Darkness and Flames

45. "La chiave"

Pensavo che i tre giorni chiusa sotto terra non sarebbero mai passati e, invece, eccomi qua. Pronta per partire per il North Caroline, pronta per scoprire cosa i Lancaster hanno intenzione di fare, per capire a quale perverso gioco stanno giocando. Dopo avermi aiutata ad indossare la parrucca, le ragazze che si sono occupate della mia "trasformazione", escono dalla stanza e mi lasciano da sola. Mi osservo davanti allo specchio a figura intera e non posso non ammettere che hanno fatto un ottimo lavoro.

Stento a riconoscermi: Indosso una parrucca nera con taglio a caschetto che arriva poco più giù delle orecchie. Il celeste dei miei occhi è messo in risalto dall'ombretto nero sulle palpebre e lunghe ciglia finte li incorniciano. Ma quello che fa apparire completamente diverso il mio viso è il gioco di sfumature fatto con vari colori di base per il trucco. I lineamenti non sembrano più i miei. Anche la nuova forma disegnata delle sopracciglia dà il suo notevole contributo.

Infine, le labbra sono state ingrandite e cambiate di forma (per quel che si poteva). Per quanto riguarda i vestiti, anche essi sono ben diversi dai miei abiti usuali: dei collant a rete, una minigonna in pelle nera e un maglioncino a collo alto, super aderente e anche esso nero. Sono completamente un'altra persona.

Alle mie spalle proviene un fischiettio di approvazione. È David, appoggiato allo stipite della porta, con braccia incrociate e sguardo che vaga su di me.
«Sono più che certo che mi innamorerei anche di questa versione di Aria» ammicca.
«Spiacente, ma mi ha scambiata per un'altra persona. Sono Laurel Williams» gli rispondo dopo essermi girata a guardarlo.

Anche lui è stato "trasformato". In questi giorni si è fatto crescere la barba (che gli sta veramente bene). Il trucco ha cambiato anche i suoi di lineamenti e delle lenti a contatto castano chiaro hanno sostituito i suoi meravigliosi occhi color cielo. Gli abiti che indossa sono totalmente diversi dal suo solito stile: dei jeans con dei strappi un po' ovunque (non avrei mai pensato di vedere un giorno David Carter con un paio di jeans strappati), una semplicissima maglietta bianca e sopra di essa una camicia in jeans lasciata aperta. Ma, infondo, riconosco in lui sempre il mio David.

Si fa avanti e con qualche piccolo passo è di fronte a me. Grazie ai miei tacchi sproporzionatamente alti, sono della sua stessa altezza. «Mi sa che ha ragione, signorina Laurel. Lasci che mi presenti a mia volta, sono Damian Sanders» usa i nostri nomi per la missione. È bene dirceli spesso per ricordarli.

«Mia bella signorina, l'aereo ci sta aspettando. È pronta per patire?»
Vorrei dire di no, ma annuisco comunque. Nonostante gli ultimi giorni li abbiamo passati a rivedere il piano in ogni suo piccolo particolare e arricchito ogni più insignificante dettaglio per renderlo "Vero", ho comunque paura di fallire.

«Hey» David se ne accorge e, stringendomi per i fianchi, mi spinge contro di lui.
«Andrà tutto bene, te lo assicuro» e mi bacia la punta del naso.
«Mi fa quasi impressione baciarti, mi sembra di tradirti» e ride, facendomi dimenticare per un attimo quello che ci aspetta nelle prossime ore. A cominciare dalle ore che dovrò passare chiusa in quell'aereo a guardare solo fuori dal finestrino per distrarmi.

*****
Salgo "finalmente" sull'aereo. Uscire dalla base e raggiungere la sua pista di volo (sì, a quanto pare, ne ha una), è stata una vera e propria missione. Tra coperture, uomini a guardarci le spalle, macchine con tanto di finestrini oscurati e migliaia di altre precauzioni, siamo riusciti a raggiungere la nostra destinazione mantenendo il nostro piano di copertura intatto.

Mi lascio sprofondare sul mio solito sedile, pronta a più di cinque ore di volo. Quest'aero sembra diventato la mia seconda casa.

«Signor Carter, siamo pronti a partire. Ci dica lei quando» arriva la nostra personale hostess di volo. Prima di rispondere, David fa per guardare il polso sinistro, dove solitamente porta uno dei suoi costosi orologi, ma questa volta non trova niente. Fa parte del suo nuovo "abbigliamento". Sbuffa e dice comunque di partire.