Tutta la verità.

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Sono a casa, fresca di doccia, i capelli gonfi e ricci che vanno da tutte le parti. Ammeto di non avere alcun voglia di legarli o di rendermi in qualche modo presentabile, essendo, ormai, già le dieci di sera e non avendo, quindi, in programma di vedere assolutamente nessuno.
Pesco una patatina dal sacchetto e sorseggio l'ultima lattina di birra sopravvissuta alla furia alcolica del mio consanguineo, seguendo distrattamente una serie tv su Netflix consigliatami da Josephine. 

Ammetto anche di essere un po' depressa. Ovviamente non sono mai stata INNAMORATA di Walker. Lo apprezzavo come persona, sicuramente, ma, più di ogni altra cosa, mi rendeva felice l'idea che potessi finalmente essere accettata da qualcuno per il disastro quale sono.
Aver trovato  una persona pronta ad ascoltare la mia storia o con cui condividere quei lati di me nascosti sotto stranezze e stronzate mi entusiasmava. Infondo l'ha detto anche lui: l'essere particolarmente sottoposti al giudizio altrui era una caratteristica che, in qualche modo, ci univa, rendendoci capaci di comprendere i turbamenti l'uno dell'altro.
Ma, nonostante resti comunque doloroso, ogni volta fa sempre meno male. Mi sono illusa talmente tanto nella mia giovane vita che il confine da me creato tra realtà e fantasia diventa ogni giorno più labile.

Suonano alla porta. Mi volto automaticamente verso le scale, aprendo la bocca per urlare a mio fratello di scendere ad aprire, per poi ricordarmi, come al solito, di essere sola in casa.
Butto via il plaid e mi trascino fino all'ingresso, con la solita voglia di vivere della mia cara amica orca assassina.
Spalanco il portone e, sull'uscio, vi trovo qualcosa che per un attimo mi lascia totalmente senza parole.
I capelli, di solito rigorosamente perfetti, sono ora una massa scomposta ed umidiccia, cadenti sul viso paonazzo.
I suoi vestiti sono zuppi per il temporale ed ha gli occhi davvero troppo rossi e spenti per il normale.

-Elliot, che cazzo ci fai qui?- esclamo, senza neanche provare a nascondere tutta la rabbia che ancora covo nei suoi confronti.

-Avevo bisogno di vederti...- borbotta, con voce impastata e spostando lentamente il peso da un piede all'altro.

Devo a malincuore ammettere che non posso lasciarlo sotto la pioggia, perciò apro del tutto la porta, facendogli cenno di entrare.

-Hai capito di essere stato un deficiente? Od il tuo orgoglio vincerà anche sull'evidenza?-
esclamo, lasciandomi di nuovo cadere sul divano.

Silenzio. Avrei preferito mi rispondesse qualcosa, anche di stupido; odio chi sta zitto in una situazione del genere, come se pensasse che l'altra persona lascerà correre senza alcuna spiegazione.

-Adesso non parli vero? Stamattina, quando mi hai urlato contro, non mi sei sembrato così taciturno.-

-Ci ero rimasto male per quel bacio.-

-Anche io ci sono rimasta male per quello che mi hai estorto tu due ore fa in quell'aula!-

A queste parole alza lo sguardo, smettendo di dondolarsi avanti ed indietro.

-Non...non ti è piaciuto?- balbetta sgranando gli occhi.

-Non è quello che conta! Mi fa incazzare il fatto che tu me lo abbia dato senza alcun sentimento, inventandoti tante storielle solo per levarti dalla situazione del cavolo in cui ti sei cacciato.-

-Io...-

-Tu cosa, Elliot Robinson? Eri il mio migliore amico, mi fidavo ciecamente di te, nonostante tutti i contrasti che abbiamo sempre avuto. Ed invece hai pensato bene di mentirmi e di giocare con i miei sentimenti solo per boh, possessività e divertimento?!-

-Questa è una bugia!- esclama, alzando anche lui il tono di voce: -Io provo qualcosa per te-

-Grazie al cazzo Elliot! Siamo amici da una vita!-

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