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Dopo una pedalata veloce, raggiungo Jimin e successivamente, ridacchiando smette di correre per rimanere al mio fianco e io di rimando gli sorrido teneramente.

In poco tempo raggiungiamo il posto e per un attimo, mi chiedo se sapessi poi tornare a casa siccome il posto è decisamente lontano e imboscato.

«Questo è il mio posto preferito» dice poi, interrompendo i miei pensieri.

«E' davvero...bello» mormoro guardandomi intorno, non ancora pienamente convinto per la fitta vegetazione, ma poi quando Jimin scende dalla bici per portarla a passo d'uomo e io faccio lo stesso, rimangio la mia insicurezza alla vista di un ruscello scintillante dai raggi del sole.

«Ti va se ci sdraiamo un po' qui?» chiede Jimin e io annuisco, sorridente.

Cosi vicino alle sponde del piccolo ruscello, ci sediamo e lentamente ci sdraiamo entrambi, uno di fianco all'altro.

«Come stai?» chiede poi Jimin, sorprendendomi.

«Sto...bene. Sono in vacanza, mi sto rilassando...Cosa che non puoi dire tu dato che lavori?» rispondo e alla mia domanda lui ride.

«E' ok, sono abituato a lavorare di estate. Questo lavoro mi serve per pagarmi gli studi, ma trovo momenti come questi per rilassarmi in pace» dice piegando la testa di lato per potermi guardare. «Dimmi, come mai sei venuto a ritrovarmi?»

«Volevo...Conoscerti meglio»

«Pensavo che a tipi carini come te bastasse un pompino per poi non farsi più vedere» dice Jimin e io mi giro a guardarlo, paonazzo.

«Io? Cosa? Nono, non sono quel tipo di persona, a malapena ho avuto le mie esperienze...»

«Quindi, io...» chiede girandosi di poco per guardarmi. 

«Si. Sei la prima persona che mi ha fatto...Quello» dico distogliendo lo sguardo, imbarazzato nel non riuscire a trovare un termine più delicato per quel gesto. 

«Beh...Posso insegnarti tutto il resto» mormora maliziosamente e in un attimo, lo ritrovo sopra di me.

Dio, devo seriamente concentrare ogni mia cellula per non eccitarmi.

Ma che importa, tanto lo sono già...

Jimin si china a baciarmi, in modo sensuale e dolce allo stesso tempo. I piccoli baci a stampo, si trasformano lentamente in altro: senza neanche rendermene conto, la mia lingua è intrecciata alla sua e giocano insieme, conoscendosi. 

Il moro infila una mano sotto la mia maglietta, facendomi sospirare ma io lo fermo, portandomi una mano ad accarezzargli il collo.

«Jimin...Non sono venuto qui per questo come ti ho detto prima» mormoro sulle sue labbra morbide, tenendo le mie socchiuse. Non desideravo altro, è vero, ma continuare quei baci non mi avrebbe fatto di certo ribrezzo. 

«Pensavo fosse un...messaggio in codice o qualcosa del genere...Non sono abituato a ragazzi che non hanno voglia» dice sospirando frustrato e si alza col busto, guardandomi dall'alto.

«Non ho detto che non ho voglia» dico ridacchiando, «solo...Non sono qui per questo. Voglio conoscerti» spiego. «E poi...Non ho avuto esperienze. Non voglio concedermi al primo» dico ironico in modo altezzoso e Jimin, la prende sul ridere. «Ora torni sulle mie labbra? Sai mi piacciono molto» confesso e gli spunta subito un sorriso sulle labbra, contento per quella confessione così ripiegandosi su di me, torna a ancora ma questa volta lasciando piccoli baci a stampo, soffici, delicati, senza alcun doppio fine.

«Va bene, conosciamoci» dice poi, guardandomi negli occhi e io annuisco, accarezzandogli il viso con il pollice della mano.

Si mette poco più giù col corpo, per poter appoggiare la testa sul mio petto.

«Di dove sei? Che scuola fai? Lavori?» inizia a chiedere, mentre socchiude gli occhi, forse per rilassarsi.

«Sono nato in un paesino di campagna, ma poi i miei si sono trasferiti a Seoul per lavoro. Si...Frequento la scuola e no, non ho ancora avuto il modo di farlo, ma mi piacerebbe per racimolare qualche soldo» rispondo. «E tu? Che mi dici di te?»

«Io...Abito vicino queste zone, per questo mi ritrovo sempre a lavorare nel solito bar. Ho finito la scuola un anno fa e ora sto facendo l'università» 

«Università? Quindi se più grande di me» dico sorpreso, aprendo gli occhi un po' incredulo.

«Quanti anni hai?» chiede alzando il capo per guardarmi.

«18!»

«Davvero? Io ne ho 20...» dice ridacchiando e io rimango ancora più sorpreso.

«Beh allora sei uno hyung...» mormoro e lui ride, riconoscendo quel suffisso coreano, rimettendosi comodo sul mio petto. 

Passiamo del tempo così, lui sul mio petto, io ad accarezzargli i capelli morbidi mentre gli racconto un po' di me e lui un po' di sé. 

Scopro che ama i gatti, che gli piace cantare, che fa palestra e che ama particolarmente molto danzare anche se non ha mai tempo per farlo a causa del lavoro. Mi parla un po' della sua famiglia e del suo piccolo fratellino, ma non parla molto delle sue amicizie, facendomi capire di essere più solo di quanto pensassi e nemmeno dell'università che frequenta.

Successivamente, Jimin si alza.

«Fra poco dovrebbe finire la mia pausa pranzo...» spiega al mio sguardo interrogativo e un poco riluttante dal suo improvviso distacco, «mi accompagni?» chiede in un sorriso dolce.

Annuisco e mi alzo anche io da terra, pattandomi il sedere per togliermi dell'erba appiccicata. Prendiamo poi le nostre bici e ritorniamo indietro alla piazza.

 Il sole inizia a farsi più caldo quando dopo aver posato entrambe le bici al posto di prima davanti a bar, Jimin si mette in punta di piedi per lasciarmi un bacio. Gli sorrido guardandolo dolcemente e gli accarezzo il viso, posando l'altra mano sulla sua schiena.

«Buon lavoro allora» dico guardandolo.

«Verrai a trovarmi ancora? Vero?» chiede, lasciando trasparire dell'ansia.

«Certo che verrò a ritrovarti ancora» dico intenerito della sua reazione. Ha paura di non potermi davvero rivedermi? 

«Allora...»

«Allora a domani. Verrò domani. Mi aspetterai?»

«Si...» mormora e io gli stampo un altro piccolo bacetto sulle labbra.

Successivamente lui si stacca da me, senza però staccare lo sguardo. Infatti indietreggia fino alla porta che tasta con le mani, forse per non cadere e solo quando entra dentro il locale, lo distoglie. Lo seguo anche io con gli occhi in ogni suo movimento, tanto che riesco a scorgere un suo piccolo sbuffo nel dover riprendere il lavoro. Dopo che lo vedo sparire nelle cucine, distacco lo sguardo, ritornando alla realtà di quella calma e piatta tranquillità della piazza con la fontana.

Non che Jimin mi rendesse turbolento, ma con lui è stata una tranquillità differente. Una tranquillità di quando hai il cuore leggero e senza pensieri. A guardare queste mattonelle sole, colpite ripetutamente dai violenti raggi, mi fa solamente ripensare alla mia solitudine. 

Sospirante riprendo la mia bici, tenendola al mio fianco e quando mi giro verso la direzione di casa mia e inizio a incamminarmi a passo tranquillo, per nulla invogliato a tornare, vedo in lontananza Taehyung fermo alla tabacchiera che è di fronte al bar, a pochissimi passi. 

La sua espressione sembra un po' dura. 








4 a.m | TAEKOOKDove le storie prendono vita. Scoprilo ora