Un pianista da salvare

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Alcuni raggi del primo sole invernale penetrano tra le persiane, illuminando la stanza con una luce fredda molto rilassante.
L'atmosfera sembra meravigliosa e questo letto è così comodo...penso che potrei restare così per sempre.
Ma l'attimo di relax dura poco, poiché un forte rumore mi fa d'un tratto sobbalzare.
Apro un occhio, ritrovandomi davanti la mia amica, intenta ad alzare le tapparelle ed ad aprire le enormi porte finestre che circondano la sua stanza.
Una folata di vento freddo mi penetra nelle ossa.

-Nicole...ma che cazz... ci saranno 2 gradi sotto zero...-

-Pensi m'importi qualcosa?-

-Sí, la mia salute dovrebbe interessarti...-

Si volta verso di me con un'espressione ferita palesemente finta; da quando la conosco, nessuno è mai riuscito, pur provandoci, a farle del male.

-Punto numero uno, mi ritengo offesa per il fatto che tu non creda che mi stia a cuore il tuo benessere. Punto numero due, ricordi la prima regola per avere una felice convivenza con Nicole Haze?-

Alzo gli occhi al cielo, scostando le coperte.

-La stanza deve prendere aria...-

-Esattamente, ed ora muovi il tuo "fantastico" culo ed aiutami a preparare la colazione; mamma, per nostra sfortuna, è uscita presto di casa.-

-Povera principessa...-

Mi vedo un cuscino volare sopra la testa.

-Per questa non ti lascio a digiuno solo perché ieri hai vomitato anche l'anima-

Dopo una colazione a base di gallette integrali e marmellata di lamponi, mi chiudo in bagno per rendere il mio aspetto almeno vagamente presentabile. Infilo un paio di jeans ed una maglietta di Nicole, in quanto la mia tutina è ancora sporca di vomito giallognolo, accessorio non proprio igienico con cui andare a scuola.

-È così... così banale!- esclamo, osservandomi scettica allo specchio.

-Senti pazzoide, o i jeans, od in giro ci vai nuda.-

Mi tiro insieme con un po' di trucco, giusto per nascondere la faccia da morta che mi ritrovo ed acconcio i miei crespi ricci in una miriade di treccine, le quali faccio ricadere sulla schiena. Afferro lo zaino e raggiungo l'ingresso di quella che ormai è la mia seconda casa, ignorando l'osservazione della mia amica sul fatto che sembra abbia dei serpenti al posto dei capelli.
Josephine ci aspetta sul vialetto, appoggiata alla sua auto, con un caraffa enorme di caffè in una mano ed un libro nell'altra. Quest'immagine mi ricorda che sono molto probabilmente l'unica diciassettenne della mia scuola a non aver ancora preso la patente. Non che m'importi più di tanto finché ho degli amici fantastici a farmi da taxi. 

-Ciao lettrice-

-Ciao malatina, mi hanno detto che ti sei divertita ieri sera...-

-Ho proprio la faccia di una che se l'è spassata, vero?-

Mi accomodo sui sedili posteriori ed afferro la caraffa lanciatami dalla mia amica, portandola alle labbra ed ingurgitandone un lungo sorso.

Il caffè non è mai abbastanza in giornate come queste...
Ma, come mando giù il liquido sento la gola bruciarmi tremandamente e poco ci manca che vomiti di nuovo.

-JOSEPHINE?!-

-Sí dolcezza?-

-CHE CAZZO È QUESTO SCHIFO?-

-Peperoncino e menta, ottimo dopo gli attacchi di vomito-

-Sei un'infame...-

-Lo faccio per te Al, non lo avresti mai preso se non avessi creduto che fosse caffè-

Sbuffo, mentre le due traditrici se la ridono di gusto.
Arrivo a scuola con la faccia a chiazze e la gola in fiamme, situazione che non migliora fino all'ora di pranzo, quando decido di diventare un cammello vivente, ingurgitando qualcosa come due litri d'acqua.

La giornata passa tranquillamente, tra le lezioni e le corse da un'aula all'altra per riuscire ad evitare il più possibile gli impiccioni che dopo ieri sera si ritrovano sempre più pane per i loro canini affilatissimi. 
Al suono dell'ultima campanella raccolgo le mie cose, intenzionata ad andarmene il prima possibile; ho estremo bisogno del mio letto e di una doccia rigenerante.
Ma, mentre mi dirigo trafelata verso l'uscita, mi accorgo di aver lasciato,nella fretta, il mio libro di letteratura in aula. Libro su cui, tra le altre cose, devo eseguire qualcosa come 100 esercizi per domani.
Impreco sottovoce e mi fiondo su per le scale. Corro come una forsennata, con il cuore a mille ed il fiatone.
Non posso permettermi di perdere l'autobus, non avrei nessuno disponibile a venirmi a prendere, nonostante gli amici con la patente.
I miei genitori sono fuori.
Tutta la settimana.
Come sempre.
Come per tutte le settimane.
Sono molto impegnati con il loro lavoro ed io vivo a casa con mio fratello maggiore due mesi su tre.
Questa situazione, all'inizio, non era poi così male: mi faceva sentire grande, indipendente...
Ma, dopo qualche tempo, ho iniziato a pensare che mi avessero abbandonata.
Mio fratello è come se non esistesse, in quanto sono più le volte dove è in giro con gente la quale nemmeno conosco che quelle in cui decide di controllare se sua sorella sia ancora viva o meno.
Ho sempre dovuto cavarmela da sola poiché, anche quei pochi giorni che trascorrono a casa, i miei sono troppo impegnati per darmi retta.

Arrivo davanti alla porta della classe.
Chiusa. Prego tutti gli dei che non lo sia a chiave, ma proprio quando sto per abbassare la maniglia, sento una melodia provenire dall'interno.
Ricordo che, in quanto vecchia sala prova della banda della scuola, quest'aula ospita un vecchio pianoforte, posizionato sul fondo, senza mai essere usato da nessuno.
Ora, invece, qualcuno ha deciso di farlo ed anche piuttosto bene.
È una musica leggera quella che aleggia per il corridoio. Vibrante, malinconica...
La associo ad un mare di fine estate, calmo, piatto, con la spiaggia deserta e silenziosa.
Incuriosita, apro uno spiraglio della porta, che, a quanto pare, non è chiusa a chiave.
Il ragazzo è girato di schiena, ma subito riconosco la testa rasata e l'orecchino che gli dondola dal lobo sinistro.
Walker... Il mio "corteggiatore" di ieri sera...
Rimango ad osservarlo per un po', incantata.
Le sue mani scivolano leggere sulla tastiera, il suo corpo si muove lentamente, seguendo la melodia. È così bello da vedere. Mi trasmette un senso di pace, di armonia.

Eppure non è solo questo; è come...come se stesse chiedendo aiuto, con quella canzone.
Come se in quel mare di fine estate, lui, ci stesse lentamente affogando.
Ma non perché sia un mare agitato, non per le onde, non per delle cause naturali.
Mi sembra come se non avesse abbastanza forze per riuscire ad uscirne...

Solo quando la musica cessa mi riscuoto dall'incanto. Ancora leggermente stordita, arretro di qualche passo, giusto in tempo per non essere vista e sparire di corsa giù dalle scale. Arrivo alla fine della rampa con il cuore a mille per la corsa e forse anche per qualcosa altro. Tutto ciò che so è che, ora, non me ne frega più nulla di perdere l'autobus.

Sto davvero impazzendo? Le poche ore di sonno ed il vomito mi stanno dando alla testa? O mi pare che per quel pelato le conseguenze di ieri non si riducano decisamente a tre settimane fuori dalla squadra? Non so quale sia il suo problema, ma non voglio che il pelato anneghi. Voglio che si salvi. E perchè non dovrei essere proprio io ad aiutarlo?

Welllaaaaaaa belle personcine.
Allora allora allora, prima che si facciano congetture sbagliate, Austin sta effettivamente male per la perdita della scommessa e per quello che dovrà succedere di conseguenza.
Ma c'è tutta una storia dietro che ci porterà a capire come mai per lui una cosa del genere può essere così devastante.
Inoltre iniziamo a conoscere anche la situazione familiare di Alexis...
Allora amici, vi sta piacendo la storia?
Credete che possa migliorare qualcosa?
Avete quale consiglio da darmi?
Accetto davvero tutto, anche le critiche, purché siano costruttive.
Fatemi sapere i vostri pareri nei commentini. E le shiiiiiip!!!
Vi voglio tanto tanto bene e grazie per tutto il supporto. Un bacio dalla vostra pinguina.️❤️
Aurora

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