Gli articoli che uscirono in seguito a quella conferenza stampa, furono per la maggior parte positivi, anche se, qualche commento d'odio era all'ordine del giorno, e con il passare del tempo, mi ci abituai.
La mia vita proseguì come sempre, l'unica vera differenza fu all'università. Ovunque io camminassi, che fossi sola o con Jong Suk, gli occhi curiosi degli studenti mi fissavano; qualcuno si era addirittura spinto a chiedermi un autografo. Era qualcosa che all'inizio mi lasciò di stucco, ma col tempo ci feci l'abitudine.
Un giorno, mentre mi affrettavo ad uscire, una comitiva di ragazze mi fermò; ci misi un istante a riconoscerle. Erano il gruppo che poco tempo prima mi aveva insultato e spinto dalle scale. Non appena realizzai chi fossero, rimasi impietrita, come se un fulmine mi avesse colpito a ciel sereno, e il terrore mi assalì. Le superai, affrettando il passo, e nel frattempo cercai il telefono per chiamare Jong Suk. Al contrario di quello che pensai, non mi rincorsero, ma si limitarono a chiamarmi
"Jade!" non mi voltai
"Jade, ci vogliamo scusare con te!"
A quelle parole, i miei piedi si bloccarono; la mia ragione diceva di correre via, il più veloce possibile, ma il cuore mi bloccava lì. Mi voltai.
"Ci dispiace" urlarono in coro, inchinandosi di fronte a me
Quella che credevo essere la capa del gruppo si avvicinò.
"Ci dispiace averti fatto tutto ciò, se vuoi denunciarci, siamo pronte alle conseguenze. Non sapevamo fossi in dolce attesa e di certo non era nostra intenzione ferire il bambino"
Quelle parole riaprirono una ferita che si era rimarginata da poco, e che ancora faceva male.
Non sapevo davvero cosa dire; il dolore che avevo provato a causa loro era incolmabile, e si sarebbero meritate di provarne sulla loro pelle almeno una parte. Tuttavia, ero ben consapevole che punirle non avrebbe portato indietro il mio bimbo.
Accettai le scuse, ma le ammonii a non fare più nulla del genere, per nessun motivo. Sembrarono veramente pentite di ciò che era successo.
Il giorno dopo, nel posto in cui ero solita sedermi in classe, trovai una fetta di torta con un bigliettino; lo aprii e lo lessi. Erano altre scuse, sempre da quel gruppo di ragazze. Così, come quella volta, ogni mattina trovavo un dono da parte loro, con delle scuse allegate; a volte era una ciambella, altre una rosa, altre ancora dei cioccolatini. Potei intuire le loro sincere intenzioni.
In quel periodo uscivo quasi tutte le sere con Jungkook, tranne quando si allenava fino a tardi; andavamo a cenare fuori, di tanto in tanto anche con gli altri membri oppure con Jong Suk, nei weekend passavamo giornate intere a fare shopping, o al mare, o al luna-park! Avevo scoperto la passione di Jungkook per le montagne russe e per qualsiasi cosa fosse, ai miei occhi, potenzialmente mortale. Quando Jungkook vide l'attrazione più alta di tutto il parco divertimenti, i suoi occhi brillarono, e nonostante le sue preghiere, mi rifiutai di salirci. Dopo la prima esperienza, dove avevo quasi vomitato, mi ero promessa non sarei mai più salita su qualcosa del genere.
Era bellissimo poter andare con Jungkook ovunque volessimo; ovviamente, non saremmo mai state una delle tante coppie che cammina ignorate da chiunque. Non era infatti raro trovare fan che fermassero Jungkook per chiedergli una foto o un autografo, e a volte chiedevano un selfie anche con me.
"Sei famosa!" mi disse un giorno Jungkook, mentre due ragazze avevano appena scattato una foto con me. Non ero affatto abituata a tutte quelle attenzioni, e di certo non ci avrei fatto l'abitudine tanto facilmente. Ero sempre molto imbarazzata quando qualcuno mi fermava, soprattutto perché non ne capivo il motivo; non ero né una persona importante, né ero tantomeno famosa. Immaginavo che il solo essere la ragazza di Jungkook mi avesse reso agli occhi di tutti, qualcuno di interessante.
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My Dream
Fanfiction"E se dicessi che ti amo, cambieresti idea?" Anche davanti a quelle parole, che mi avevano letteralmente spaccato il cuore, noi due rimanevamo distanti, in due realtà diverse, lontani come il mare che cerca sempre di raggiungere la riva, ma che po...