108. Abbandoni

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Arturo è morto sette giorni dopo, nella mia casa di Capriva, assistito da Louis e da mio padre.

Ci sono stati dei momenti un po' sgradevoli con mio nonno. Si ricordava di Arturo, si ricordava che è stato amico di papà, da ragazzo, e si ricordava dei suoi problemi di droga e alcol, quindi all'inizio si è opposto all'idea di farlo stare lì. Ma sì è ammorbidito e ha ceduto quando ha capito che stava morendo e aveva bisogno di cure, e per fortuna ha lasciato tutti in pace durante gli ultimi giorni.

lo sarei dovuto partire per andare a Washington. Louis era iscritto al torneo di Amburgo, che si svolge negli stessi giorni. Abbiamo entrambi cancellato la nostra partecipazione.

Con papà non c'è ancora stata una vera riappacificazione. Lui era troppo impegnato con Arturo, io mi sentivo ancora a disagio, più per la scena che ho visto in riva al fiume, che per quanto è successo con Cloe. Nelle ore immediatamente successive alla morte, ho provato ad avvicinarmi a lui. L'ho trovato che piangeva, e quando mi ha visto mi ha detto che voleva stare solo.

Gli ultimi due giorni è venuta a Capriva anche Daria, e sono tornati un po' in anticipo dalle loro vacanze Zoe e Liam. Louis ha avuto la loro compagnia, non ho passato molto tempo nemmeno con lui. Sono rimasto solo, in una casa affollatissima, in mezzo a una confusione lugubre e angosciante, oppresso dal pensiero della morte di mia madre, e dalla prospettiva della imminente morte di Arturo.

Siamo al funerale, che Arturo ha voluto si tenesse qui in Friuli, anche se non ha mai vissuto da queste parti (era originario di Roma). «Non ho più amici in nessun posto» ha detto. «E siccome siamo tutti qui, tanto vale che lo facciate qui, se proprio ci tenete a farlo.» È un funerale civile, perché Arturo non era credente. Sono presenti molti ex colleghi tennisti di mio padre, che lo conoscevano da ragazzo, venuti apposta da tutta Italia. Ci sono i genitori di Louis, che sono volati qui ieri sera dalla Russia. Ho offerto loro ospitalità a casa mia, ma l'hanno gentilmente declinata, preferendo un hotel.

C'è la madre di Arturo, che è ancora viva.

Una donna strana. Minuta, molto grinzosa e vestita in maniera elegantissima, forse persino troppo sfarzosa. È venuto qualche giornalista, al funerale, e l'ho sentita dare interviste prima dell'inizio della cerimonia. Si diceva addolorata per la perdita del figlio, ma non sembrava affatto triste. C'era una freddezza apatica nei suoi occhi.

Non mi piacciono i funerali. Non ho voluto assistere a quello della mamma, perciò questo è il primo funerale a cui partecipo, e lo faccio solo per stare vicino a Louis. Anche se non gli serve: c'è Daria a tenergli la mano.

Siamo già seduti. Sento vociare, dietro di noi. Qualcuno trova irrispettoso il modo in cui è vestito Louis, che indossa semplicemente dei jeans e una t-shirt grigia, senza scritte o loghi. Trovano irrispettosi i suoi capelli viola. Non capisco questi commenti: sono i suoi capelli. Ad Arturo non davano fastidio, e questo è il suo funerale. Louis, comunque, per fortuna sembra non sentirli, o forse semplicemente se ne infischia.

La cerimonia è abbastanza lunga. Diverse persone salgono su un piccolo podio a dire parole su Arturo, a parlare del suo talento sprecato, dei suoi problemi. "Problematico" è uno degli aggettivi che sento più spesso. Perché parlano? Lo conoscevano venti o trent'anni fa e poi lo hanno perso di vista. Continuo a non capire. Mi sembra tutto completamente privo di senso.

Non mi piacciono i funerali. C'è la bara, per fortuna chiusa, in mezzo alla sala. Nella bara c'è il corpo morto di Arturo. Che cosa disgustosamente macabra.

È morto. A cosa serve tutto questo?

Dopo un discorso molto lungo della madre di Arturo, viene il turno di mio padre. Che sale sul palchetto e pronuncia solo poche parole: «Non ho niente da dire. Era un mio carissimo amico e mi mancherà molto.» C'è un forte brusio mentre torna a sedersi, cupo in volto.

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