6. Liam

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Sul campo decido io. Le partite sono i momenti in cui godo della massima libertà.

È una libertà vincolata alle tattiche che studio con papà e con Lazlo (che è mio allenatore da otto mesi, ormai). Ma ho il mio spazio. Prendo le mie decisioni. So cosa fare. Sono sicuro di quello che faccio. Sono in comando.

In momenti come questo non lo sono. In momenti come questo la mia libertà è al minimo.

Le riunioni.

Qualsiasi tipo di riunione: con l'agenzia, con i giornalisti, con gli sponsor. Buona parte di questi incontri per fortuna mi viene risparmiata, ma qualche volta la mia presenza è richiesta. Non capisco perché, visto che non faccio altro che starmene in disparte, ascoltare e annuire. Non prendo decisioni, sono papà e zia a farlo.

Le rare volte in cui dico qualcosa vengo interrotto prima di concludere la frase. C'è sempre fretta, in queste riunioni, ci sono sempre discussioni, trattative. Io non discuto di fretta. Non posso farlo.

Oggi è diverso dal solito. Oggi so perché sono qui: perché l'ha voluto Louis Tomlinson.

Li stiamo aspettando, arriveranno sicuramente in ritardo, figuriamoci. Louis e suo fratello maggiore, Liam. L'allenatore, il famigerato Arturo De Santis, non ci sarà, e papà ne sembra felice. Ma c'è il fratello.

Anche Liam gioca a tennis, e pare giochi qui al Roland Garros. Non ne avevo idea, mai sentito nominare, forse gioca il doppio nell'altra metà di tabellone? Non mi pare di aver letto il suo nome nella mia metà. Di certo non è un singolarista, quelli li conosco tutti. Oppure, cosa altamente probabile, quel pasticcione di Roberto si è sbagliato e Liam sta in realtà giocando qualche torneo minore - un Futures o un Challenger - che si tiene qui nei paraggi.

Intanto papà e l'avvocato Lombardi discutono del mio contratto con la Nike, dei soldi sponsor che ho perso uscendo al primo turno, del servizio fotografico che dovrò fare tra qualche giorno per le divise bianche, quelle che si usano a Wimbledon, dove vige il meraviglioso dress code che obbliga tutti a vestirsi di bianco. Parlano anche del futuro, del post Wimbledon. Per la stagione sul cemento hanno disegnato una divisa speciale, personalizzata, che indosserò solo io. La mia linea. Me la mostrano. È nera e arancio. E il modello che la indossa nelle foto la porta esattamente come me, con la maglietta infilata nei pantaloncini. È un dettaglio per cui sono stato spesso preso in giro dai miei coetanei, quando ero più piccolo, e non ho mai capito perché. Negli anni Ottanta tutti indossavano le divise in questo modo, e non capisco perché abbiano smesso di farlo: sono infinitamente più comode. Non sopporto l'elastico dei pantaloncini a diretto contatto con la pelle!

Avere la divisa personale è un importante segno distintivo. È un modo per sottolineare la mia importanza crescente nel panorama tennistico internazionale. Sono contento, è l'ennesima dimostrazione del fatto che Tomlinson aveva torto: non sono "il tennista balbuziente", sono la nuova forza del tennis, il futuro, la stella più luminosa della Next Gen. I fan si compreranno il mio completo perché sono bravo, perché mi ammirano, perché vogliono essere come me.

Rumori fuori dalla porta, e finalmente entrano i due russi, accompagnati da Roberto.

Sono puntuali, non me l'aspettavo, sono appena scoccate le nove. Cloe si alza dall'angolino in cui si era accucciata e va loro incontro, li annusa. Entrambi i fratelli la accarezzano, Liam gli dice delle cose in russo, lei scodinzola. È così buona, Cloe, vuole bene a tutti.

Liam sembra un Louis più bello e curato. I due fratelli hanno dei lineamenti simili, ma quelli di Liam sono più regolari: naso meno lungo, contorni più morbidi. A contrario di Louis ha gli occhi marroni, non trasparenti come quelli del fratello. Hanno un colore più normale. Liam è moro, e sembra un moro naturale. Immagino che sotto il verde fluorescente anche lo sbruffoncello sia moro, perché le loro sopracciglia hanno lo stesso colore, castano scuro. I capelli mossi di Liam arrivano a coprirgli le orecchie, e sono ben pettinati. Quelli di Louis sono corti e lisci, e anche un po' arruffati.

Play - Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora