Urla

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Faccio davvero fatica a respirare, ma sono piuttosto sicura che questo non avvenga a causa del fazzoletto che Anderson mi sta premendo contro il naso.
E lo giuro su Silver: non dico queste parole così, per scherzo od imitare una di quelle bambinette che usano queste espressioni cringissime senza nemmeno conoscerne il vero significato.
Quegli occhi glaciali mi disorientano.
Scruto il suo viso, vicinissimo al mio, senza nemmeno concepire il motivo di tanto stordimento, fin quando, ad un tratto, il mio sguardo non si posa quasi inconsapevolmente sulle sue labbra.
Le fisso per un attimo, come in trance.
Ma, nel momento in cui mi sembra che si stiano quasi facendo più vicine alle mie, la porta della stanza si spalanca, facendo fare al ragazzo un balzo all'indietro.

-Alexis, tesoro!- strilla una voce da me ben conosciuta , nonostante l'incredula espressione che sento apparire sul mio viso appena realizzo chi sia la sua proprietaria.

-Oddio, bambina mia, ti sta sanguinando il naso. Ci serve un dottore ...UN DOTTORE, UN DOTTORE PER LA MIA BAMBINA!- strilla mio padre, affacciandosi sul corridoio.

Rodrick mi guarda, un misto tra il preoccupato e lo stupito. Ma si ricompone subito, pulendosi scrupolosamente le mani con l'amuchina che teneva, "stranamente", nella tasca posteriore dei jeans. Esce poi dalla stanza, senza nemmeno un cenno.

Non ho nemmeno il tempo di realizzare quanto, fino a pochi secondi fa, fossi vicina a Mr. precisino che mia madre, avvicinandosi, mi stritola in un abbraccio da rompere le ossa.

-Mamma mi stai facendo mal...-

-Lo so Alexis, il dottore sta arrivando, devi soltanto stare tranquilla.-

Il simpaticissimo medico di ieri si presenta con aria scocciata sulla soglia, seguito da mio padre, il quale butta il suo costoso piumino sulla poltrona e s'inginocchia accanto al letto, prendendo la mano della mamma tra le sue. C'è solo una cosa che sempre riconoscerò ai miei genitori, ossia il fatto di amarsi come fosse ancora il primo giorno.
Quello che ormai è diventato il mio dottore preferito ci riferisce che non serve a nulla farsi tante paranoie e che la fuoriuscita di sangue è dovuta soltanto all'agitazione di un momento.
Come sento queste parole non riesco a trattenere uno sbuffo, ricordando il discorsetto di Anderson che tanto mi ha fatto infuriare.
Appena l'uomo esce dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle, i miei genitori iniziano a parlare velocemente ed ad alta voce, come è loro solito fare.

-Tesoro mio, cosa ti hanno fatto! Chi ti ha ridotto in questo stato-

-Papá, guarda che non sto mica moren...-

-Guardati, guarda il tuo povero braccio! Giuro che se trovo colui che ti ha procurato tanto dolore, gli spezzo entrambe le braccia...-

Non capisco. Non capisco proprio come loro possano essere stati informati di tutto questo.
Insomma, fino a ieri dovevano trovarsi nei pressi di Parigi! Non pensavo che un viaggetto del genere potesse essere compiuto in così poco tempo. Ah, per non parlare del fatto che sembrano non avere idea che, a ridurmi in queste "terribili" condizioni sia stato il loro stesso ed amatissimo primogenito...

-Mamma, ma voi non eravate in Francia, per risolvere quella questione della sfilata saltata, o qualcosa del genere...- domando, scrollandomi il braccio di mia madre da sotto la schiena.

-Oh, abbiamo affittato un aereo privato e ci siamo precipitati qui appena ci hanno chiamato dall'ospedale.-

Fuck! Ieri devono avermi chiesto i loro nomi quando ero ancora intontita da quegli schifosi farmaci. Penso che in una qualsiasi altra occasione mi sarei rifiutata di comunicarglielo; è tanto facile recitare la parte dei genitori premurosi quando tua figlia si trova in un lettino d'ospedale. Ma non si sono mai fatti troppi problemi a lasciarmi, e lasciarci, anche mesi senza vederli.

-Al, abbiamo bisogno di saperlo. Chi guidava l'auto quando è successo?-

-Fossi in voi mi preoccuperei di più di chi fosse il conducente dell'altra vettura, e non di colui che mi ha, invece, salvato la vita...-

-Cosa intendi dir...-

Ma, prima che mio padre possa finire la frase, la porta si spalanca, come se qualcuno gli avesse appena tirato un calcio, cosa che molto probabilmente è accaduta, visto colui che ci si palesa davanti.

-Alexis, amica mia!- urla il biondo, fermandosi sulla soglia e guardandomi con tanto d'occhi.

Sono piuttosto stranita dalle condizioni nelle quali Elliot mi si presenta davanti. I capelli sono incolti e flosci, per nulla simili ai ricci che, di solito, gli ricadono fin sopra le spalle. Ha la barba, una barba corta e bionda che, di per se, non avrebbe nulla di sconvolgente. Ma si tratta comunque di Elliot Robinson il ragazzo più vanitoso del mondo... Eppure credo starebbe molto peggio senza le premurose cure dell'adorato Rodrick. Sapere che il mio amico, in questo periodo di assenza, è stato comunque a contatto con una persona così maniacalmente pulita come Anderson, un po' mi rassicura.

-Cia...ciao Elliot...- bisbiglio, in un sussurro a malapena udibile.

Vedo con la coda dell'occhio i miei genitori alzarsi ed mettersi in piedi accanto al mio letto, come in posizione di difesa. La cosa m'infastidisce, soprattutto perchè, nonostante il suo insolito aspetto, sono sicura che il mio amico non sia assolutamente pericoloso. E ne sarebbero certi anche i miei genitori, se solo avessero avuto il tempo d'interessarsi alla mia vita ed alle persone che frequento.
Sta per avvicinarsi al letto, ma ecco che, sulla soglia, compaiono sia Anderson, il quale tenta di tirare per un braccio il biondo fuori dalla camera, sia la persona che, in questo momento, meno vorrei vedere sulla faccia della terra, surclassando persino Melodie.

-Vattene Brandon! Vattene ti ho detto!- strillo, puntando il dito contro mio fratello, attaccato ad uno di quegli aggeggi che ti consentono di camminare nonostante tu debba stare attaccato ai tubi.
Già solo il fatto che lui possa stare in piedi e camminare liberamente, mentre io sono incollata a questo letto mi fa infuriare.

-BRANDON!- esclama mio padre, per poi superare Elliot e Rodrick, intenti a litigare, e raggiungere l'odioso consanguineo.

-Mandalo via papà, mandalo via!-

-Perchè Alexis? Non lo vedi com'è ridotto! Oh, il mio bambino, c'era lui in macchina con te, vero? Hai ragione, è tutta colpa del mascalzone alla guida dell'altra auto...-

-Con tutto il rispetto, mascalzone sarà suo figlio, signore!- esclama Elliot, divincolandosi dalla presa di Rodrick, il quale lo sta accusando di aver origliato non so che conversazione.

-Cosa significa Brandon, cosa significa che sei tu il mascalzone?- gli intima mio padre, puntandogli un dito contro il petto.

E, dopo queste parole non riesco più a distinguerne altre.
Tutti iniziano a sbraitare, i miei inveendo contro mio fratello, il quale, per una volta sembra star davvero raccontando tutta la verità, mentre Rodrick ed Elliot discutendo per questioni che non sento e nemmeno voglio sentire.
Sbuffo, stufa di tutto questo e riempendo successivamente i polmoni d'aria.

-FUORI. TUTTI. DI QUI!- urlo, sovrastando le loro voci.

Finalmente qualcuno sembra prestarmi ascolto.
Elliot, infatti, liberandosi dalla stretta di Rodrick, esce a testa bassa, seguito dai miei genitori e Brandon. 

L'ultimo ad andarsene è Anderson, il quale, prima di chiudersi la porta alle spalle, mi lancia uno sguardo che non riesco a decifrare.
Una volta sola tiro un sospiro di sollievo e mi appoggio con la testa sul cuscino, decisa a fare finta di dormire nel momento in cui chiunque tenterà nuovamente di farmi visita.

Buonasera a tutti amici. Scusate il ritardo, ma è stato un capitolo piuttosto difficile da scrivere.
Non so se sia il massimo, non mi convince molto, spero che per voi sia diverso.
Vi voglio tanto bene. Grazie per tutto il supporto. Lasciate, se vi va, un commento per farmi sapere cosa ne pensate.🦋💙
Aurora

A Strange GirlDove le storie prendono vita. Scoprilo ora