41. Salvare un amico

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Ho perso.

Non è possibile! Era uno smash facile! Se avessi tenuto il braccio un po' meno rigido, se avessi inarcato un po' di più la schiena...

Sento la fronte di Molina appoggiarsi alla mia tempia. «Sei un campione» mi dice, mentre camminiamo insieme verso l'arbitro. Non voglio stringerle la mano. Non voglio che sia finita.

Ma devo accettarlo. Devo ingoiare queste lacrime, non è dignitoso piangere in questo modo, non sono un bambino.

Riesco a calmarmi, e mentre andiamo verso l'arbitro dico una cosa a Rico, una cosa forse un po' stupida, ma è l'unica cosa che mi viene in mente. «Ssssorry for the und-d-derarm...»

Rico fa un sorrisetto. «Don't be sorry, it's not against the rules!»

No, non è contro le regole, ma è un colpo sporco e irrispettoso. Un trucchetto da quattro soldi con cui al massimo si può vincere un punto, cogliendo l'avversario di sorpresa. Non lo rifarò mai più.

Allungo la mano verso l'alto ed Helena Adish mi porge la sua, la stringo, poi gliela stringe Molina e lo vedo incamminarsi verso il centro del campo, a braccia alzate, a prendersi il tripudio della folla.

Non posso guardarlo. Lo odio. Dio quanto lo sto odiando in questo momento! Mi passano per la mente pensieri brutti e meschini, sul fatto che sarebbe stato così bello se fosse stato lui, quello con l'infortunio alla schiena, lui e non io. È un pensiero non degno di uno sportivo, ma mi viene da pensarlo ugualmente, e mi odio per averlo pensato. Io sono meglio di così. lo sono una persona onesta, che vuole vincere in modo onesto.

Ma oggi ho giocato sporco e brutto, per cercare di vincerla. E ho perso ugualmente.

Mi siedo sulla panchina e mi butto un asciugamano in testa, non so neanch'io perché, voglio un po' di privacy, vorrei stare da solo. Sotto l'asciugamano mi esce qualche altra lacrima. Fatico a fermare i singhiozzi. La telecamera mi sta sicuramente inquadrando, il pubblico adora queste scene patetiche. Il pubblico non capisce che io ora vorrei solo scappare e nascondermi.

Calmata anche la seconda piccola crisi di pianto, emergo dall'asciugamano. Probabilmente ho gli occhi ancora lucidi. Vedo con la coda dell'occhio la mia faccia gigantesca sul megaschermo. Poi l'immagine cambia, mi sembra che ora stiano inquadrando di nuovo Molina. L'adrenalina sta scemando, e il mal di schiena mi sta uccidendo. Vorrei stendermi. Vorrei farmi anestetizzare.

C'è una prima rapida intevista al vincitore, mentre gli organizzatori nel frattempo preparano il palchetto e i raccattapalle si mettono tutti in fila, ordinati. Molina dice ovviamente delle banalità su di me: un grande guerriero, grande battaglia, vincerà degli Slam, è sempre così, chiunque è sempre molto complimentoso con l'avversario battuto, anche se in realtà non lo pensa (chissà cosa pensa davvero Molina). Faccio dei sorrisetti forzati, quando mi sento nominare, giusto in caso una telecamera mi stia inquadrando.

Chiamano i rappresentanti degli sponsor, e quelli dell'USTA. Fanno discorsi di circostanza, mentre io continuo a pensare a quello smash sbagliato. Forse l'errore nasceva prima. Dalla prima volée. Forse avrei dovuto tirarla sul contropiede. Allora avrei fatto sicuramente punto.

Finalmente chiamano il mio nome. «The runner up, Harry Styles!»

Mi fischiano. Il pubblico continua a fischiarmi. Mi detestano. Ma io cammino a testa alta verso il palchetto, col mal di schiena che pulsa a ogni passo.

Odio questi momenti. Sono stato sconfitto, e mi stanno consegnando un trofeo che attesta la mia sconfitta. Perché lo fanno? Non so se esiste qualche atleta che non viva questi momenti come un'umiliazione.

Stringo le mani. La presidentessa dell'USTA, mi fa un sorriso tiratissimo. La conosco bene: è una donna di colore, ed è una forte sostenitrice dei diritti delle donne e delle minoranze, sono certo che se potesse mi fischierebbe anche lei, come il pubblico. Il direttore del torneo mi consegna il vassoio che è il premio per il secondo classificato. I premi dei finalisti sono quasi sempre dei vassoi: molto appropriato, vai a fare il cameriere, mi stanno dicendo.

Play - Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora