-Dio, che terribile cliché-

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Silenzio. Un silenzio quasi inquietante. Non una battutina, niente sarcasmo. Persino lo stereo persevera in un sordo e teso tacere. Nessuno dei due rivolge lo sguardo verso l'altro: Rodrick continua a guidare con gli occhi puntati sul parabrezza ed io osservo la strada scorrere veloce dal finestrino, assorta. 

Ma, in fin dei conti, cosa dovremmo dirci? E se non fossimo nemmeno più capaci d'interloquire? Forse le dichiarazioni ormai fin troppo esplicitamente fatteci sono insopportabili per entrambi.

Sento, al contempo, di avere tutto e di non avere nulla; di desiderarlo ma fuggirlo, di amarlo ma di odiarlo.

-Ti sto portando da Josephine..- borbotta ad un tratto, inaspettatamente.

-Va bene, grazie...- rispondo, poco convinta.

Ed il silenzio torna a frapporsi tra noi. Questo continuo aria e molla mi sta esaurendo. Penso sia arrivato il momento d i capire se tagliare questo filo o decidere di tenerlo insieme con un nodo bello stretto.

-Rodrick...-

-Alexis-

-Io e te...-

-Io e te cosa?-

-Io e te, cosa siamo...? -

Il ragazzo si volta, osservandomi in modo strano per qualche secondo.

-In che senso "cosa siamo"?- domanda, tornando a fissare la strada.

-Sai benissimo che cosa intendo.-

-Hai veramente così tanto bisogno di definirlo?-

-Non siamo tutti come te...-

-"Come me" come?-

-Senza sentimenti-

-Credo di avertene dimostrati fin troppi di sentimenti poco fa, non trovi?-

Alzo gli occhi al cielo, infastidita dalla sua ironia, decisamente fuori luogo.

-Allora?-

-Da quando tu, la ragazza più impulsiva e confusionaria sulla faccia della terra, hai bisogno di definire qualcosa?-

-E da quando, Mr. Precisino, non sente l'impellente necessità di farlo?-

-Da quando ti conosco, Rainbow, e da quando hai deciso di mandare tutto a puttane.-

-Io non ho deciso nulla!-

-Non ne sono così sicuro.-

Lo guardo in tralice, stizzita; ma decido di non rispondere. Anche perchè, sinceramente, non avrei idea di che cosa dirgli.

Restiamo zitti fin quando non giungiamo di fronte casa di Jusy; Rodrick accosta e si lascia andare sul sedile, incrociando le braccia e chiudendo gli occhi.

-Non vieni?- gli domando, sorpresa.

-Penso che tu debba andare da sola.-

Lo fisso ancora per qualche secondo, per poi prendere le mie cose e balzare giù dal macchinone, senza un'altra, sola, parola

Sento i suoi occhi puntati addosso mentre cammino verso l'ingresso, ma voltarmi sarebbe del tutto inutile: distoglierebbe lo sguardo più velocemente del suo modo di guidare.

Suono il campanello e dopo un po' Josephine viene ad aprirmi, con aria circospetta.Non appena spalanca la porta riesco a malapena a vederla in volto che me la ritrovo con le braccia al collo, piangente.

Cerco di consolarla ma percepisco di essere rigida, fredda. Le immagini passatemi per la mente ancora troppo poco tempo fa non riesco a dimenticarle del tutto.

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