[Speciale seconda parte] Park Jimin

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L'Italia agli occhi di Jimin sembrava un paradiso naturale.

Si ritrovò ad esplorare la città nel quale si erano trasferiti, Bergamo, come quando era bambino. Portava spesso con sé suo fratello piccolo, insegnandogli tutte le cose che aveva imparato con gli anni.

Quel posto lo fece stare così bene che Jimin sbocciò in un fiore dal colore forte e sano, pronto a raccogliere tutti i raggi del sole e l'energia che il mondo poteva regalargli. 

In una delle sue piccole gite, si soffermò davanti ad un mastodontico edificio che capì poi essere una università. Si interessò ai corsi e una volta finito, con tutte le sue difficoltà, gli ultimi due anni di scuola superiore, Jimin propose ai suoi genitori di iscriversi all'università.

«Voglio studiare per diventare insegnante» disse deciso ai suoi genitori e loro, molto felici del fatto che la passione per lo studio fosse ritornata a loro figlio, accolsero volentieri la sua decisione e lo aiutarono ad iscriversi all'università.

Jimin aveva capito che il suo scopo nella vita era quello di insegnare e lo aveva capito proprio grazie a suo fratello, che trovava piacevole sentir parlare il maggiore raccontargli cose nuove sul mondo.

In fondo Jimin aveva avuto modo di imparare moltissimo nella sua vita grazie a tutti i libri che aveva letto e pertanto, iniziò il suo percorso universitario con grande spirito, ritrovando l'entusiasmo che aveva da bambino e che aveva finito col perdere alle medie e alle superiori, quando ancora era in Corea.

Tuttavia la vita spesso decide di metterci sempre a dura prova e ne ebbe conferma Jimin, che quando sembrava che tutto stesse filando meravigliosamente bene, ebbe una terribile notizia proprio durante il suo primo anno all'università.

Sua madre si ammalò gravemente.

La sua malattia richiedeva molte spese mediche e lui e suo padre, preferirono mandarla in una casa di cura, che anch'essa richiedeva la sua ingente somma di denaro. Il padre finì per cadere in depressione, troppo stressato dal fatto di dover mantenere una moglie malata, un figlio che cresceva e un ragazzo all'università e così Jimin, iniziò a lavorare sodo per aiutare la famiglia.

Così passò quello che doveva essere un bellissimo anno da studente universitario, a dividersi in mille parti per poter lavorare, studiare, occuparsi del fratellino e di suo padre, che era caduto nel brutto circolo dell'alcool. 

Jimin aveva sempre dato attenzioni a tutti nella sua vita e mai come allora, aveva dato tutto sé stesso alla famiglia.

Ma lui? Durante la sua adolescenza non aveva fatto altro che dedicare la sua vita a leggere e leggere, studiare per la scuola e poi ballare, finire nel baratro di un bruttissimo periodo e poi ricominciare fiorendo in quella città piena di opportunità e bellezze. Quello che gli mancava però, era un po' di amore.

Anche lui aveva bisogno di attenzioni, parecchie attenzioni. Voleva smettere di pensare al fare l'adulto per un momento e concedersi un po' ad altro tipo di emozioni, lasciarsi andare, fare l'adolescente spensierato come quelli che vedeva nella sua classe.

E così sperimentò alle feste d'università il fumo, sperimentò il sapore dolciastro dell'alcool e poi sperimentò il sesso, diventandone dipendente. 

Niente come il sesso, riusciva a farlo sentire completo, rilassato, spensierato.

Andò a letto con moltissime ragazze, ma Jimin pensò che il sesso fosse così bello da volerne vedere tutte le sfaccettature e così provò gli uomini, fino a diventare follemente ossessionato all'andare ad ogni festa a rimorchiare gente nuova.

Divenne così nominato "l'attraente Park Jimin mangia uomini-donne".

Ma Jimin non voleva essere un mangiatore di uomini o di donne, Jimin voleva davvero l'amore e l'essere amato. Voleva che qualcuno per una volta si prendesse sinceramente cura di lui e si ritrovò spesso a cadere tra le braccia di persone credendo che fosse amore.

4 a.m | TAEKOOKDove le storie prendono vita. Scoprilo ora