Rose bianche e mele marce

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-Quello che ti è successo ha dell'incredibile-

-Sei assolutamente certa che presto potrai tornare a camminare? No, perché, in tutta onestà, sarebbe davvero una bella seccatura doverti portare in giro con la carrozzella...-

-Nicole, smettila di scherzare su queste cose. Piuttosto, avresti dovuto vedere la faccia di Melodie questa mattina! L'abbiamo incrociata in centro prima di venirti a trovare. Ti giuro che non ho la più pallida idea di come l'abbia saputo, ma, non appena ci ha notate, sul suo visino è comparso uno dei ghigni più cattivi che abbia mai visto. Dire che fosse soddisfatta sarebbe davvero riduttivo.-

Sì, purtroppo riesco ad immaginarmela perfettamente l'espressione di quella piccola e perfetta bambolina. Nonostante ciò, la sua perfidia non mi tocca più di tanto; ormai succedono così tante cose volte a farmi infuriare che potrei perfino farci l'abitudine...

Sono ancora nella suddetta ed orribile stanza d'ospedale, con l'unica differenza che sia il nero che il rosso delle magliette indossate dalle mie amiche siano riuscite ad intromettersi in questo tristissimo e monotono bianco. Deve essere circa l'ora di pranzo (il mio orologio credo si sia rotto durante la terribile nottata che ho passato, più precisamente dopo averci vomitato sopra), visto che Josephine, non appena è entrata, ha gettato nella pattumiera una busta del Mac ed una proveniente dal negozio di cibo biologico dietro casa di Nicole. Lei è totalmente fissata con la dieta salutare. Devono aver appena concluso il nostro consueto pranzo domenicale.

Sono ancora piuttosto intontita; le infermiere, infatti, hanno dovuto vedersela con la mia furia omicida, la quale, una volta sbattuto mio fratello fuori dalla stanza, minacciava seriamente di scatenarsi contro chiunque.
Per tenermi ancorata al letto hanno dovuto rifilare nell'antidolorifico un sonnifero che doveva essere piuttosto potente, viste le condizioni nelle quali mi sono svegliata. Ormai io ed il sonno forzato siamo diventati amici inseparabili.

-Come ti senti?- mi domanda Nicole, con finta noncuranza. So che cerca di fare la dura, ma, in queste situazioni, la mia amica è la prima rimanerci male. 

-Sono stata peggio- esclamo, mettendomi velocemente a sedere ed ignorando le fitte continue provenienti dal braccio fasciato.

Il dottore mi ha rassicurato più volte, dicendomi che già tra una settimana potrò fare a meno di questa scomoda imbracatura, ma, sarà per la sua espressione scorbutica, sarà per il dolore non indifferente che vi sembra provenire, non sono riuscita a credergli totalmente.

-Sono curiosa di sapere quando- domanda Nicole, con quell'espressione tipica di chi adora storie nelle quali è coinvolto un qualsiasi tipo di dolore. Come non amarla? 

-Beh, per essere così, da piccola devo aver sicuramente sbattuto la testa da qualche parte, quindi aver provato tanto dolore da finire dritta in ospedale. Ma, in ogni caso, chiederlo ai miei sarebbe del tutto inutile, visto che a malapena si ricordano quale sia il mio nome.-

-Oooooh, insomma Alexis! Vuoi farci credere che il male psicologico provocato dalla fine di un libro non ti ha mai ridotta in condizioni peggiori di queste?- esclama Jusy, facendo una piroetta fino alla poltrona sulla quale si spaparanza.

-Secondo me soffre molto di più per tutti gli insulti che le rivolgono, specialmente per quelli molto particolari di Anderson- sogghigna Nicole, tirando fuori dal suo zaino un pacco di gallette al riso ed appoggiandolo sul comodino. Mi fa schifo quella roba, ma la mangio soltanto per farla contenta.

-Oh sì, guarda come, al solo pensiero, il mio corpo, la mia mente e la mia anima inizino a piangere- ribatto, portandomi alla fronte il braccio buono con fare teatrale.

-Delany, come sei strana! Delany, come te la tiri! Delany, una disordinata come te ed un maniaco della pulizia come me non possono respirare la stessa aria, potresti gentilmente cambiare piane...-

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