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Quando vidi l'insegna del negozio, rallentai fino a smettere di correre. Giunta a destinazione, mi fiondai all'interno, ma nel farlo, non notai un monopattino elettrico parcheggiato al lato della porta, e involontariamente, lo urtai, facendolo cadere a terra. Avrei davvero voluto rimetterlo al suo posto e scusarmi con il proprietario dell'oggetto, ma mi astenni dal farlo. In quel momento, temevo di vomitare non appena mi sarei inginocchiata per raccoglierlo.

Barcollando tra gli scaffali, vidi da lontano il mio obiettivo, il frigorifero. Avvistai il reparto dedicato al latte e notai che era rimasto un solo cartone di banana milk; iniziai a marciare verso quest'ultimo, ma quando mi ritrovai ormai a pochi passi dall'aprire lo sportello del frigo, un ragazzo, con mascherina nera e un cappello da pescatore del medesimo colore, lo afferrò al mio posto. 

Quel gesto mi fece infuriare così tanto da farmi compiere atti che mai avrei fatto. Non ero sicura se quello che stavo facendo fosse dettato dalla stanchezza, dalla rabbia, dall'alcol o da tutti e tre insieme.

Con tutta la mia furia, inseguii il ragazzo per il negozio fino a quando non distai da lui meno di un metro.

"Scusa ragazzo, ma quello che hai in mano appartiene a me!  L'ho visto prima io!" sbraitai

Lui sembrò sorpreso, quasi spaventato; lentamente si girò verso di me e calmo come l'acqua di un lago mi rispose.

"Mi dispiace, l'ho preso prima io, quindi appartiene a me".

Dalle sue parole dedussi che il ragazzo non fosse intenzionato a cedere. 

"Non sei affatto un gentiluomo! Se lo fossi stato, avresti ceduto quello ad una ragazza!" incrociai le braccia con espressione soddisfatta.

Mi voltai senza più considerarlo, e convinta di me stessa, mi diressi alla cassa per chiedere se avessero altro latte alla banana.

"Mi dispiace signorina, non ne abbiamo più" mi rispose il cassiere.

In quel momento, la risposta che diede mi sembrò inaccettabile. Iniziai a dire assurdità, ad alludere al fatto che non volesse darmi il latte per dare ragione a quel ragazzo o che non volesse vendermelo solo perché non avevo un bell'aspetto. Il dipendente rimase a fissarmi, da dietro la cassa, con un'espressione incredula.

Improvvisamente sentii un braccio afferrarmi la vita, e nonostante io cercassi di dimenarmi, non riuscii a liberarmene. 

"Cerchi di stare più attento alla sua ragazza!" sentii urlare il commesso.

"La scusi!" rispose il braccio che mi stava trascinando all'esterno del negozio.

Solo dopo qualche secondo realizzai di essere stata portata fuori contro la mia volontà, così cercai di tornare dal cassiere, ma non ci riuscii; quel braccio mi stava tenendo immobile. Così, senza sapere davvero con chi avessi a che fare, iniziai ad urlare e a strepitare.

"Come ti permetti di toccarmi! Chiamo la polizia! Chi diavolo ti credi di essere!?"

Il ragazzo abbassò lentamente la mascherina, e vidi un viso a me conosciuto; chiusi gli occhi per un istante, li riaprii e realizzai. Quel volto apparteneva a Jungkook. Un flusso di pensieri mi pervase la mente; in pochi secondi mi ricordai del mio comportamento di poco tempo prima, della mia scenata.

Una stanchezza improvvisa mi assalì, impedendomi di fare un singolo passo; ogni piede che cercavo di muovere cadeva pesante sull'asfalto. 

Mi addormentai.

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