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Decisi di sedermi in una panchina di fronte al grande edificio e aspettai impazientemente. Passarono dieci, venti, poi trenta minuti; allo scattare dei quaranta iniziai a credere che Jungkook non sarebbe mai arrivato. Colta dalla noia, presi il cellulare e mi misi a vagare nel meraviglioso e vasto mondo di internet; visitai i miei siti di shopping preferiti, aggiornai la mia fanpage, e quando riguardai l'orario altri venti minuti erano passati. Mi promisi che avrei aspettato solo altri dieci minuti, e poi me ne sarei tornata a casa, con la coda in mezzo alle gambe. Iniziai a pensare a ciò che mi aveva detto Jong Suk, e a quanto fosse rischioso uscire con Jungkook. Non avevo mai pensato a lui come alla persona dal mio amico descritta, ovvero  come qualcuno che pensa solo ai suoi interessi e che usa le persone come giocattoli, o forse mi ero sempre rifiutata di crederlo. Ormai il tempo limite che mi ero giurata di aspettare era passato e l'attesa superava l'ora. Così mi alzai,  guardai per un'ultima volta l'enorme edificio, mi voltai e lentamente mi incamminai, avendo come meta casa. I miei piedi erano pesanti, i passi brevi; era come se qualcosa volesse impedirmi di andarmene da quel luogo. Ero immersa nei miei pensieri, che erano tutti rivolti a Jungkook e al perché non fosse venuto, nonostante fosse stato proprio lui a chiedermi di vederci, quando all'improvviso sentii alle mie spalle qualcuno camminare velocemente, o forse correre. Non feci in tempo a voltarmi per vedere cosa stesse succedendo, che sentii una mano sulla mia spalla destra. A quel contatto mi spaventai, ma dopo, quando vidi un ragazzo con cappellino e mascherina neri, anfibi, e vestito di tutto punto con tanto di cappotto, lo ricondussi a Jungkook.

 A quel contatto mi spaventai, ma dopo, quando vidi un ragazzo con cappellino e mascherina neri, anfibi, e vestito di tutto punto con tanto di cappotto, lo ricondussi a Jungkook

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"Scusa per il ritardo Jade, davvero non volevo, è colpa degli altri ragazzi" esclamò affannato "Mi sono trattenuto perché dovevamo discutere di un dettaglio del nuovo album. Mi dispiace " disse tutto questo tenendo la sua mano sulla mia spalla. Non potei fare a meno di notare i suoi tatuaggi spuntare dalla manica. Sentii la sua sincerità nelle scuse; il tono di voce era rammaricato e i suoi occhi lucidi. 

"Davvero, non importa, ciò che conta è che sei riuscito a venire" interruppi le scuse, e spontaneamente presi la sua mano che era appoggiata alla mia spalla la strinsi tra le mie.

Quel gesto forse lo sorprese, infatti vidi una scintilla comparire nei suoi occhi e il suo sguardo fissare le nostre mani unite.  Notando la sua reazione, gli lasciai immediatamente la mano; sentii le mie guance avvampare e diventare rosse come un peperone.

"Andiamo!" sorrise, ma a causa della mascherina, l'unica cosa che vidi furono i suoi occhi stringersi. 

"Dove siamo diretti?" gli chiesi cercando di camminare al suo fianco.

"E' una sorpresa!"

Chiamò un taxi, e non appena arrivò, aprì lo sportello e mi fece entrare per prima; in quel momento mi sentii una principessa. 

" Al Gwangjang Market per piacere" disse all'autista, una volta a bordo.

"Gwangjang Market? L'ho già sentito" rimasi un attimo in silenzio per pensare a che luogo fosse "E' quell'immenso mercato in cui si magia di tutto?" 

"Esatto. Ci sei mai stata?"

"No, ma ne ho sentito parlare moltissimo" dissi entusiasta.

Quando arrivammo a destinazione, mi comportai come una bambina. Ogni cosa che vedevo volevo assaggiarla, e nonostante cercai più volte di pagare con i miei soldi, Jungkook non me lo permise mai. Mangiai il gimbap , i bindaetteok e i bungeoppang; raccontai a Jungkook di aver già mangiato molti di questi piatti in Italia, ma che qui in Corea erano molto più buoni.

"Ecco i tteokbokki di cui ti avevo parlato!" Jungkook si avvicinò ad un banchetto.

Era evidente dalla confidenza dei due che la signora che lo servì conosceva Jungkook già da tempo. Ci sedemmo in uno dei piccoli tavolini che adornavano il chiosco, Jungkook mi porse la mia porzione di tteokbokki, e mi diede anche una posata con cui mangiarli. Presi la piccola forchettina, ne infilzai uno e me lo portai alla bocca. Non appena la mia lingua entrò a contatto con la salsa, capii che quei gnocchi erano super piccanti, molto di più di quelli a cui ero abituata. Iniziai a lacrimare, ma nonostante ciò li trovai deliziosi. Jungkook, accorgendosi della mia reazione, corse dalla signora per acquistare dell'acqua, e dopo avermela aperta me la allungò.

"Grazie mille" gli dissi mentre mi stavo asciugando le lacrime, dopo aver bevuto.

Improvvisamente Jungkook avvicinò al mio viso una mano, e con un fazzoletto mi pulì un angolo della bocca. Rimasi immobile, mentre osservavo il viso di Jungkook concentrato a strofinare il fazzoletto di carta. 

"Fatto" mi sorrise.

Non dissi nulla, ma lo ringraziai timidamente. Quando finimmo di visitare il mercato, ci dirigemmo a Myŏngdong, la zona più affollata di Seoul.

"Sei sicuro che sia una buona idea andare in mezzo a tutte quelle persone? Non ti potrebbe riconoscere qualcuno?" chiesi io mentre ci stavamo dirigendo al luogo scelto.

"Può sembrare strano, ma a volte i posti con tante persone, sono quelli migliori per mimetizzarsi" mi rispose con un sorriso.

Solamente quando eravamo in taxi si prendeva la libertà di togliersi la mascherina, e in quei momenti potevo osservare completamente il suo volto. Era bello come sempre, ma quel giorno aveva un'aria diversa, forse più misteriosa, e mentre guardava fuori dal finestrino potei notare la cicatrice sulla guancia sinistra, che sapevo essersela procurata in seguito ad un litigio con suo fratello. Era in quei momenti che mi rendevo conto, che la persona affianco a me, non la consideravo più come un idol, ma come una persona che faceva parte della mia vita, una persona vera, in carne ed ossa, e che non era più solo una raffigurazione nei poster di camera mia. 

Finalmente giungemmo a destinazione; nonostante abitassi in Corea da anni, non ero mai stata in quella zona di Seoul e la prima cosa che mi colpì di quel luogo furono gli immensi cartelloni illuminati, che grazie al buio, risaltavano ancora di più.

Finalmente giungemmo a destinazione; nonostante abitassi in Corea da anni, non ero mai stata in quella zona di Seoul e la prima cosa che mi colpì di quel luogo furono gli immensi cartelloni illuminati, che grazie al buio, risaltavano ancora di più

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C'erano moltissime persone, forse troppe; la strada era così colma di gente, che ad un certo punto, anziché trovarmi al fianco di Jungkook, mi ritrovai quasi a due metri di distanza da lui. Quando Jungkook si accorse della mia lontananza, si voltò di scatto, e dopo avermi individuata nella folla, cercò di tendermi una mano. Mi allungai verso di lui, e dopo qualche sforzo la afferrai, e la sua mano si strinse alla mia. Quando la distanza tra me e lui si annullò, e riuscimmo a tornare uno accanto all'altra, lui non lasciò la mia mano, anzi, la strinse più forte. In mezzo a quel mare di persone, il contatto con Jungkook mi faceva sentire al sicuro, protetta da tutto e da tutti; era come il mio faro nella notte, la mia unica certezza.

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