un assalto per liberare gli ostaggi dai ribelli. Mentre i miei compagni rischiano la vita con quello squallido Vanir io sono impotente nei sotterranei. L'unica compagnia su cui posso contare è l'uomo nella cella accanto alla mia, era qui quando sono arrivato ma non ha ancora pronunciato nemmeno una parola, passa tutto il giorno seduto immobile a fissare il vuoto.

Dalle scale sento arrivare molti più passi rispetto al solito, non mi prendo nemmeno il disturbo di interrompere il mio allenamento per vedere chi sta arrivando. La mia attenzione viene richiamata solo nel momento in cui sento qualcuno entrare nella mia cella, finisco la serie di piegamenti e mi giro. Davanti a me c'è Marta con una ferita sanguinante sul mento.

Ha il volto sconvolto, i suoi vestiti pieni di buchi e la sua pelle è ricoperta di tagli capisco subito che la sua non è una visita di cortesia ma è prigioniera proprio come me.

Cerco di mantenere la calma e di apparire apatico ma credo che il mio sguardo tradisca il disprezzo che provo in questo momento, non si è fidata di me e questo le si è ritorto contro, almeno ora potrà capire che il mio comportamento era sincero.

Senza dirle niente mi siedo per terra appoggiando le spalle al muro, lei non mi stacca gli occhi di dosso nemmeno per un istante e mi guarda come se volesse spiegazioni.

<<Cosa facciamo ora?>> le guardie si sono allontanate e lei rompe il silenzio.

<<Niente>> rispondo io secco.

<<Non possiamo arrenderci>> dice lei.

<<Abbiamo già perso.>>

<<Grant, ho bisogno di te per uscire da questa situazione. Devi aiutarmi>> mia suocera alza la voce credendo che in questo modo mi sproni ad evadere, ma anche se riuscissimo a scappare non avremmo un luogo in cui rifugiarci.

<<Anche io avevo bisogno di te. Volevo solo che tu ti fidassi ma mi hai puntato il dito contro come tutti quanti gli altri. Dimmi, perchè dovrei salvarti la vita?>>

<<Non pensi ad Inès? E a tuo figlio? Vuoi abbandonarli di nuovo?>>

<<È proprio a loro che penso, ed è per lei che ho accettato la missione. Per proteggerla ma non è bastato perchè tu mi hai pugnalato alle spalle>> il mio tono di voce è prepotente ed arrabbiato, la mia compagna di cella non replica e si siede accanto a me.

Rimango immobile con lo sguardo perso nel vuoto per quella che sembra essere un'ora, improvvisamente, senza averne pienamente coscienza, sento l'esigenza di spiegare i miei sentimenti e così dico a Marta <<Sai, io la amo>>.

Mia suocera mi guarda con pietà e timidamente mi dice <<Grant, io so che tu l'ami più di ogni cosa al mondo, ho sbagliato con te e ti chiedo umilmente perdono>> io non le rispondo così lei continua <<Ti ho ingiustamente incolpato, per anni, di aver portato via la mia bambina ma la verità è che sono stata una pessima madre. Ho fatto scelte sbagliate e me ne rendo conto solo adesso. Ho sbagliato tutto con voi, se avessi agito in modo diverso probabilmente non saresti diventato...>> non riesce a trovare le parole per finire la frase.

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