5. Verità amara

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"La pioggia lava
ogni tipo di dolore.
Il Sole li brucia. "
Alysa Ley

Il venerdì pomeriggio lo passai a leggere il libro per la scuola. Mi stava piacendo molto e sottolineai la maggior parte delle pagine, visto che c'erano molte frasi che mi stavano colpendo.

Continuavo a segnarle, nonostante avessi già scelto quella da esporre con l'immagine. "Voi vedete il buio, io preferisco contemplare le stelle. Ognuno ha il suo modo di guardare la notte".

Un piccolo aiuto lo avevo avuto da Ryker, per via di quella famosa sera. Infatti, quando leggevo questa frase non facevo altro che immaginarmi lui pronunciarla, con la sua voce bassa.

Da quando lo avevo conosciuto pensavo sempre a lui.

Ne ero attratta come gli insetti erano attratti dalla luce della Luna.

Ogni tanto lanciavo uno sguardo fugace alla sua finestra con risultati deludenti. Speravo di vederlo uscire o entrare, ma non vidi mai nessuno.

Solo una volta scorsi la domestica racimolare i suoi vestiti per la stanza per fare il bucato. Probabilmente era uscito.

Usciva sempre.

Cambiando argomento al mio monologo, ancora non avevo parlato con mio padre. Avevo paura di scoprire il resto della verità, paura di piangere davanti a lui.

Ogni volta che ci pensavo stavo male. Sentivo un peso continuo sul petto che non mi permetteva di respirare bene. Però, prima o poi, avrei dovuto affrontarlo.

Lo ignoravo da un giorno ormai. Mi chiudevo sempre in stanza, usavo il mio bagno per non vederlo e Angie mi portava il cibo in camera.
Quando ero uscita quella mattina per andare a scuola, camminai veloce per non incontrarlo, facevo di tutto per evitarlo.

Due tocchi di nocche sulla porta mi fecero distrarre dalle pagine del libro. Poi la porta si aprì e sbucò fuori la mia salvatrice.

«Qui c'è la cena» Annunciò Angie, facendosi largo nella stanza con un vassoi in mano. Sbirciava ai lati per vedere dove metteva i piedi.

Lo posò sul letto, facendomi scorgere quello che vi era sopra: delle posate e una zuppa in un piatto di ceramica.

Posó il vassoio nero sul letto con dentro le posate e la zuppa in un piatto di ceramica.

Lasciai la lettura e mi avvicinai per mangiare, ma lei stessa mi fermò prima di prendere il cucchiaio.

«Tuo padre ti vuole parlare.» Mi fece sapere seria, tuttavia mi compativa.

Capiva bene i motivi per cui ero arrabbiata con lui e perché avessi scelto di rinchiudermi in camera.

Eppure, la guardai negli occhi inorridita, come se avesse appena detto qualcosa di atroce.

Non le risposi infastidita e presi il cibo posandolo sulle mie gambe.

«Sai che sarebbe arrivato il momento, non scappare dai problemi.» Rincarò la dose, provando a convincermi.

E, concluso il suo compito, andò di sotto.

Contemplai la zuppa e sbuffai sorridendo.

Immaginai tante possibili conversazioni che avrei potuto sostenere a momenti con mio padre e tutte finivano con una clamorosa litigata.

Non ero arrivata a Manchester da neanche una settimana e già aveva trovato un modo per farsi odiare.

Presi il cucchiaio in mano e lo affondai nel liquido vegetale davanti a me. Lo sollevai e lo capovolsi alcune volte.

The Love In Your EyesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora