3. I trent'anni dell'azienda

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Sorseggio una tazza di caffè mentre trascrivo al computer alcuni dati. La caviglia continua a farmi tremendamente male, ma resisto. Vengo interrotta da qualcuno che bussa alla porta del mio ufficio. <<Avanti>>
Entra dentro il capo.

<<Cosa posso fare per lei?>>
<<Hai trascritto quei dati? Ho bisogno di una copia subito>>
<<Mi ha chiesto di farlo meno di cinque minuti fa, mi dia il tempo di terminare>>
<<Erano pochi semplici dati, lavora più velocemente>>
Alzo gli occhi al cielo e mi trattengo dal buttargli addosso il caffè rimanente nella tazza.
<<Fra cinque minuti glieli invio tramite mail. Posso fare qualcos'altro?>>
<<No. Sono venuto perché cercavo Leyla>>
<<Dovrebbe essere in archivio a cercare gli altri documenti che ha richiesto sempre cinque minuti fa>>
<<Ti stai per caso lamentando di qualcosa?>>
<<Chi? Io? Assolutamente no>> lo guardo con finti occhi innocenti.

<<Comunque, volevo chiedere a Leyla se può passare lei a ritirare dalla tintoria il vestito per questa sera. Glielo chiedi tu? Io devo andare>>
Annuisco e se ne va senza neanche salutare. Che antipatico!

Aumento il ritmo in modo da riuscire a fargli avere subito i suoi dati. Non sia mai, farlo aspettare qualche secondo in più. Glieli invio e finisco il mio caffè. Guardo l'ora, finalmente ho finito col primo lavoro. Ritorna anche Leyla. <<Possiamo andare?>> è super eccitata all'idea di avermi come coinquilina. Io sono pronta ad accettare qualsiasi tipo di appartamento, se il prezzo è buono. <<Si, possiamo andare>> risponde mentre indosso il giubbotto e prendo tutte le mie cose. La informo anche dell'ultimo incarico datole da Carter. Lei lo appunta velocemente in agenda.
Scorgo di sfuggita le pagine e sono tutte stra piene. Povera Leyla, non deve essere facile essere l'assistente di David Carter.

Usciamo dalla struttura e raggiungiamo la sua macchina.
<<Questa mattina non zoppicavi, o mi sbaglio?>> mette in moto. Le racconto in poche parole quello che è successo. Naturalmente si mette a ridere. <<Va bene, basta la smetto. Non mi sembra giusto ridere dopo la giornata infernale che hai avuto oggi>>
<<Non avresti potuto trovate termine migliore per descriverla>>
<<Mi sembra un po' gonfia comunque. La caviglia intendo>>
<<È da tutto il giorno che sto in piedi, corro e faccio su e giù per i piani, certo che si è gonfiata>>
<<Come è stato cadere fra le braccia del capo?>> sghignazza.
<<Non commentiamo>>

Arriviamo subito davanti al suo palazzo. Se diventassi veramente la sua coinquilina, abiterei anche a pochi minuti dal lavoro, e non a mezz'ora di strada, come con l'hotel. <<Dimmi che non abiti all'ultimo piano>> chiedo impaurita guardando l'enorme palazzo.
<<No, sta tranquilla. È al terzo piano>>
Rilascio un sospiro di sollievo mentre ci incamminiamo.

<<Benvenuta!>> esclama Leyla aprendo la porta e lasciandomi entrare per prima.
La porta si apre su un lungo corridoio. Vi è un mobiluccio in legno di colore bianco, con sopra alcune foto che ritraggono lei e quelli che penso siano familiari e amici.
<<Ti faccio fare un piccolo tour>> mi guida verso il salotto.

La parete di fronte è per metà una finestra, le altre pareti sono di un colore bianco latte. Un divano grande color blu scuro è appoggiato alla parete. Una grande tv, occupa la parete frontale. Sempre su quella stessa parete vi sono delle mensole con sopra foto, piccoli vasi con all'interno fiori finti, libri e piccoli souvenir. Accanto al divano, al centro più precisamente, un piccolo tavolino in vetro di forma ovale molto elegante. Sopra vi sono poggiate alcune riviste, il telecomando della tv e un computer portatile. A destra del salotto vi è un tavolo più grande, molto simile a quello piccolo, e le sedie che lo circondano richiamano lo stile del divano. Al centro del tavolo vi è un grande vaso con dei fiori veri, il cui profumo avvolge tutto l'ambiente.

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