-Capisci?-

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Mi stacco dal corpo del ragazzo, spostando ripetutamente lo sguardo da lui alla porta appena chiusasi.

-Io...io...- balbetto, senza essere mai stata così confusa.

-Alexis, ti prego...non andartene. Ci sono così tante cose che vorrei dirti... - mi bisbiglia, attirandomi tra le sue braccia e tentando di unire nuovamente le nostre labbra.
Ma riesco ad essere più veloce di lui, scansandomi bruscamente.
Senza aggiungere una sola parola spalanco la porta ed esco dalla classe, la quale, tutta ad un tratto, mi risulta eccessivamente stretta.
Non mi preoccupo neanche di recuperare il mio zaino ed inizio a correre il più velocemente possibile per i corridoi.
In mensa non c'è, nella classe del pianoforte nemmeno. Guardo in palestra, negli spogliatoi, eppure neanche lì niente di niente.
Sto per tornarmene a casa, sconsolata e con la testa nel pallone più totale, quando, proprio mentre sono occupata nel tentativo di raccogliere i capelli in uno chignon per lo meno decente, una testolina mezza pelata fa capolino dal bagno più vicino all'uscita.

-Austin- esclamo, raggiungendolo

-Vattene Delany. Non voglio avere nulla a che fare con una puttanella dai mille colori come te-

Le parole mi arrivano dolorose come uno schiaffo in pieno viso. Ma sono certa che non pensi davvero ciò che ha appena affermato.
Si poteva riconoscere un tremolio fin troppo evidente nella voce. A meno che non sia tanto furioso da tremare per la rabbia...

Ma prego tutti gli dei celesti affinché non sia cosi.

-L'altro giorno non mi sei sembrato della stessa idea quando mi hai invitata ad uscire.-

-L'altro giorno ti credevo diversa-

-Diversa in che senso?- rispondo, con quanta più calma riesca a mantenere.

-Nel senso che non ti credevo capace di andarti a limonare altra gente quando avevi un appuntamento in sospeso con questo povero stronzo che ti viene dietro-

-Non è come pensi...-

-Ah no, Delany? Allora dimmi che stamattina ci sei "accidentalmente" caduta sulla bocca di quel coglione e puoi anche non guardarmi in faccia per il resto dell'esistenza-

Ammutolisco per un attimo, quanto basta perché il ragazzo varchi l'uscita con aria stizzita.

Lo seguo, riluttante ed infreddolita per il forte vento che ha incominciato a soffiare sulle mie gambe, lasciate parzialmente nude dall'odiosa divisa di ginnastica. Maledetta me che ho lasciato il giubbino nello zaino con un temporale in arrivo...

-Torna dentro, o morirai congelata vestita così.- esclama, senza voltarsi.

-Non m'interessa-

A questa mia affermazione il ragazzo alza gli occhi al cielo e si leva, sbuffando, la giacca della squadra di football che porta addosso, mettendomela sulle spalle.

-Non era necessario-

-Lo so che non lo era, ma una sbandata non passa esattamente da un momento all'altro, nonostante lo vorrei ardentemente...-

Detto questo mi volta di nuovo le spalle, camminando lentamente in quella che sembra essere la direzione della "nostra" gelateria. Mi seppellisco, nel frattempo, nell'enorme felpa, in modo tale da nascondere l'evidente rossore dipintomisi sulle guance. Ha un profumo davvero buono...

-Austin devi credermi. Le cose sono molto diverse rispetto a quello che probabilmente pensi...- esclamo, affiancandomi a lui.

-Ed allora spiegami, perché davvero non ci sto capendo più niente.-

-È... è complicato.- borbotto facendo freneticamente lavorare quei pochi neuroni rimasti sani nel mio cervello, per capire da che punto iniziare.

-Insomma, noi dovevamo uscire, giusto? Beh, sta di fatto che sabato, davanti al ristorante del tuo amichetto, non ci abbia trovato la tua macchina ma quella di Eliot che, in sostanza, mi ha raccontato un sacco di cazzate. Quanto la tua storia fosse solo un'invenzione volta ad abbindolarmi, di come desiderassi soltanto riscattarti dopo la figura di merda fatta alla festa. Cose così.-

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