Arriviamo a Bovec alle undici, con un taxi, proprio sotto al complesso residenziale in cui si trova il mio appartamento, e la vediamo entrambi prima ancora di scendere. Rossa, con una striscia nera che attraversa il cofano e il tetto.
«Lancia Delta di Artu!» esclama Louis, indicandola dal finestrino.
Paghiamo il tassista e scendiamo. «È qui! È pazzo, in macchina da Piter! Squilla in casa che devo dirgli ramanzina!» mi ordina. Immagino intenda dire: suona il citofono.
Non ho le chiavi per entrare, purtroppo. Ma se mio padre e Arturo sono in casa ci apriranno. C'è un codice da inserire, prima di poter suonare, per fortuna lo ricordo. Lo inserisco e suono. Premo il pulsante diverse volte, ma nessuno risponde, mentre Louis sta per la centesima volta cercando di telefonare ad Arturo o a mio padre. I cellulari sono sempre spenti.
«Dove sono!?» grida. Poi prende un respiro. «Relax, Vanja» si dice. «Artu è qui. Relax. Adesso lo trovo.»
«C'è un negozio» suggerisco, indicando una bottega di alimentari che si trova dall'altra parte della strada. «Potremmo chiedere li se li hanno visti.»
«Grande idea!» esclama Louis, già correndo verso il negozio.
Lo seguo. Entriamo. «Doberdan!» ci dice la commessa.
«Doberdan» rispondo.
E qui finisce il mio sloveno. «Ehm... D-d-do you speak English?» accenno.
«No» risponde la donna, una signora corpulenta sui sessanta.
«Italiano?» azzardo.
«No... Sprache sie deutsch?» ci chiede lei.
«Nein» rispondo.
Al che, sento Louis parlare in quello che mi sembra proprio essere sloveno. Non sapevo parlasse anche questa lingua, tra le tante. Si dicono parecchie cose, discutono, Louis le mostra il proprio cellulare, una foto di Arturo, un'altra di mio padre, vedo la commessa annuire. «Ok, andiamo» mi dice Louis alla fine. «Li ha visti, sono qua. Ma non sa dove sono adesso.»
«Non sapevo p-parlassi sloveno» gli dico.
«Non parlo sloveno. Conosco qualche parola di serbo-croato, e mi sono fatto capire inventandomi cose in russo trasformate in serbo.»
Cose in russo trasformate in serbo? Cosa diamine significa?
«E lei t-ti ha capito?»
«Sì! Non hai visto?» Lo dice come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Decido che è meglio lasciar perdere. Sono cose che possono succedere solo con Louis, queste.
«Cosa facciamo adesso?» mi chiede. «Aspettiamo qua vicino casa?»
Rifletto. E mi torna in mente il posto segreto di mio padre, quella deviazione dal sentiero che fa sempre durante le passeggiate, per andare in quella piccola radura sulla riva dell'Isonzo. «Be'... c'è un p-posto dove potremmo andare a vedere.»
Gli spiego di questo posto segreto e decidiamo di provare ad andarci.
Ci incamminiamo verso i sentieri di trekking. Ricordo bene la strada, l'ho percorsa parecchie volte. E ricordo anche a che punto si trova la deviazione. Prendiamo un sentierino che con un ponticello passa sopra al fiume. Louis trova tutto molto bello. «Questo è lo stesso fiume che arriva vicino casa tua?» mi chiede.
«Sì.»
«Ha un colore bellissimo» osserva. «Un po' verde, un po' blu. Prossimo colore di capelli faccio questo.» E dicendolo scatta una foto. «Mh, in foto non viene bene...» commenta con aria delusa.
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Play - Larry Stylinson
FanfictionCome comincia una rivalità, una di quelle leggendarie che fanno sognare una generazione? Prendete due giovani tennisti all'inizio della loro carriera. Harry Styles, talento italiano destinato a diventare un campione. Ordinato, perfezionista, riserva...