96. Dita

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Cosa ho fatto?

Ho ancora le dita di Louis tra le labbra, e le immagini nella mia testa si fanno sempre più confuse e forsennate.

No, non sono immagini, sono emozioni, è il sangue che mi va alla testa, sto succhiando le dita di Louis, e il cioccolato è così buono, e le sue dita sono state nella sua bocca, pochi secondi fa, e ora sono nella mia, penso che sto per svenire, lui le sta muovendo, quelle dita, le sta spingendo dentro la mia bocca, io continuo a succhiarle a occhi chiusi, ora sento il suo corpo addosso a me, lo prendo, lo stringo, e se la situazione deve essere ribaltata, rispetto a Wimbledon, voglio che sia ribaltata completamente.

Innanzitutto voglio che sia più alto di me, quel tanto che basta per appoggiare la testa al suo petto, o per lo meno alla sua spalla. Le sue dita sono scivolate fuori dalla mia bocca, mi stanno accarezzando il viso, umide. Lo prendo, lo sollevo e lo appoggio al ripiano della penisola. È un ripiano alto, ma è alto anche lui. Lo solleva di qualche centimetro e per fortuna è sufficiente: appoggio la fronte alla sua spalla, mi rimetto le dita nella bocca, gliele mordo, e con una mano vado a cercare il cavallo dei suoi pantaloni, la infilo nell'elastico della tuta, in quello delle mutande, e la sua eccitazione mi riempie il palmo.

È una sensazione strana, toccarlo, strana ma eccitante, perché ogni movimento che faccio provoca una risposta in lui, che sia un piccolo gemito, o un ansito, o un'espressione abbandonata sul suo viso. Lo sto guardando ora, un po' dal basso, con le sue dita in bocca a metà, le tengo coi denti, non le succhio più, sono completamente concentrato nel tentativo di farlo godere come lui ha fatto godere me a Wimbledon.

Ma a lui non basta. Mi spinge, scende dalla penisola, mi butta a terra, mi monta addosso, mi bacia sul collo, mi spoglia, e io non credo di essere mai stato tanto eccitato in vita mia. «Garri» mi sussurra all'orecchio, poi me lo morde. «Garri voglio... voglio fare...» Lascia la frase in sospeso, mentre continua a dimenarsi e strusciarsi sopra di me. Perché non lo dice? Me l'avrà detto un centinaio di volte, perché adesso non riesce a dirlo?

«Va bene» dico io.

«Hai...» ansima un po'. «Hai capito cosa voglio?»

«Vuoi fare sesso con me?»

«Sì.»

«Va bene...» Mi abbasso i pantaloni, mi giro di spalle. «Va bene...» Non riconosco più la mia voce, non riconosco più le mie azioni, ma so che in questo momento lo voglio più ancora di quanto voglio un altro Slam.

Lui emette un gemito che sembra quasi un lamento, ma con mia sorpresa mi gira e mi stende di nuovo supino, e io lo lascio fare, si lecca le dita, lo vedo in controluce, le lampade che illuminano la stanza sono sul soffitto, alle sue spalle. È così bello che in questo momento gli lascerei fare qualsiasi cosa, qualsiasi.

Tranne quello che fa.

Mi sorprende al punto che emetto un piccolo grido, gli afferro il polso, tolgo il dito che ha appena inserito nel mio ano. «Ma c-c-c-co0o-coooosa f-f-f-fai!»

Lui sembra sorpreso. «Ti fa male?»

In realtà no, non mi ha fatto male. Forse un po' di fastidio. Il problema è che mi disgusta.

«Tu... non... mi hai detto che volevi...» obietta lui.

«Volevo che ci mettessi il tuo pene, non il tuo dito!»

Il dito che poco prima stava nella mia bocca. Perché l'ha fatto? Che schifo! L'ha fatto anche altre volte? Prima di oggi? Dio, Dio, Dio, che schifo! Non posso credere che quel dito fosse nella mia bocca!

Sento un conato di vomito risalire l'esofago, ma riesco a fatica a trattenerlo. Porto una mano davanti alla bocca, ripenso al suo dito nella mia bocca, quel dito! «C-c-che schifo!» Mi esce gridato, non lo controllo. Non sono mai stato tanto disgustato in vita mia. Spalanco la bocca e tiro fuori la lingua. Vorrei lavarla, adesso. Vorrei sciacquarmi la bocca. «Perché l'hai fatto? P-p-perché?»

Lui mi fissa, con gli occhi sgranati, e sembra ferito, scuote la testa lentamente. «Sì... perché l'ho fatto? Perché?» Digrigna i denti e il suo viso passa da ferito a furibondo nello spazio di un secondo. «Perché continuo a cadere per te? Perché sono così coglione!?»

Ora mi sento a disagio. Perché si arrabbia? Quello che ha fatto è una cosa troppo sporca e disgustosa. Possibile che non lo capisca? Le dita! Le dita con cui si tocca il viso, e la bocca! Le sue dita, la mia bocca. Perché? È vero che lo ha fatto dopo, ma... I'ha fatto! Ora queste due immagini sono associate nella mia mente e non riesco a separarle. «lo...» comincio, senza neanche sapere cosa dire.

«Tu! Si tu! Stai zitto!» Mi indica la porta della cucina. «Esci, vai via! Sei un... sei... impossibile! Io non ce la faccio più! Dici sì e poi improvviso dici no e quasi mi vomiti in faccia!» Si batte un dito sul cranio con violenza. «Tu hai problemi nella testa e io non posso vivere così che in un momento sei contento e il momento dopo faccio una cosa che non so e vomiti e fai la lingua fuori come bambino! Vai via! Non ti voglio più vedere, vai! Vai nella tua camera stanotte, e domani mattina vai via di mia casa. Non ti voglio più vedere...» La sua voce si è rotta. «Vai via...» Sta per mettersi a piangere.

All'improvviso mi dispiace. «Louis, scusa io...»

«Via!»

«Sai c-c-che io...» cerco di spiegarmi.

«Sì! So che tu tu tu, sempre tu! Sempre tu in centro di tutto e chissenefrega come sta Vanja!» grida lui tra le lacrime. «Via!» Mi dice qualcosa anche in russo. E piange.

E mi spezza il cuore.

Esco dalla cucina e viene da piangere anche a me. Perché? Perché ha dovuto fare quella cosa orrenda e disgustosa? Mi viene ancora da vomitare, se ci ripenso. Le sue dita nella mia bocca. Chissà quante volte l'ha fatto, prima di me! Perché!?

Salgo le scale e mi infilo in camera, con un peso sul cuore e sullo stomaco, dovrei lavarmi di nuovo i denti perché ho leccato del cioccolato, ma mi sento inerte, abbattuto. Mi butto sul letto, e piango, piango senza convinzione, senza energia.

Ho rovinato tutto? Louis sembrava così ferito. Faccio fatica a capirlo. Per lui, forse, è una cosa normale quello che ha fatto. Per me no. Rivedo il suo viso, rivivo i momenti, era così perfetto, fino a qualche istante prima, e nello spazio di pochi secondi tutto si è sgretolato.

Sento un miagolio, nel buio alle mie spalle. È Mursik, quel maledetto gatto che mi ha preso in simpatia. Ho lasciato la porta socchiusa ed è entrato dietro di me.

Il suo calore sul mio grembo, dopo cena, era piacevole. Lo chiamo, sussurrando. Lui viene. Allungo il braccio, gli gratto la testa come mi ha detto di fare Louis. Lui salta sul letto, si acciambella accanto a me. lo gli accarezzo la schiena, il pelo morbido e liscio, e ripenso a Louis, penso che tra me e lui non potrà mai esserci un rapporto normale, ed è un pensiero che mi distrugge internamente, mi lascia vuoto.

***

«Harry?» un sussurro. Mi sveglia.

«Zoe?» sussurro a mia volta.

«Scusa se ti ho svegliato, ma... non ce la faccio, non ce la facevo a tenermi tutto dentro. Posso entrare?» bisbiglia pianissimo.

Sì, vieni. Vieni qui e abbracciami, vorrei dirle. Ho bisogno che qualcuno mi abbracci, non mi basta il calore di questo gattino, che è rimasto tutto il tempo qui, acciambellato accanto al mio fianco. Ho dormito e fatto sogni orribili, in cui baciavo Louis, ma era un'esperienza disgustosa dal sapore acido. Lui poi si arrabbiava con me, e mi vomitava addosso.

Il sapore acido che sentivo nel sogno lo sento anche adesso, da sveglio. Sono i rimasugli di cioccolato che fermentano, e forse un po' di rigurgito del conato di vomito che ho trattenuto. È terribile. Dovrei lavarmi i denti.

«Andiamo in bagno» sussurro. «Devo lavarmi i denti.»

«Va bene.»

Zoe mi segue. Accendo la luce, mi fa un po' male agli occhi. Usciamo dalla mia camera, il bagno per fortuna è la stanza subito accanto e non devo accendere la luce in corridoio. Mi sciacquo la bocca, per prima cosa, per cercare di diluire un po' questo sapore orrendo.

«Cosa volevi dirmi?» le chiedo.

«Oh, Harry... è successa una cosa...»

Lo dice con un tono talmente ansioso che mi viene spontaneo chiederle: «Una cosa brutta?»

Ma lei sorride. «No, no! È la cosa più bella che mi sia successa in tutta la vita.» Mi prende le mani, e i suoi occhi brillano di felicità, letteralmente. «Io e Liam ci siamo baciati!»

Play - Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora