102. Doppio misto

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Non ho vinto Roma. Sono uscito al primo turno.

Non ho vinto nemmeno il Roland Garros. Sono arrivato ai quarti e mi sono fatto battere da Thaler. Che poi ha battuto anche Grković in semi e si è fatto battere dal solito Molina in finale. La semi di Grković significa che lui è sempre davanti a me. Il numero uno deve ancora arrivare.

È cominciata l'erba. La meravigliosa stagione sull'erba.

Ma giocare in queste condizioni mentali non è facile. Arturo non sta bene. Segue Louis, lo allena. Ci sono giorni in cui sembra in forma, altri in cui è un rottame. Louis mi dice che gli sta pagando le migliori cure esistenti, ma in certi casi non bastano tutti i soldi del mondo per salvare la vita a qualcuno. Gli ho detto che se gli serve qualcosa posso pagarglielo io, ma mi ha risposto che ormai non ha più problemi di soldi. Non è più come agli US Open di due anni fa.

Gli ha persino regalato una macchina, un regalo di cui all'inizio ho faticato a capire il senso. Sta morendo, e avrebbe bisogno di altro, di cure, di affetto. Poi mi sono reso conto che anche un regalo può dare gioia e affetto, anche un regalo come un'automobile. Forse non lo capivo perché non mi sono mai interessato alle automobili, le considero un mezzo di spostamento, non ho mai nemmeno preso la patente, e fatico a distinguere un modello dall'altro.

È un'auto strana, non una sportiva lussuosa come una Ferrari o una Porsche. È una vecchia Lancia degli anni '80, una Lancia Delta Integrale. È stata una delle prime macchine di Arturo, quando era ancora un ragazzo, quella a cui è stato più affezionato. Louis ha girato mezza Europa per trovarne una in condizioni eccellenti e l'ha persino fatta restaurare ulteriormente (mi ha spiegato dei dettagli tecnici che in tutta franchezza ho già dimenticato). A me sembra solo una macchina vecchia, dal design vecchio, ma Arturo la adora. È rosso fuoco, con una striscia nera che corre lungo il cofano e sul tettuccio.

Un pomeriggio, ad Halle, trovo finalmente qualche minuto per parlare con Arturo in tranquillità. Era da un po' che volevo farlo. «Due anni fa mi avevi promesso che avremmo fatto qualche p-p-palleggio insieme» gli dico.

«Vuoi farlo ancora?» mi chiede.

Annuisco.

«Ok. Ti giuro... ti prometto che trovo dieci minuti. Prima di Wimbledon. Te lo prometto.»

Lo ringrazio.

«Quest'anno voglio che Louis ti batta in finale, a Wimbledon» mi dice.

«No» gli rispondo. «Devo vendicare la sconfitta d-d-dell'anno scorso.»

«Non sarà la stessa cosa, senza l'oltranza.»

Già. Gli slam hanno tolto l'oltranza, da quest'anno. Gli Australian Open hanno introdotto un tie break a dieci punti sul sei pari. Wimbledon un tie-break a sette punti sul dodici pari: in pratica, oltrepassato il sei pari al quinto set, ti fanno andare avanti di un altro set, e poi se non riesci a chiuderla c'è il tie-break. Non ci saranno più partite estenuanti e lunghissime come la mia semifinale con Louis, o la Ivory-Matthieu del 2010. Niente più 70-68. Niente più 26-24. Quante cose cambiano e muoiono, rimangono un ricordo del passato, per sempre. Anche la Coppa Davis è finita. L'anno scorso si è giocata l'ultima edizione coi gironi nei paesi ospitanti e i cinque set. Da quest'anno è diventata una competizione come le altre, con una sua sede, e incontri a tre set.

«Lo batterò ugualmente. Oltranza o non oltranza. Lo batterò facendogli break prima del sei p-p-pari.»

«Dai per scontato che vada in cinque set?»

«Con Louis le partite non sono mai facili.»

Sorride. «Posso farti una domanda su tuo padre? Solo una.»

Play - Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora