Andiamo al pignarûl a piedi, tutti insieme: io, papà, Zoe, Alessandro e Lidia. Mio nonno per fortuna resta a casa, insieme alla piccola Anne.
Ci ingiubottiamo per bene, perché fa freddo. Ma sono sicuro che se ci fosse Louis mi prenderebbe in giro perché questo non è vero freddo.
Louis ha proposto a mio padre di farmici andare. So che è stato lui. Louis pensa che potrebbe farmi bene. Mi fido di Louis.
Ci sarà molta gente e la cosa mi spaventa. Ma sto cercando di farmi coraggio.
E poi, non posso stare chiuso in casa per sempre, me ne rendo conto anch'io. Ho cominciato con le passeggiate solitarie, in cui mi capita di incontrare solo qualche silenzioso contadino. Stasera andrò a questo evento, con la mia famiglia, una festa di paese a cui parteciperanno per lo più anziani e bambini. Forse non mi romperanno le scatole. Potrebbe essere un buon ritorno graduale alla socialità.
Quando arriviamo, verso le otto, il falò deve ancora essere acceso: c'è una gigantesca catasta di legna. Era gigantesca nei miei ricordi d'infanzia e la trovo gigantesca anche adesso.
Ma non c'è la befana, in cima, solo legna. Forse, come diceva Louis, si sono resi conto che era una cosa "da stronzi."C'è mezzo paese alla festa. Nell'aria si sente profumo di carne grigliata e di rape acide, e ci sono dei tavolini con bevande e vassoi di dolci e biscotti portati dalla gente del posto. Anche mio padre ha portato qualcosa, delle bottiglie di vino dalla cantina di mio nonno. Non si è sprecato, sono tre casse da sei, una delle quali l'ho trasportata io stesso fino ai tavolini.
L'omaggio è molto gradito dal ragazzo che gestisce il banchetto.
«Ma tu sei Harry!»
Ecco. Riconosciuto dalla prima persona con cui interagisco! Forse non è stata una buona idea
venire qui.«Ti ricordi di me? Eravamo a scuola insieme! Riccardo Spessot!»
Riccardo Spessot è un nome che riemerge da un buco nero della mia memoria, e insieme a quello ne emergono altri: Marta Benci, Giulia Cecot, Tommaso Donda, Mascia Kovacic, Roberto Marega, Serena Mreule, Giulia Quaiat, Riccardo Spessot, Harry Styles, Sara Zuppel.
L'appello della mia scuola elementare mi scroscia nella testa come una cascata.
Guardo il viso del ragazzo e cerco di ritrovare anche quello nella mia memoria, ma è il viso di un perfetto sconosciuto. Anche i nomi dell'appello non hanno volti abbinati a essi. Chissà, forse ce n'è anche qualcun altro, qui alla festa. Qualcuno che non riconoscerò.
«Dio che roba!» esclama lui. «Ti vedo sempre in tv, sai? Vai in Australia adesso? Quando dico in giro che ero in classe con te alle elementari non mi crede mai nessuno! Possiamo fare un selfie?»
Non dovevo venire. Lo sapevo! Sono qui da meno di un minuto e mi hanno già importunato. Riccardo Spessot mi guarda speranzoso con il cellulare in mano.
«Harry sta poco bene» dice mio padre. «Non se la sente di fare...»
Non so se è più stupito mio padre o se sono più stupito io dal mio stesso gesto. Non so perché l'ho fatto. Forse ho rivisto qualcosa della mia infanzia perduta negli occhi di questo ragazzo, forse l'ho fatto semplicemente per cercare di superare un limite.
Ma mi sono avvicinato a lui e ho sorriso alla fotocamera del suo cellulare mentre scattava.
«Oh, grazie, ciò. Mi dispiace che stai poco bene» dice Riccardo subito dopo lo scatto.
Faccio spallucce e mi sforzo di continuare a sorridere.
«Volete un dolce? Potete prendere. C'è strucolo, putizza, biscotti col cioccolato, cuguluf...»
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Play - Larry Stylinson
FanfictionCome comincia una rivalità, una di quelle leggendarie che fanno sognare una generazione? Prendete due giovani tennisti all'inizio della loro carriera. Harry Styles, talento italiano destinato a diventare un campione. Ordinato, perfezionista, riserva...