81. Arrabbiato

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Vedere il suo nome apparire sullo schermo mi stritola lo stomaco. Mi fa venire il capogiro.

Devo respirare.

«Non gli rispondi?» mi esorta Zoe sbirciando lo schermo.

Con la gola chiusa, clicco sulla cornetta verde. Porto il telefono all'orecchio, ma non riesco a dire niente nel ricevitore.

Anche lui sta zitto, dall'altra parte.

Rimaniamo così, entrambi zitti, per forse un minuto.

«Garri?» dice lui infine.

Garri. Da quanto tempo non sentivo questo nome...

«Mi dispiace» aggiunge. «Mi dispiace tanto»

Il suo accento strano. La sua voce bassa. Quanto tempo! Mi sembra che siano passati secoli dall'ultima volta che li ho sentiti.

«È una foto bellissima» aggiunge.

Non riesco a dire niente.

«Sono ancora arrabbiato con te» dice lui, ma il suo tono di voce non va d'accordo con ciò che dice, è quasi dolce. «Sono tanto arrabbiato. Ma quando ho visto foto so che tu stai male, e mi dispiace.»

Apro la bocca. Vorrei parlare, ma non ci riesco.

«Scrivigli!» mi sussurra Zoe. La guardo. Mi ripete l'ordine senza voce, solo col labiale.

«Volevo dire solo questo. Se non riesci a parlare capisco» dice Louis.

No! lo vorrei dire qualcosa, solo che... non so cosa! Cosa posso dire? Cosa? Odio quando mi balbetta persino il cervello.

«Ci vediamo a Washington.»

Sta per chiudere. Sta per chiudere! «Louis!»

Silenzio. Qualche secondo. «Dimmi.»

Non so cosa dire. Non ho più parole.

Non le trovo.

«Ci vediamo, Garri. E ricordati che sono ancora arrabbiato» ripete, col tono lento e triste che ha avuto per tutta la chiamata.

E infine chiude.

Appena lo fa prendo un respiro. Mi accorgo che sono stato in apnea per circa mezzo minuto.

«Dio, fai qualcosa...» dice Zoe.

«In che senso?» le chiedo.

«Fai qualcosa per risolvere questo litigio con Louis. Non ti ho mai visto così, sembrava quasi che stessi avendo un attacco di panico.»

«N-non sapevo c-c-cosa dire!»

«Me ne sono accorta. Potevi ringraziarlo, semplicemente. Oppure...non so, fargli complimenti per la vittoria di Umag.»

«Hhh...» Non riesco a dire la acca. Prendo un respiro. «Ha vinto Umag?»

«Sì, non lo sapevi? Pensavo lo sapessi.»

Ha vinto il suo primo torneo! Ero talmente impegnato a ignorare ed evitare qualsiasi notizia su di lui, che non ne ho saputo nulla. Umag. È qui vicino, in Croazia. È un Duecentocinquanta estivo sulla terra, uno di quei tornei minori che molti ragazzi giovani vincono come primo torneo della loro carriera.

Dopo la finale di Wimbledon era solo questione di tempo.

La finale che ha giocato al posto mio...mi fa ancora male pensarci.

Ma l'idea che abbia vinto Umag no, non mi fa male. Anzi, sono felice per lui. È talmente in basso, rispetto alle mie ambizioni, che riesco a essere felice per lui.

Play - Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora