"E se dicessi che ti amo, cambieresti idea?"
Anche davanti a quelle parole, che mi avevano letteralmente spaccato il cuore, noi due rimanevamo distanti, in due realtà diverse, lontani come il mare che cerca sempre di raggiungere la riva, ma che po...
Il 'Tiffany's' mi sembrava un luogo perfetto per incontrare la ragazza senza dare nell'occhio, essendo una caffetteria appena fuori città, ma facilmente raggiungibile. Il mio obiettivo era solo uno : consegnare il telefono a Jade e poi dileguarmi senza che nessuno si accorgesse di nulla. Non avrei detto della mia uscita a nessuno, neanche ai ragazzi.
{Jade's pov}
La mattina dopo arrivò velocemente e non stavo nella pelle al solo pensiero che quel pomeriggio avrei visto Jungkook. Nonostante sapessi che sarebbe stato solo un incontro veloce e fugace, ero euforica. Passai la mattina a farmi la doccia, lavarmi i capelli e a scegliere rigorosamente cosa mettermi. Quando si fecero le 16.00 decisi di avviarmi verso il luogo accordato, essendo quest'ultimo lontano dal centro di Seul; non c'ero mai stata, ma dalle immagini potevo intuire fosse un locale stile anni 60. Con la macchina, arrivai alla caffetteria appena dopo quaranta minuti, ed essendo in anticipo, decisi di sedermi e godermi un bel cappuccino. Mentre mi stavo avvicinando ad un tavolo per sedermi, un ragazzo mi urtò facendomi cadere la bibita per terra; per fortuna, non mi macchiai gli abiti che indossavo.
"Scusa, non volevo, ne compro subito un altro" strepitò il ragazzo mentre si avvicinava alla cassa, senza nemmeno darmi la possibilità di rispondergli.
Dopo pochi minuti lo vidi venirmi in contro con un altro cappuccino in mano e un biscotto.
"Tieni, questi sono gli interessi" disse porgendomi il dolcetto.
Il suo gesto mi sorpreso così tanto, che non potei fare a meno di stampare un sorriso sul viso; la sua gentilezza mi aveva colpito.
"Piacere io sono Lee Jong Suk" esclamò un po' imbarazzato.
"Piacere Jade" ricambiai il suo saluto.
"Scusami davvero per prima, per fortuna non ti ho sporcata. Sono uno studente di medicina all'università di Seoul e mi sono appena trasferito in città. Non conosco ancora nessuno di qui, ma immagino che questo non sia il modo giusto per fare amicizia" disse guardando in basso con un sorriso timido.
"Davvero? Anche io studio medicina! Quindi immagino che saremo compagni di corso" rimasi per pochi istanti in silenzio "Adesso puoi dire di avere una amica" gli porsi la mano ridendo. Lui sorrise, si portò una mano al viso e dopo ricambiò il gesto.
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Era un ragazzo molto alto e di bell'aspetto, con un sorriso contagioso.
"Di dove sei?" mi aveva incuriosita, tanto da portarmi a fargli delle domande.
"Busan e tu? Immagino tu non sia nata in Corea"
"No infatti, sono italiana, ma mi sono trasferita qui con mia madre da ormai due anni"
Parlammo per diversi minuti, quando una chiamata sul suo cellulare interruppe la nostra conversazione.
"Scusa, era mia mamma; mi ha avvisato che devo andare a prendere il mio fratellino a scuola. Ora devo proprio andare, ci vediamo presto" disse lui alzandosi dal tavolino dove ci eravamo seduti a parlare e porgendomi un inchino.
Mentre si stava allontanando, di scatto si girò e corse di nuovo verso di me.
"Mi ero scordato di chiederti il tuo contatto! Altrimenti non potremo più parlare"
Rimasi stupita di quella richiesta; nessuno mi aveva mai chiesto il numero di telefono, perché ero sempre io a domandarlo per prima. Per una volta, qualcuno sembrava interessato ad essere mio amico, e non il contrario.
"Oh si certo, eccolo" estrassi un pezzetto di carta, dove scrissi il numero.
"Un pezzo di carta?" mi guardò con aria confusa.
"Già " dissi imbarazzata "Diciamo che ho avuto qualche problema con il mio telefono "
"Ah ok" rise "Ora vado!" se ne andò, infilando il mio bigliettino in tasca.
"Ciao" gli dissi salutandolo con la mano.
Era quasi ora di incontrare Jungkook; al solo pensiero del suo viso, i battiti cardiaci schizzavano alle stelle. Per fortuna parla con quel ragazzo mi aveva distratto abbastanza, da abbassare il mio livello di ansia, tuttavia ero ancora molto agitata. Pensai che prendere una boccata d'aria mi avrebbe aiutato a calmarmi; così decisi di aspettare Jungkook fuori dal locale.
Dopo diversi minuti, finalmente, scorsi in lontananza una figura a me familiare; era un giovane con un cappello a visiera, mascherina nera, giacca di pelle, camicia e jeans neri. Seppur ancora molto lontano, capii di chi si trattasse solo dal modo in cui era vestito.
"Ciao" mi salutò appena fu abbastanza vicino a me per poterlo sentire. Ricambiai il saluto con un inchino senza dire nulla; sembrava che della mia voce fosse rimasto solo un fievole filo, che faceva fatica ad uscire.
"Tieni, questo è il tuo cellulare" allungò la mano porgendomi l'oggetto.
"Grazie mille, mi dispiace per il disturbo. Ti posso offrire qualcosa per scusarmi dell'inconveniente?"
"Non ti preoccupare, non ce n'è bisogno"
"Insisto, mi permetti di comprarti almeno un biscotto?"
In qualche modo riuscii a convincerlo e Jungkook mi seguì dentro alla caffetteria.
"Che cosa ti piacerebbe bere?" gli chiesi non appena ci sedemmo.
"Grazie mille, ma non posso togliermi la mascherina; se mi riconoscessero sarebbe un problema"
In quel momento mi sentii stupida a non aver pensato alla segretezza di quell'incontro e al fatto che lui non si potesse esporre, neanche per bere qualcosa.
"Aspettami qui, torno subito" mi allontanai da lui per avvicinarmi al banco dei pasticcini. Tornai con un sacchettino pieno di cookies; non conoscevo bene i suoi gusti, ma ricordandomi di una sua foto in cui mangiava biscotti, supposi gli potessero piacere.
"Tieni, questi sono per te, mi dispiace di averti disturbato nuovamente" gli allungai i dolci.
Non potevo vedere la sua espressione completa, a causa della mascherina, ma dagli occhi intuii stesse sorridendo.
"Grazie mille, non ce n'era bisogno" con entrambe le mani prese i biscotti e spontaneamente aprì il sacchetto, ne prese uno, e senza pensarci, si tolse la mascherina per tirargli un piccolo morso.
"Jungkook la mascherina!" strepitai, forse a voce troppo alta.
Velocemente si rimise la mascherina, ma purtroppo era troppo tardi. Alle sue spalle, mi accorsi di un gruppo di persone, tutte voltate verso la nostra direzione che ci stava fissando. Alcuni avevano, appoggiate sui tavoli, diverse fotocamere; iniziai a sospettare che molti di loro fossero giornalisti in pausa pranzo, e noi avevamo avuto la sfortuna di averli incontrati e di non esserci accorti prima della loro presenza.