-Mettersi a fare la civetta con un cliente invece di lavorare, ma ci rendiamo conto!-
- Qui l'unica civetta che vedo è quella che ha fatto il nido nella testa vuota che ti ritrovi-
gli strillo in faccia, mollandogli una gomitata per farlo scansare ed entrare finalmente nelle cucine.-Chi era quello?-
-Il figlio del festeggiato- rispondo concisa, tirando fuori i pasticcini dal loro nascondiglio e ficcandomene uno in bocca.
-E QUELLI?- esclama, indicando con fare accusatorio il vassoio.
-QUESTI sono il mio meritatissimo spuntino-
-Non posso crederci! Hai RUBATO del cibo dal ristorante di MIO PADRE!-
Alzo gli occhi al cielo, avvicinandomi al ragazzo e guardando intensamente in quelle profonde pozze ghiacciate che sono i suoi occhi.
-Sono caduti, d'accordo? Ed invece di rifilarli lo stesso ai tuoi FOTTUTI clienti ho deciso di tenerli per me - gli spiego, cercando di mantenere, nonostante la rabbia, un tono moderato.
-Cosa significa che sono CADUTI?- domanda, invece, il ragazzo, scocciato come non mai.
-Significa che è tutta la cazzo di settimana che ho il braccio intorpidito e, evidentemente, sottoporlo ad un tale sforzo non è stata proprio la migliore delle idee.- ribatto, ripetendo gli stessi pensieri passatimi per la mente poco fa.
Il ragazzo sospira, voltandosi di spalle e passandosi, con fare teatrale, una mano nei capelli gellati; venire a sapere di un'imminente invasione di scarafaggi giganti per lui sarebbe stato, probabilmente, meno tragico di questa situazione.
-Sei davvero terribile sai, TERRIBILE!- ed, esplicitatami questa sua FONDAMENTALE opinione, esce dalla cucina, sbattendosi dietro la porta con forza.
Sbuffo, irritata. Mi sento del tutto priva di forze, sfinita sia a livello fisico che mentale.
Aspetto alcuni secondi prima di andarmene a mia volta. Mi rifugio in una delle salette secondarie, deserte; a giudicare dal casino che sembra provenire dall'ambiente principale, tutti gli invitanti devono essere nella suddetta stanza per il taglio della torta.
Ne approfitto, perciò, per sprofondare in una delle morbide poltroncine di velluto sulle quali sono soliti accomodarsi i ricchi frequentatori di questo ristorante qualora vogliano fumare o bere alcolici in tutto relax.
Cerco di far aderire ogni parte del mio corpo alla confortevole superficie, in un estremo tentativo di rilassarmi.
Chiudo gli occhi e provo a non pensare più a nulla, né a Rodrick, né ai miei, né tantomeno a Damon, il ragazzo col nome meno azzeccato della storia.Per un po' mi sembra persino di riuscirci, in quanto smetto di avere la concreta percezione dello sfavillante ambiente che mi circonda. Eppure, proprio mentre credo di starmi per addormentare, avverto un baccano tale da farmi sobbalzare.
-Delany, in piedi, subito!- esclama una voce lontana ma perentoria, la quale riconosco appartenere ad Anderson; cado dalla poltroncina per lo spavento.
Mi sfrego le mani sugli occhi , scordandomi, purtroppo, di essere truccata.
Sbuffo, ancora esausta, avviandomi verso il bagno senza replicare.-Dove credi di andare?- mi domanda il ragazzo, giunto prontamente sulla porta.
Mi afferra per un polso non appena gli passo accanto; mi sento come in uno di quegli assurdi romanzi erotici. Strattono il braccio violentemente ed Anderson non si fa troppi problemi a lasciarmi andare; in fin dei conti, toccarmi deve fargli veramente schifo, e lo sappiamo perfettamente entrambi.-Ad incipriarmi il naso- borbotto, con la voce tipica di chi si è appena svegliato.
-Tu devi venire con me; voglio tutto il personale nell'atrio per salutare e ringraziare gli invitati.-
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A Strange Girl
Teen Fiction"Alexis Delany, tu sei senza dubbio la ragazza più strana che abbia mai conosciuto" Chiunque pronunci questa frase ha, secondo Alexis stessa, incredibilmente ragione. Lei è, infatti, la prima a definirsi in tale maniera ed il suo unico scopo è far i...